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Notiziario Marketpress di Lunedì 07 Gennaio 2013
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: VALORI LIMITE PER LE CONCENTRAZIONI DI PM10 NELL’ARIA AMBIENTE (SENTENZA NELLA CAUSA C-68/11, COMMISSIONE/ITALIA)

 
   
  Secondo la direttiva 99/30 sui valori limite di qualità dell´aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo, le particelle Pm10 sono particelle che penetrano attraverso un ingresso dimensionale selettivo con un’efficienza di interruzione del 50% per un diametro aerodinamico di 10 μm. La direttiva 96/62, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente obbliga gli Stati membri a presentare alla Commissione relazioni annuali aventi ad oggetto il rispetto dei valori limite applicabili alle concentrazioni di Pm10. Se i valori limite sono superati, gli Stati membri ne informano la Commissione, e possono giustificarsi provando che il superamento è dovuto a eventi naturali. La direttiva 2008/50 relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa stabilisce che gli Stati membri provvedono affinché i livelli di biossido di zolfo, Pm10, piombo e monossido di carbonio presenti nell’aria ambiente non superino, nell’insieme delle loro zone e dei loro agglomerati, i valori limite. Se in una determinata zona o agglomerato non è possibile conformarsi ai valori limite per le caratteristiche di dispersione specifiche del sito, per le condizioni climatiche avverse o per l’apporto di inquinanti transfrontalieri, uno Stato membro non è soggetto all’obbligo di applicare tali valori limite fino all’11 giugno 2011 provando che ha adottato tutte le misure del caso a livello nazionale, regionale e locale per rispettare le scadenze. In applicazione della direttiva 96/62, l’Italia ha presentato alla Commissione alcune relazioni sul rispetto dei valori limite di Pm10 per gli anni 2005 2007. La Commissione ha rilevato il superamento dei valori limite per un lungo periodo ed in numerose zone e, nel 2009, nella ha inviato all’Italia una lettera di diffida che indicava 55 zone e agglomerati italiani nei quali i limiti giornalieri e/o annui erano stati superati nel 2006 e 2007. In seguito non ha accolto l’istanza di deroga, relativamente a 62 zone (situate in Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Umbria, Piemonte, Toscana e Veneto, nonché nella Provincia autonoma di Trento) ed a undici zone situate in Campania, Puglia e Sicilia. L’italia faceva valere di aver elaborato una strategia nazionale, che doveva tradursi in un insieme di misure legislative e regolamentari, su scala nazionale, nonché in linee guida per i settori di attività maggiormente responsabili delle emissioni di Pm10, ma non informava la Commissione della loro adozione. Nella sua sentenza odierna, la Corte constata, in via preliminare, che la Commissione non precisa, nel proprio atto introduttivo, gli anni per i quali contesta l’inadempimento. Tuttavia, la verifica delle relazioni annuali presentate dall´Italia per gli anni 2005-2007 ha mostrato che i valori limite erano stati superati in diverse zone e agglomerati italiani. La Corte deduce quindi che l’inadempimento degli obblighi si estende comunque sul periodo degli anni 2006 e 2007 e riguarda 55 zone e agglomerati italiani. Di conseguenza, il ricorso, nei limiti così definiti, può essere dichiarato ricevibile. Viceversa, nella misura in cui esso riguarda l’anno 2005 e il periodo successivo all’anno 2007, detto ricorso deve essere respinto in quanto irricevibile. L’italia, dal canto suo, ha ammesso il superamento dei valori limite, ma ha fatto valere che essi non potevano essere rispettati per almeno cinque ragioni: 1. La complessità del fenomeno di formazione delle particelle Pm10, 2. L’influenza della meteorologia sulle concentrazioni atmosferiche di Pm10 3. L’insufficiente conoscenza tecnica del fenomeno della formazione delle Pm10 che ha indotto a fissare termini troppo brevi per il rispetto dei valori limite; 4. Il fatto che le varie politiche dell’Unione europea finalizzate a ridurre i precursori delle particelle Pm10 non hanno prodotto i risultati attesi, e 5. L’assenza di coordinamento tra la politica dell’Unione in materia di qualità dell’aria e quella finalizzata a ridurre i gas a effetto serra. L´italia ha inoltre sostenuto che il rispetto dei valori limite avrebbe implicato l’adozione di misure drastiche sul piano economico e sociale, nonché la violazione di diritti e libertà fondamentali (libera circolazione delle merci e delle persone, l’iniziativa economica privata e il diritto dei cittadini ai servizi di pubblica utilità). La Corte ricorda che il procedimento per inadempimento si basa sull’accertamento oggettivo dell’inosservanza da parte di uno Stato membro degli obblighi cui è tenuto. È irrilevante che l’inadempimento derivi dalla volontà o dalla negligenza dello Stato membro, oppure dalle difficoltà tecniche. Se uno Stato membro si confronta con difficoltà momentaneamente insormontabili, può appellarsi alla forza maggiore, solo per il periodo necessario a porre rimedio a tali difficoltà. Gli argomenti addotti dall’Italia non configurano peraltro un caso di forza maggiore che giustifichi il mancato rispetto dei valori limite. La Corte quindi dichiara e statuisce: La Repubblica italiana, avendo omesso di provvedere, per gli anni 2006 e 2007, affinché le concentrazioni di Pm10 nell’aria ambiente non superassero, nelle 55 zone e agglomerati italiani i valori limite fissati dall’articolo 5 della direttiva 1999/30/Ce è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale disposizione. Il ricorso è respinto quanto al resto (per il 2005 e il periodo successivo al 2007).  
   
 

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