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Notiziario Marketpress di Lunedì 03 Settembre 2007
 
   
  ANCORA FATICOSA LA SCALATA DELLE DONNE

 
   
  Firenze, 3 settembre 2007 - Sono ancora poche le donne che occupano ruoli dirigenziali nelle strutture pubbliche o private della provincia di Firenze, con un rapporto di una ogni 3 dirigenti uomini. La presenza femminile ai vertici si ferma a quota 25,4%, quando si parla di istituzioni pubbliche (Enti Locali, strutture della pubblica amministrazione, sistema camerale); diventa 27,8% tra gli organismi sindacali, con il 42,9% in Cgil; ed è al di sopra del 30% negli enti previdenziali e in Prefettura. Superano la media in Regione Toscana (26%), mentre l’Amministrazione Provinciale di Firenze si attesta sul 21%. Il ritratto viene disegnato dallo studio del Comitato per l’imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Firenze che ha quantificato il fenomeno attraverso una lettura dei siti internet, per le categorie enti e associazioni categoriali; ed attraverso due indagini sul campo condotte nel 2007. Una prima su un campione di aziende selezionate secondo parametri dimensionali (con 10 o più addetti o un fatturato oltre 200mila euro) ed un’altra su un campione di imprese femminili. “Questo studio – ha spiegato il presidente del Comitato Cristina Bandinelli – vuole essere un punto di partenza per sollecitare una più ampia partecipazione femminile nei processi di sviluppo della comunità economica e sociale del nostro territorio, attraverso una revisione dei rapporti interpersonali e dei modelli organizzativi”. Tra gli Enti Locali, la presenza femminile è significativa (32,6%) nel ruolo “figure di vertice di rappresentanza politica” (ovvero sindaci e presidenti), ma raggiunge il minimo (23,7%) negli “organi consiliari”. In particolare, nell’analisi dei 44 Comuni della provincia: 34,1% è la quota donne Sindaco; 26,6% a capo di assessorati; 23,7%. In donne consigliere comunali; 24% per donne attive in posizioni organizzative (dirigenti e quadri). Quanto al sistema camerale, il rapporto donne-uomini è di 1 a 3, ma con una significativa presenza nelle figure dirigenti e quadri (43,2%) . La forbice tende ad allargarsi nelle associazioni di categoria dove le donne che rivestono cariche a livello di organi di rappresentanza sono soltanto il 6,5%. Passando al campione di aziende (circa 300 interviste effettuate), la quota femminile sale al 37,3% per la categoria ‘dipendenti’; diventa 44% in riferimento ai ‘contratti a tempo determinato’; e arriva al 72,1% relativamente ai dipendenti part-time. Ma scende a 21,7% quando si parla di “figure dirigenziali” (amministratori, dirigenti e quadri di azienda), con valori più elevati nel caso “amministratori e/o titolari di azienda” (il 24%) e più bassi per “dirigenti” (15,8%). Nella distribuzione delle competenze, le figure dirigenziali femminili – per lo più sotto i 40 anni e solo un quarto laureate - si confermano al primo posto per la voce “ricerca e innovazione” (il 27% sul totale), seguono “”finanza e amministrazione (il 23,6%), “controllo di qualità”, “personale e relazioni industriali” (entrambe con una quota dell’11,5%). Decisamente meno rilevante la funzione “servizi informativi” (il 4,7%). Il focus sulle “imprese femminili attraverso 332 interviste ad imprese con presenza maggioritaria femminile e localizzate nella provincia di Firenze. Crearsi un’opportunità di lavoro e il desiderio di autonomia, sono state le principali motivazioni che hanno spinto le donne intervistate a fare impresa. Un ruolo meno determinante lo hanno avuto fattori come: il desiderio di flessibilità, la conciliazione con esigenze familiari, la presenza di strumenti di agevolazione da parte del settore pubblico. L’idea imprenditoriale – le donne sono attive per lo più nei settori commercio tradizionale, turistico-alberghiero, servizi alle persone – nasce dalle proprie competenze, e non come conseguenza di analisi di mercato o di informazioni strutturate, acquisite presso strutture pubbliche o organismi categoriali. Nella fase di costituzione e di avvio dell’attività, circa 4 donne su 10 hanno ritenuto opportuno farsi assistere da propri familiari, mentre nel 20 % dei casi non è stata richiesta assistenza né alla rete familiare né a strutture professionali esterne. Chi lo ha fatto, ha privilegiato gli studi privati piuttosto che le strutture pubbliche. I problemi riscontrati nella fase di avvio, sono stati soprattutto di natura finanziaria (reperimento capitale) e gestionale (crearsi la rete di clienti), ma vi è stato anche un 21% di imprenditrici che hanno lamentato difficoltà legate alla complessità delle procedure ed ai tempi tecnici richiesti dalla burocrazia. Circa il 56% delle imprenditrici ha fatto ricorso a capitale proprio, mentre il 26% si è dovuto rivolgere alle strutture del credito per avere mutui o fidi bancari. Significativa anche la quota di coloro che hanno avuto prestiti da familiari o da amici. Solo il 2,8% ha avuto agevolazioni pubbliche (per il 50% in virtù della normativa sulla imprenditoria femminile). Nelle imprese femminili intervistate, le responsabilità della gestione sono assunte in netta prevalenza da figure dirigenziali femminili salvo quella relativa all’area “amministrazione e finanza” che vede una distribuzione pressochè paritaria fra i due generi. Riguardo all’ innovazione tecnologica solo il 38% delle imprenditrici la ritiene fattore importante di sviluppo, mentre un 36% non mostra alcun interesse. “In questo contesto – ha concluso Bandinelli – vogliamo offrire l’esperienza del nostro Comitato per avviare una funzione di coordinamento tra associazioni femminili”. “Solo insieme potremo costruire il percorso che porterà a una distribuzione paritaria tra uomini e donne, consentendoci di partecipare nella definizione delle politiche del territorio”. .  
   
 

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