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Notiziario Marketpress di Lunedì 10 Settembre 2007
 
   
  APERITIVO IN CONCERTO 2007/2008 AL TEATRO MANZONI

 
   
   Milano, 10 settembre 2007 - “Aperitivo in Concerto” giunge al suo ventitreesimo anno d’attività. La rassegna musicale promossa e organizzata al Teatro Manzoni da Mediaset e Publitalia ’80 con la partecipazione di 3 Italia e in collaborazione con Mondadori, continua a proporsi come vetrina della contemporaneità musicale senza steccati o vetuste etichettature. L’edizione 2007/2008 proietta “Aperitivo in Concerto” sempre di più verso il futuro, accogliendo nella sua programmazione nuovi, affascinanti esempli di lavori interculturali e interdisciplinari, in cui l’attenzione al dialogo interetnico si sposa all’attenzione per la rilevanza sociale e per la presenza tecnologica all’interno di consolidate tradizioni. Non è un caso, dunque, che la rassegna si inauguri con un trascinante spettacolo del grande compositore e tastierista (e pioniere, per l’appunto, dell’elettronica nell’improvvisazione jazzistica) Joe Zawinul, Absolute Zawinul (26 settembre 2007), una coinvolgente carrellata di celebri e ormai storiche composizioni (molte ideate per il gruppo Weather Report) attraverso le quali l’autore rivisita la propria leggendaria carriera e ridefinisce il proprio ruolo all’interno dell’improvvisazione contemporanea. Nell’impresa egli è sostenuto dall’affascinante e feconda collaborazione instauratasi con l’Absolute Ensemble diretto da Kristjan Järvi, oggi da molti considerata la migliore orchestra da camera sulla scena internazionale: il gruppo, formato da alcuni fra i più significativi solisti newyorkesi e votatosi alla diffusione della musica contemporanea così come al dialogo fra le diverse culture (eccezionali le sue collaborazioni con artisti quali Paquito D’rivera, Abdullah Ibrahim, Dhafer Youssef, Goran Bregovic) ritorna a Milano dopo l’applaudita esibizione di due anni fa al Teatro Manzoni, con uno straordinario omaggio all’arte di Frank Zappa. L’interesse per le nuove forme espressive ed interpretative, che ha caratterizzato la rassegna sin dalla sua nascita, si rivolge nuovamente agli originali contributi linguistici di cui si fa oggi portavoce la danza contemporanea; dopo avere ospitato, la scorsa edizione, due fra le più significative compagnie oggi presenti sulla scena internazionale, Diavolo Dance Theater e Hubbard Street Dance Company, “Aperitivo in Concerto” accoglierà al Teatro Manzoni l’affascinante spettacolo che la nota coreografa cinese Jin Xing, a capo della sua notissima Jin Xing Dance Company, ha firmato creando un ineffabile e teatrale connubio fra le multicolori e sofisticate tradizioni cinesi e la nuova modernità, che in Cina avanza tumultuosamente nell’intenso e complesso dialogo con l’Occidente: Shanghai Tango (10 marzo 2008) è esempio prezioso di una creatività appassionante e di assoluta originalità nel coniugare culture diverse così come linguaggio del corpo e “arti performative”. Negli ultimi decenni, con la più approfondita conoscenza di molte altre tradizioni musicali extra-europee di valore, è mutato il tradizionale modo di porsi rispetto a quei fenomeni un tempo semplicisticamente definiti extra-colti. Altresì, il progressivo abbattimento delle barriere fra i generi ha permesso di modificare radicalmente la nostra concezione di contemporaneità, e di accogliere un vasto numero di esperienze creative in grado di arricchire anche il panorama accademico occidentale senza doversi porre il problema di un ingiustificato complesso d’inferiorità nei suoi confronti. Saranno perciò presenti sul palcoscenico del Teatro Manzoni di Milano artisti di fama internazionale che da tempo rielaborano e aggiornano la propria identità culturale con un rapporto sempre più sofisticato nei confronti della tradizione e nei relativi modi d’esprimerla: è il caso dell’affascinante gruppo Iswhat?! (19 novembre 2007), in cui il poeta e vocalist Napoleon Maddox, apprezzato e sofisticato esponente del rap e dello hip-hop, riallaccia sempre più fortemente tali due generi vernacolari americani