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Notiziario Marketpress di Lunedì 30 Novembre 2009
 
   
  ALENDRONATO, CALCIO, VITAMINA D, FORMULA A TRE CONTRO L’OSTEOPOROSI UNO STUDIO CONDOTTO ALL’UNIVERSITÀ DI TORINO SU UN GRUPPO DI PAZIENTI IN MENOPAUSA APRE NUOVE PROSPETTIVE ALLA RICERCA SULLA GENESI DELLE CELLULE CHE DISTRUGGONO LE OSSA. DOPO CIRCA UN ANNO DI TERAPIA, RIDUZIONE DEGLI OSTEOCLASTI SUPERIORE AL 90%

 
   
  Torino, 30 Novembre 2009- - Associato a opportune dosi di calcio e di vitamina D, l’alendronato (Aln) ha la capacità di ridurre sensibilmente la produzione di osteoclasti, gli elementi cellulari deputati alla distruzione del tessuto osseo. Lo prova uno studio condotto in questi mesi all’università di Torino su un gruppo di donne sofferenti di osteoporosi post menopausale. Realizzato dall’internista Patrizia D’amelio, una degli specialisti dell’equipe di ricercatori del professor Giancarlo Isaia, lo studio è stato presentato il 19 novembre al 9° convegno della Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (Siommms) in corso nel capoluogo piemontese. Si aprono così nuove prospettive circa gli effetti di questo farmaco della famiglia dei bifosfonati, utilizzato nelle terapie dell’osteoporosi, sulle varie tappe che portano alla formazione e all’attività degli osteoclasti. Com’è noto, la terapia con bisfosfonati è utilizzata da anni nella cura delle malattie metaboliche dell’osso come l’osteoporosi postmenopausale. Questi farmaci agiscono principalmente inibendo l’attività degli osteoclasti, ma nonostante il loro pluriennale utilizzo, il meccanismo resta poco chiaro. Lo studio della dottoressa D’amelio è stato condotto su un campione di 35 pazienti: 15 sono state trattate per tre mesi con 70 milligrammi di alendronato per settimana e 20 con 1 grammo di calcio al giorno addizionato con vitamina D. Al termine di questo periodo 30 pazienti sono state messe in terapia per un intero anno con alendronato, calcio e vitamina D. , associati però a una dose più che tripla di vitamina D. Le altre 5 hanno continuato la terapia solo con calcio e vitamina D, senza aggiunta di alendronato. Ed ecco i risultati. Sul breve periodo (i primi 3 mesi), i dati dello studio non mostrano alcun effetto del farmaco sui precursori degli osteoclasti, ne’ sulle molecole che ne stimolano lo sviluppo, mentre risulta significativamente ridotta l’attività degli osteoclasti a livello scheletrico. La reale efficacia della terapia diventa invece evidente nel lungo termine, ossia dopo 9 -12 mesi. Dopo questo periodo il numero dei precursori degli osteoclasti si riduce di oltre il 90%. Questi dati suggeriscono che l’alendronato agisce principalmente sugli osteoclasti presenti a livello delle superfici ossee nel breve periodo, mentre la terapia combinata è in grado di ridurre il numero di queste cellule, agendo anche a livello della loro formazione: riducendo il numero dei precursori e la produzione di molecole che favoriscono, appunto, la formazione di osteoclasti. Nella tempistica d’azione l’alendronato si discosta dal risedronato (un altro bisfosfonato) testato in precedenza dallo stesso gruppo di ricerca. In particolare, il risedronato riduce i precursori degli osteoclasti e le molecole che ne favoriscono la formazione dopo soli tre mesi di terapia (Patrizia D’amelio e altri Jbmr 2008). . .  
   
 

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