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Notiziario Marketpress di Lunedì 02 Novembre 2009
 
   
  LE ORIGINI DEL SISTEMA CONCENTRAZIONARIO SOVIETICO

 
   
  Torino, 2 novembre 2009 - Tra i monasteri e gli eremi delle Solovki – l’arcipelago del Mar Bianco, nell’estrema parte nord-occidentale della Russia – fu creato il primo campo di concentramento sovietico, il laboratorio di quella rete di 476 campi divenuti tristemente famosi con il nome di «Gulag». A partire dal 1923 e fino al 1939 i bolscevichi vi deportarono i «nemici» del comunismo: aristocratici, preti, «borghesi», contadini, operai, intellettuali, funzionari, artisti, quadri del Partito caduti in disgrazia. «Inventato» da Trockij, adottato da Lenin e perfezionato da Stalin, il campo delle Solovki arrivò a ospitare 70. 000 detenuti e nel solo 1937 furono eseguite oltre 2000 fucilazioni. Il modello delle Solovki (e, più in generale, il Gulag) influenzò profondamente la costruzione della società sovietica: si calcola che in quei decenni un adulto su sette trascorse almeno alcuni mesi in un campo. L’esperienza penitenziaria serviva a distruggere le «strutture» dell’epoca imperiale, a livellare le classi sociali e, soprattutto durante lo sforzo bellico, a fornire la manodopera necessaria all’industrializzazione del paese. L’«armata del lavoro» teorizzata da Trockij nel 1918, che avrebbe dovuto fare le fortune dell’Unione Sovietica, non consistette in altro che in migliaia e migliaia di esseri umani ridotti in schiavitù, mutilati e uccisi (anche mediante l’uso, sempre negato dalle autorità, di armi batteriologiche). Fra le vittime illustri anche il grande filosofo Pavel Aleksandrovič Florenskij che vi fu rinchiuso per quattro anni. Una cronaca cruda e documentatissima, che testimonia dell´annichilimento dell´essere umano a opera del regime sovietico. Non esiste a oggi, in Italia, un libro così specifico sulle origini del gulag. Da Aleksandr Solzenicyn in poi, certo, sono state condotte molte analisi storiche e scritti molti testi che hanno fatto luce sulla tragedia del sistema repressivo comunista. Tuttavia l´Autrice, la storica Francine-dominique Liechtenhan – che qui concentra la sua analisi sul primo Gulag sovietico –, ha costruito questo libro sulla scorta di una vasta documentazione originale, resa in gran parte accessibile dall’apertura degli archivi dell’ex Unione Sovietica, e con l’ausilio di molte testimonianze inedite di prigionieri sopravvissuti e dei loro familiari, che le hanno permesso di creare un racconto diverso e specifico sulle origini del sistema. È un contributo di eccezionale valore alla conoscenza della verità e un omaggio alla memoria delle vittime del comunismo, ancora oggi dolorosamente neglette, in Russia come in Occidente. Viene così finalmente resa giustizia alle sofferenze patite da migliaia di donne e uomini nell´orrore dei campi di concentramento sovietici, un orrore follemente uguale e diverso a quello vissuto nei lager nazisti, nei laogai cinesi, nei campi di Pol Pot. Molti documenti presentati (testimonianze, lettere, statistiche, tabelle, articoli ecc. ) sono inediti e compaiono per la prima volta nella traduzione dell’autrice dal russo o dal tedesco. L´autrice Francine-dominique Liechtenhan è nata nel 1956 a Basilea e si è laureata in Storia moderna e contemporanea e in Filologia russa a Parigi, città nella quale risiede e dove insegna all’università della Sorbonne-paris Iv e all’Institut Catholique. È autrice, oltre che di numerosi saggi, dei volumi Les trois christianisme et la Russie. Les voyageurs occidentaux face à l’Eglise orthodoxe russe (Xvème-xviiième siècle) ed Elisabeth Ière de Russie. L’autre impératrice. Questo è il suo primo libro edito in Italia. Edizioni Lindau pp. 318 euro 24,50 .  
   
 

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