allo spirito improvvisativo del jazz ed alla sua tradizione estetica. Non casualmente, sarà attorniato da artisti che hanno già fatto o stanno facendo la storia del jazz, dall’ormai leggendario sassofonista Archie Shepp al notissimo sassofonista Oliver Lake (ricordato anche per la sua militanza in un gruppo come World Saxophone Quartet), al contrabbassista Joe Fonda e al batterista Hamid Drake. Analogo interesse riveste la preziosa esibizione del complesso guidato da Eyvind Kang (7 ottobre 2007): lo straordinario violinista e compositore, rivelatosi al fianco di artisti come John Zorn, Mike Patton e Blonde Redhead presenta, in prima europea, a capo di uno stuolo di affermati improvvisatori newyorkesi, il frutto di un progetto in cui improvvisazione jazzistica e globalizzazione culturale convivono fianco a fianco e creano la musica del futuro. Altrettanto stimolante e potentemente creativa si prevede l’esibizione del poeta, cantante, studioso, docente universitario e produttore discografico Mike Ladd (16 dicembre 2007). Protagonista della nuova New York musicale del rap e dello hip-hop, poeta di alta e riconosciuta sofisticazione, Mike Ladd con l’ausilio di alcuni straordinari e creativi improvvisatori (l’eccezionale pianista e tastierista Vijay Iyer, il trombettista Roy Campbell Jr. , il batterista Guillermo E. Brown, il sassofonista Andrew Lamb e il grande interprete rap Seraphim o meglio Darius Jamal van Sluyten, già leader del noto gruppo No Surrender) presenta Negrophilia, stupefacente affresco musicale, collage di linguaggi, ricami strumentali, loop elettronici, incantatorie declamazioni vocali, un lavoro basato sulla fascinazione per la cultura africana nei circoli intellettuali parigini degli anni ’20 e ’30. In tale ambito assume ulteriore rilevanza il ritorno al Teatro Manzoni di Jack Dejohnette (11 novembre 2007), a capo del gruppo Ripple Effect, assieme a uno strumentista d’eccezionale valore, il sassofonista e compositore John Surman. Coadiuvati dalla straordinaria cantante india brasiliana Marlui Miranda, dal bassista Jerome Harris, Dejohnette e Surman fondono interculturalismo e sampling elettronico, creando un variegatissimo e caleidoscopico fondale sul quale innestano mirabili perorazioni improvvisative, coniugando i frutti della diaspora africana con l’Europa contemporanea e la più sofisticata elaborazione tecnologica. Al rinnovamento e alla ridefinizione dei patrimoni linguistici tradizionali pensano artisti differenti come James Blood Ulmer (12 novembre 2007) ed Elliott Sharp (26 novembre 2007): ambedue concentrati sulla costante attualità sociale ed estetica del blues, linguaggio che oggi riaffiora prepotentemente per modernità e sensibilità, ne esemplificano in modo diverso la potenza espressiva. Da una parte Ulmer, a lungo compagno d’avventura di Ornette Coleman, a capo di un complesso semplicemente fuori dal comune, in cui spiccano le impetuose doti creative del ben noto chitarrista Vernon Reid, già leader dei Living Colour, e del violinista Charles Burnham, rielabora il blues come teoria narrativa personalissima, non dimenticando il fortissimo retaggio tradizionale ma neanche la modernità della concezione armolodica. Mentre Sharp rilegge e rievoca una tradizione di cui egli, pur compositore pienamente inserito nella contemporaneità, ha voluto apprendere i più riposti segreti, riconoscendone la primaria importanza nella formazione di un linguaggio musicale autonomamente e inconfondibilmente americano. Così, a fianco di un gruppo strumentale di rara potenza espressiva, in cui spiccano l’eccezionale sassofono baritono di Alex Harding e il duttile trombone di Curtis Fowlkes, Sharp si avvale dell’apporto di un maestro autentico del blues come il chitarrista Hubert Sumlin, a lungo fedele strumentista e interprete di Muddy Waters, e di un moderno, spavaldo e creativo poeta/cantante come Eric Mingus, figlio di una leggenda del jazz come Charlie Mingus. Altrettanto affascinante è la performance guidata dal celebre violinista Billy Bang (2 dicembre 2007) che, attorniato da alcuni fenomenali improvvisatori (fra cui il trombettista Ted