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Notiziario Marketpress di Martedì 12 Dicembre 2006
 
   
  RICERCA "IL VELO E L´OMBELICO”: PER I RAGAZZI DEL FVG IL VELO E´´ OPPRESSIONE

 
   
  Trieste, 12 dicembre 2006 - Il velo, anche quello che lascia scoperto il volto, è segno d´oppressione della donna. Lo afferma l´81 per cento degli studenti delle scuole superiori del Friuli Venezia Giulia intervistati per la ricerca "Il velo e l´ombelico. Giovani, stereotipi di genere e differenze culturali in Friuli Venezia Giulia", realizzata in seguito ad una convenzione tra la Regione e il dipartimento di Sociologia dell´Università di Padova, con la collaborazione dell´istituto Jacques Maritain di Trieste. I risultati dell´indagine (è stata effettuata a campione nelle diverse tipologie di istituto scolastico su 728 ragazzi, pari al 10,3 per cento della popolazione scolastica di riferimento che è di 7. 038 studenti) sono stati presentati oggi a Trieste dall´assessore regionale alla Cultura, Istruzione, Migranti e Pace, Roberto Antonaz, e dal direttore scientifico del progetto, Gustavo Guizzardi, nel corso di un incontro al Circolo della Stampa coordinato dal presidente del Maritain Francesco Russo. "La storia dell´uomo e delle civiltà è fatta di flussi migratori ed in questa fase della migrazione umana la conoscenza è lo strumento principale per favorire l´integrazione interetnica ed evitare fenomeni di esclusione, razzismo, xenofobia, ma anche tutti gli stereotipi connessi a questi fenomeni". Se ne è dichiarato convinto Antonaz, che ha ricordato lo spazio dedicato alla reciproca conoscenza nella legge regionale sull´immigrazione varata lo scorso anno, un documento che ha inteso favorire nei cittadini, ed in particolare nei giovani ("la fascia di società più sensibile e aperta ai mutamenti") la conoscenza delle altre culture e, per quanto riguarda gli immigrati, della nostra cultura e dei nostri retaggi. "Siamo una regione in cui il fenomeno dell´immigrazione non ha prodotto gravi traumi - ha proseguito Antonaz - e questo perché il travaglio dell´andare è un pezzo del nostro dna. Non esiste una famiglia che, in un´epoca in cui questa era una regione poverissima, non abbia avuto un parente andato lontano nel tentativo di migliorare la propria esistenza". Secondo l´assessore si tratta di un percorso importante, esportabile, e di cui fa parte ora anche questo lavoro (ne hanno commentato gli esiti il preside del Liceo scientifico Guglielmo Oberdan di Trieste, Franco Codega, Khaled Fouad Allam, del dipartimento di Scienze Politiche dell´Università di Trieste, e il deputato Franca Bimbi, docente presso il dipartimento di Sociologia dell´ateneo di Padova) che ha messo in luce alcuni chiari sistemi di identificazione per quanto concerne l´atteggiamento di questa fascia della popolazione regionale verso la religione, l´orientamento politico, le relazioni interpersonali. Di politica, ad esempio, i ragazzi si occupano poco (48,5 per cento) o mai (16,6 per cento), mentre solo un giovane su tre ne segue il dibattito. Nel 74 per cento dei casi l´identificazione con uno schieramento politico è scarso (35,1 per cento) o assente (39,5 per cento). Decisamente più alta risulta l´identificazione con lo Stato (75,9 per cento), anche qui divisa tra chi esprime un forte legame (37,7 per cento) e chi sceglie un atteggiamento più sfumato (38,2 per cento). Al Friuli Venezia Giulia sente di appartenere con forza il 62,9 per cento degli intervistati ed è consistente il legame con la famiglia d´origine per il 71,4 per cento. Considerato il ridotto numero di giovani immigrati in regione, la percentuale di studenti che dichiara di frequentare coetanei stranieri è alta e, ad esempio, quasi un giovane su 5 dichiara di essere amico di un sudamericano, uno su 6 lo è di un ragazzo dell´ex Jugoslavia, uno su 12 di un ragazzo sloveno, uno su 10 di un albanese. Qualora se ne presenti l´occasione il 66 per cento dei giovani intervistati si è dichiarato disposto a far amicizia con un coetaneo straniero e, in caso di relazione sentimentale, il 77 per cento si aspetta quanto si aspetterebbe da un fidanzato/a italiano. Peraltro il 60 per cento degli intervistati ritiene che le usanze degli immigrati rappresentino una minaccia per la cultura e gli stili di vita italiani e sembrano orientati verso un modello culturale "assimilazionista". Il 57 per cento degli intervistati pensa infatti che gli immigrati debbano adottare il modo di vivere degli italiani e il 56 per cento ritiene che la scuola italiana debba insegnare i valori dell´Occidente. Allo stesso tempo, il 76 per cento non ritiene opportuno che i giovani italiani si avvicinino allo stile di vita ed alle usanze degli immigrati. Contestualmente, il 57 per cento è a sfavore della concessione del diritto di voto agli immigrati e il 58 per cento approva l´obbligo di corsi d´italiano per stranieri. Interessante anche l´atteggiamento dei ragazzi nei confronti del crocifisso a scuola: il 33 per cento degli intervistati è dell´idea di abolirlo ma la proposta proviene sia da coloro che si definiscono atei o non credenti (il 24,4 per cento del totale e di essi il 70 per cento è per l´abolizione) che da studenti di affermata appartenenza cattolica in nome di una religione "pura". Anche sul fronte della non abolizione il tema è complesso. A favore della non abolizione sono il 49,2 per cento degli intervistati cui si aggiunge un 17,5 per cento di meno decisi. Per il 12 per cento degli intervistati inoltre il crocifisso rappresenta un´identità non religiosa ma culturale e quindi da difendere dalla minaccia delle altre culture. .  
   
 

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