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Notiziario Marketpress di Lunedì 23 Novembre 2009
 
   
  GIRGENTI AMORE MIO DI GIANFRANCO JANNUZZO AL TEATRO MANZONI DI MILANO

 
   
  Milano, 23 novembre 2009 - Questo spettacolo è il tentativo sincero e appassionato di dialogare con le proprie radici e, così facendo, restituirle agli altri. Dico proprie, e non mie, a ragion veduta. Girgenti, e con essa la Sicilia intera, è per me molto più che la terra della mia infanzia o il luogo di memorie mai sbiadite. Girgenti è lo scrigno magico in cui si condensano tutte le terre, in cui tesori d’ogni genere si accompagnano a profonde ferite, profumi meravigliosi si mescolano a storie che ancora oggi non mi è sempre facile raccontare. Girgenti è, insomma, quel groviglio di sentimenti e razionalità che accomuna ogni terra o, per meglio dire, la terra che ogni uomo si porta dentro. Già, perché proprio questo è il punto. Per ognuno di noi, inevitabilmente, gli spazi della propria terra coincidono con i confini della propria anima. Per questo ho preferito Girgenti ad Agrigento. Girgenti è un nome che non c’è più di una città che invece c’è ancora e, dunque, molto più adatto a spiegare l’intensità della sua presenza dentro di me: Agrigento è un semplice punto tra le coordinate di una cartina geografica, Girgenti è l’incrocio obbligato per cui passa ogni mia emozione. Lo spettacolo esplora, scava, libera le mille contraddizioni che mi legano a Girgenti e a tutta la mia isola: le lunghe file che da bambino facevo per poter attingere un po’ d’acqua in una Sicilia perennemente assetata, gli improbabili personaggi che con i loro tic, divertenti e amari insieme, sono a volte la cifra più caratteristica di questa mia terra, il Mediterraneo che nel suo seno ha raccolto infinite specie di culture e lingue, la voglia ossessiva di scappare per diventare, non si sa perché, migliori in un qualsiasi altro punto del mondo, ma poi l’inesauribile necessità di ritornare, di riannodare un cordone ombelicale mai tagliato, l’amore potente e assoluto per una terra che è anche donna e madre insieme, il sapore indimenticabile di antiche processioni nelle quali un santo nero, San Calogero, diventava fulcro di una sempre possibile, ma mai realizzata, rivoluzione. Emozioni, come dicevo. Soprattutto l’emozione di raccontare la mia terra come mai prima avevo fatto, dando vita a personaggi e situazioni del tutto nuove e inedite, seguendo percorsi recitativi costruiti in modo completamente originale. Emozioni e memoria, meraviglia e stupore, come “stupor mundi” era chiamata la terra di Federico Ii, fuoco e acqua, lontananza e senso di appartenenza, opposti che sembrano inconciliabili, ma che, tra le latitudini dell’animo umano, si compongono in un inno d’amore, forte, diretto, immediato, come solo l’amore per la terra che ti ha partorito può essere. “Girgenti amore mio…” è il mio pretesto, la mia metafora, la mia personale traccia di un destino che, ad ogni passo in avanti, non smarrisce la strada che corre a ritroso. Perché se non è mai certa la fine, l’inizio non può che esserci noto. .  
   
 

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