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Notiziario Marketpress di Giovedì 17 Dicembre 2009
 
   
  OLEG ORLOV: "LA PRIMA MINACCIA CONTRO DI NOI È LO STATO"

 
   
  Bruxelles, 17 dicembre 2009 - Il leader del movimento per i diritti umani in Russia "Memorial" è il vincitore, insieme a due colleghi e altri attivisti, del premio europeo per i diritti umani 2009, che gli è stato consegnato il 16 dicembre al Parlamento europeo. In questa intervista esclusiva da Mosca spiega come lo Stato eserciti un´intimidazione costante contro le voci critiche. Parla di Medvedev, "sognatore del Cremlino", dell´allarmante riabilitazione di Stalin, e ammette amaramente che questo premio non gli garantirà "più protezione". A Mosca fa meno 20. Un collega ha assistito Oleg Orlov nella chat con il Parlamento su Facebook lunedì. Oleg - in tre quarti d´ora - ha risposto a decine di domande di giovani e meno giovani da tutta Europa. E poi ha risposto alle nostre. Domani 16 dicembre arriverà a Strasburgo insieme ai suoi colleghi di Memorial per la consegna del premio Sacharov 2009. Il premio Sacharov ha un impatto sul lavoro di Memorial? Ci dà forza. E´ importante ricevere un riconoscimento positivo dall´esterno, perché a volte ti senti come se stessi cercando di svuotare il mare con un cucchiaino. Sono specialmente i colleghi nel Caucaso del Nord che hanno questa sensazione. Prima pensavamo che questo tipo di premi e di visibilità aumentasse la nostra protezione. Purtroppo ci siamo resi conto che non è così. Quali sono i più grandi ostacoli per i difensori dei diritti umani in Russia, e per la gente che difendete? Il principale problema è la minaccia dello Stato. Ovviamente poi ci sono altre minacce, come quelle dei gruppi di neofascisti. Molti colleghi sono stati attaccati o uccisi dai neofascisti. L´intimidazione da parte del Governo avviene a diversi livelli. Inizia dai controlli infiniti, che ci obbligano a fornire volumi e volumi di documenti e rapporti, costringendoci a interrompere il nostro lavoro per lunghi periodi. Alla fine dei controlli, possono decidere di chiudere l´organizzazione o aprire un processo penale con l´accusa di estremismo. E´ un modo per silenziare le voci critiche. Poi, più pericolose, ci sono le azioni illegali e violente contro di noi. Minacce ai familiari degli attivisti per telefono, uffici incendiati, e anche violenza fisica direttamente contro di noi. Io stesso nel 2007 sono stato rapito, minacciato di morte, picchiato e lasciato nudo in mezzo alla neve. La nostra amica, collega, e appassionata militante per i diritti umani Natalya Estemirova, che chiamavamo il "cuore di Memorial" è stata uccisa quest´estate. Le minacce contro le persone che proteggiamo sono ovvie. Sono immigrati vittime di violenza etnica, cittadini ceceni e di altre regioni del Caucaso, che subiscono abusi continui, persone perseguitate per motivi politici. La minaccia peggiore è sapere che non otterranno giustizia nei tribunali, che non ci sarà nessun processo contro i criminali, e nessuna sentenza a loro favore. I colpevoli non saranno mai puniti. E poi c´è la minaccia costante di subire violenze e ritorsioni, come per noi. Sono gli stessi a mettere in pericolo noi e le persone che difendiamo: razzisti, neofascisti, polizia corrotta, rappresentanti del potere e delle forze dell´ordine come il Servizio di Sicurezza Federale (Fsb), che minacciano chi ha avuto il coraggio di deporre una denuncia al Tribunale dei Diritti umani di Strasburgo. E´ cambiato qualcosa da quando il presidente è Medvedev? Si sono spese un sacco di belle parole. Al contrario del presidente prima di lui, Medvedev dice cose democratiche, liberali e intelligenti. Questo dà speranza a una parte della società liberale russa e ad alcuni in Europa. Purtroppo però alle parole normalmente non seguono i fatti. Al Cremlino c´è un sognatore. Che sogna un futuro migliore per la Russia, mentre il Paese va in tutt´altra direzione. Noi non vorremmo sogni e articoli, ma decreti, leggi, proposte. La Russia è cosciente dei crimini del passato, del male fatto ai suoi cittadini e a molti altri? Qual´è l´immagine di Stalin oggi? In Russia è in corso un conflitto che di fatto non si è mai interrotto. Alla fine degli anni ´80 e l´inizio dei ´90 abbiamo creduto che si iniziassero a chiamare le cose con il loro nome e che si mettesse un punto con il passato. Ma poi è cominciata una riabilitazione strisciante di Stalin. Molta gente non vuole guardare in faccia la storia, o non la conosce, e così Stalin sta diventando un eroe. E non solo per coloro che si dicono comunisti, quello che è più pericoloso è che questa visione sta guadagnando terreno fra i giovani. Per questo dobbiamo andare avanti con il nostro lavoro sul passato. La rivitalizzazione del mito di Stalin ha varie basi, non solo quella comunista. Si tratta soprattutto di una sindrome da post-impero. Il grande impero è crollato: molte regioni che la Russia considerava sue si sono separate. Secondo la versione della propaganda, la grande Russia è stata umiliata. Da qui l´immagine del condottiero sotto la cui guida l´impero trionfava. "Stalin, il grande imperatore", questo è il fondamento su cui si basa la riabilitazione del mito, è un archetipo importante nella coscienza collettiva dei miei compatrioti. Noi dobbiamo mostrare la vera faccia di quest´impero e il prezzo pagato dalla nostra gente per la sua "grandezza". Che errori sono stati fatti in Cecenia, e come sciogliere il nodo gordiano del Causcaso? Gli errori sono stati numerosi e costanti. Il principale è che il Cremlino non ha mai avuto una strategia, solo tattiche. Tattiche che hanno portato avanti, spesso con successo, ma perdendo completamente di vista obiettivi di lungo termine. Il problema maggiore è che quelli che hanno preso decisione sul Caucaso hanno sempre trascurato l´aspetto più importante, il rispetto dei diritti umani. La violazione dei diritti ha destabilizzato la situazione, esteso il conflitto, ridotto le possibilità di una soluzione e alimentato la proliferazione di un terreno terroristico. Un altro errore è stato non negoziare, in una fase precendente, con il campo separatista, che aveva ragioni politiche comprensibili. Sarebbe stato in qualche modo possibile discutere razionalmente con loro, oggi non è più possibile. In sintesi, la mancanza di una visione strategica, il disprezzo dei diritti umani e la non volontà di negoziare con i separatisti hanno portato a un punto morto. Ora il movimento terrorista è più radicato, sono estremisti islamici con cui non c´è niente da negoziare, in più la maggioranza della popolazione prova odio e vorrebbe una vendetta - irrazionale - per i parenti uccisi, le umiliazioni e le torture subite. Alla testa della Cecenia è stato messo Ramzan Kadyrov, che fa il despota assoluto della Repubblica e non vuole rispettare le leggi della Federazione russa. E´ un impasse totale. E tutte le soluzioni proposte dalle organizzazioni dei diritti umani sono state scartate dal Cremlino. .  
   
 

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