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Notiziario Marketpress di Giovedì 04 Settembre 2003
 
   
  DAL CONVEGNO INTERNAZIONALE DI TRIESTE ORGANIZZATO DALL’ICGEB NUOVI IMPORTANTI SVILUPPI PER LA LOTTA AI TUMORI I VIRUS RESPOSABILI DI ALCUNE FORME CANCEROGENE

 
   
  Trieste, 4 settembre 2003 - Una delle proteine responsabili del cancro da papillomavirus, la E6, è coinvolta non solo a livello di tumore primario ma anche nella sua diffusione nell’organismo. A darne conferma sono i risultati raggiunti da diversi gruppi di studio, come quelli dei dipartimenti di microbiologia dell’Università di Rosario (Argentina), dell’Università di Chicago (Usa), dell’Istituto per gli Studi sul Cancro dell’Università di Birmingham (Uk) e del Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologie (Icgeb) di Trieste. Sono più di quindici anni infatti che l’Icgeb, e in particolar modo lo staff del Laboratorio di Virologia guidato da Lawrence Banks, conduce ricerche sulla biologia del papillomavirus per sviluppare terapie sempre più efficaci nei confronti di questo virus responsabile di diversi tumori, tra i quali quello al collo dell’utero che ogni anno uccide nel mondo 200.000 donne, di cui 1800 solo in Italia. I risultati ottenuti dai diversi gruppi di ricerca dimostrano che E6 agisce sulle cellule sane andando a inibire quelle sostanze (gli oncosopressori) che impediscono la diffusione del tumore tra cellula e cellula. Questa è solo una delle numerose novità emerse dal congresso internazionale “Dna Tumour Virus” organizzato dall’Icgeb presso il Centro Congressi della Stazione Marittima di Trieste e appena conclusosi. «Obbiettivo del convegno – spiega Lawrence Banks, promotore dell’iniziativa – è stato riuscire a raggiungere una sempre più approfondita conoscenza dei meccanismi molecolari che controllano l’insorgenza e il successivo sviluppo dei tumori di origine virale. Gli studi presentati da 300 scienziati, tra i maggiori esperti del campo provenienti dai più prestigiosi centri di ricerca del mondo, con oltre 120 interventi e 80 poster, dimostrano infatti che la comprensione di questi meccanismi è essenziale per poter agire a livello terapeutico e mettere a punto nuovi farmaci o nuove tecniche di terapia genica». Di grande interesse in questo senso sono gli studi condotti da Peter Angeletti e dai suoi collaboratori del “Mcardle Laboratory for cancer research” dell’Università del Wisconsin (Usa). I ricercatori sono riusciti a utilizzare il comune lievito di birra, il Saccharomyces cerevisiae, come surrogato di una cellula ospite per far riprodurre il papillomavirus (Hpv), sviluppando così un sistema semplice e poco costoso per studiare le diverse fasi del ciclo vitale di questo virus, come la replicazione, la trascrizione e l’incapsulazione. Questo metodo apre la strada per lo studio dell’Hpv con un minor dispendio di risorse economiche favorendo soprattutto la ricerca nei Paesi in via di sviluppo. Un altro risultato molto importante, che può avere forti ricadute terapeutiche, è stata la cristallizzazione della proteina coinvolta nella replicazione del Dna virale di Sv40, il virus responsabile di alcuni tumori del cervello. Il gruppo di Xiaojiang S. Chen, del Dipartimento di genetica molecolare dell’Università del “Colorado Health Science Centre” di Denver (Usa), è riuscito così a ottenere un modello tridimensionale del meccanismo che permetterebbe al virus di svolgere e aprire l’elica del Dna per potersi replicare. Dal congresso escono anche affinamenti di pratiche terapeutiche già in uso come l’utilizzo dell’interferone o dell’adenovirus quale vettore virale di terapie geniche. L’equipe guidata da Lubomir Turek del “Va Medical Centre” dell’Università dell’Iowa (Usa) ha spiegato alcuni meccanismi molecolari che stanno alla base dell’azione dell’interferone, ancora poco conosciuta, nel trattamento terapeutico delle lesioni causate alla mucosa delle vie respiratorie, dei genitali (condilomi) e del collo dell’utero dal papillomavirus (Hpv). L’interferone, una sostanza che attiva la risposta immunologica dell’organismo, andrebbe ad agire nella cellula a livello del gene che promuove la replicazione dell’Hpv, interferendo pertanto con la sua attività e conseguentemente con la diffusione dell’infezione. Il gruppo di Clodagh O’shea e di Frank Mccormick del “Ucsf Cancer Centre” di San Francisco (Usa) ha messo a punto invece una metodologia che permette di rendere più efficace l’adenovirus, comunemente utilizzato nella terapia dei tumori perchè agisce su quelle proteine che bloccano il gene oncosopressore presente nelle cellule sane. Secondo i ricercatori somministrando l’adenovirus unitamente ad alcuni farmaci o in presenza di un rialzo termico, esso risulta più attivo e quindi significativamente più terapeutico nei confronti delle cellule malate. Alterando inoltre l’attività del gene che regola il ciclo virale dell’adenovirus, lo staff di Abraham Scaria della “Genzyme Corporation” di Framingham (Usa) è riuscito ad aumentare la produzione della proteina terapeutica fino a 500 giorni rispetto ai soli 21 iniziali, prolungando il periodo di effecacia di oltre un anno e mezzo e ottenendo un risultato estremamente importante per il trattamento clinico dei tumori. Dal convegno triestino infine risulta evidente il fatto che i virus rientrano, unitamente alla predisposizione genetica e ai fattori ambientali, tra le cause dell’insorgenza di alcuni tumori. I dati epidemiologici presentati da Harald Zur Hausen, direttore per piu’ di dieci anni del “Deutsches Krebsforschungszentrum”di Heidelberg (Germania), confermano che hanno origine virale, per esempio, alcuni tipi di cancro della cervice uterina, della pelle, del cervello, dello stomaco, del colon-retto, del rene, della vescica e della prostata. Anche il linfoma di Hodgkin è causato nel 40% dei casi da un virus (l’Epistein barr virus, il responsabile del 10% dei tumori allo stomaco) e un nuovo tipo di virus (il Tt virus), diffuso all’interno del nostro sistema linfatico ma di cui si sa ancora poco, potrebbe essere collegato all’insorgenza di alcuni tumori o alla loro diffusione all’interno dell’organismo.  
   
 

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