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Notiziario Marketpress di Mercoledì 28 Ottobre 2009
 
   
  RISCOPERTE: INCONTRO DI OCCIDENTE E ORIENTE NELLA RETROSPETTIVA DELLA PITTRICE BRUNA BECCHETTI, A PERUGIA FINO ALL’8 NOVEMBRE

 
   
  Perugia, 28 ottobre 2009 – La chiamò “valorosa collega”, presentandone una mostra nel 1966, Gerardo Dottori, l’artista futurista umbro che aderì al Manifesto dell’Aeropittura, e aggiunse che spettava “al pubblico ed alla critica” il compito di giudicarla. Bruna Lilli Becchetti (nata a Perugia nel 1910, che aveva studiato all’Accademia di Belle Arti, si era dedicata alla vita domestica con famiglia e figli, e in questo ambito lontano dalla mondanità, dopo anni trascorsi ad Asmara nell’Africa Orientale Italiana, aveva continuato ad esercitare l’arte della pittura) si presentò a quella mostra presso la Sala della Vaccara con molte opere nuove. Gerardo Dottori ne descrisse senza retorica né infingimenti la fisionomia artistica, ne liquidò come “naturalmente superate” le prime prove, influenzate com’erano “dai modi di dipingere allora in voga”, e ne colse con esattezza l’originalità della seconda fase produttiva, scaturita – disse – dall’ uscita “dalla grigia cerchia delle mura cittadine e da quella azzurra dei monti dell’Umbria, per spingersi al di là dei confini d’Italia, verso l’Oriente, visitando città e luoghi a lei fino ad allora sconosciuti; vide, assimilò caratteri della vita dei vari ambienti; arricchì la sensibilità di luci, colori, forme per lei nuove…” Meglio di altre nel panorama critico di chi si occupò all’epoca di Bruna Becchetti, le parole di Gerardo Dottori descrivono bene la retrospettiva antologica di Bruna Becchetti, che la figlia Eliana, per la cura di Francesco Maria Becchetti, nipote dell’artista, ha allestito in questi giorni a Perugia in Via dei Priori presso la Bottega d’Arte di Paola Bruschelli (fino all’8 novembre). Accanto alle prime opere “di scuola” e al terzo, ultimo periodo dell’artista perugina, in cui le tematiche religiose dominano la tela e l’ispirazione (che si affievolì per spegnersi del tutto dopo la perdita del marito ed una grave malattia, fino alla morte della pittrice avvenuta nel 1993), il blocco importante di opere individuato da Dottori si offre al visitatore in tutta la sua singolarità: stilizzati villaggi che paiono orientali ma ricordano i borghi umbri si stemperano in geologie fantastiche dai colori chiari, che sanno – neppur tanto vagamente – di deserti e tinte pastello dei colori d’Oriente descritti da Paul Bowles di “The sheltering Sky”. Le lavandaie, le contadine ritratte (figure realistiche ma smussate e senza volto, come a suggerire che l’individualità non è niente rispetto alla natura e ai grandi processi storici) sono immerse in gradazioni di verde e marrone e avorio e beige e ocra, in tinte e luci sabbiate che evocano lontananze esotiche, che si direbbero memorie e nostalgie d’Africa, se non nascesse al tempo stesso la sensazione che sia proprio il paesaggio umbro a generarle. La sensazione è di trovarsi di fronte ad una Umbria trasfigurata in una dimensione orientale, una Umbria in cui la sensibilità di Bruna Becchetti sia riuscita a cogliere quella mistica radice comune fra Oriente e Occidente, che un poeta come Guido Ceronetti ascrive oggi alla fisionomia spirituale della regione, e che ha fatto dire recentemente ai monaci tibetani che Castelluccio di Norcia è il luogo in Italia più adatto alla meditazione. “L’opera di Bruna Lilli Becchetti – dice l’assessore alla Cultura della Regione Umbria Silvano Rometti – fa scoprire tratti dell’Umbria, che sono straordinariamente attuali, in sintonia con l’immagine della regione, come terra di spiritualità, luogo d’incontro e sintesi di culture diverse. Dobbiamo essere grati a questa mostra di averci fornito una originalissima conferma di questa chiave di lettura”. .  
   
 

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