Daniel e il sassofonista James Spaulding), quasi tutti ex-reduci della guerra in Vietnam, propone una rivisitazione della sua esperienza bellica, ricordo trasfigurato dell’incontro culturale con il “nemico”, l”altro”, ma altresì tributo a quella comunità africana-americana che in Vietnam pagò un altissimo, e mai riconosciuto, tributo di sangue. E stupefacente è la big band guidata dal grandissimo trombettista Charles Tolliver (20 gennaio 2008), a capo di una compagine di straordinario rilievo per i musicisti che la compongono, il fior fiore degli improvvisatori africani-americani dediti alla rilettura dello hard bop. Un teatrale e gioioso senso della tradizione emerge prepotente e inarrestabile da un altro, superbo affresco multilinguistico e interculturale, per quanto reso omogeneo dalla volontà dell’autore di illustrare, attraverso un artista-icona, le conquiste e le sofferenze della Diaspora africana: Pushkin, The Blackamoor of Peter the Great di David Murray (28 gennaio 2008) è una vera e propria opera che illustra la figura di un poeta come Aleksandr Pushkin in quanto “meticcio” e simbolo rilevante per gli intellettuali della dispersione africana nel mondo, nata da terribili sofferenze ma ciononostante dispensatrice di bellezza e civiltà. Il lavoro, che è poco definire ispirato e spettacolare, viene realizzato da attori (fra i quali Avery Brooks, celebrato produttore, regista e Capitano Sisko di Star Trek ma anche impegnato interprete a fianco di Edward Norton in American History X), cantanti (fra cui la nota artista russa Elena Frolova) e musicisti (il lavoro richiede una nutrita sezione d’archi e un ampio numero di strumentisti) provenienti da ogni parte del mondo: Guadalupa, Camerun, Senegal, Russia Stati Uniti. Spicca la presenza di improvvisatori di grande rilevanza come il batterista Hamid Drake, il contrabbassista Jaribu Shahid, il pianista Lafayette Gilchrist, il trombonista e direttore d’orchestra Craig Harris. Evento a sé stante, “corona” la nuova programmazione di “Aperitivo in Concerto” un grande ritorno: Lee Konitz (15 ottobre 2007) presenta, in prima europea, il concerto tenutosi il 25 giugno scorso alla Carnegie Hall di New York per celebrare il suo anniversario, in presenza del sindaco Bloomberg e di numerosi esponenti della musica e dell’intellettualità americana. Un’occasione per esaminare in un solo sguardo l’intero, ricchissimo spettro dell’arte di questo sublime e poetico improvvisatore. Con un quartetto d’archi, con il nuovo nonetto già presentato la scorsa edizione al Teatro Manzoni e con un’eccellente big band (la giovane ma già affermatissima compagine portoghese Orquestra Jazz de Matosinhos), Konitz rievocherà il suo ineguagliabile percorso artistico, che ne ha fatto uno dei protagonisti della musica del Novecento e oltre, fino, per l’appunto, ai nostri giorni. Un altro omaggio a un grande musicista è presente nella programmazione della rassegna: torna a Milano, dopo lunga assenza, il leggendario sassofonista Charlie Mariano (24 febbraio 2008), strumentista fra i più influenti della sua generazione. Instancabile ricercatore, perennemente avido di nuove esperienze musicali e culturali, ignaro di qualsiasi barriera generazionale, questo grande musicista si presenta affiancato da due altri artisti non meno stimolanti di lui, il pianista e tastierista olandese Jasper van’t Hof e il chitarrista Philip Catherine, con cui Mariano ha condiviso in passato molteplici esperimenti ed esperienze musicali. Da oltre vent’anni “Aperitivo in Concerto” documenta le vicende della musica nostra contemporanea, facendosi testimone delle espressioni culturali più avanzate, originali e innovative all’interno di una concezione che non prevede barriere linguistiche o stilistiche fra le innumerevoli ideazioni musicali oggi esistenti. La vasta molteplicità di codici e tradizioni culturali che sempre di più va allargandosi ai nostri giorni è stata l’oggetto principale di una politica di innovazione, cosmopolitismo e spettacolarità che nelle ultime stagioni ha contribuito a un crescente consenso di pubblico e critica, e che ha mirato a realizzare delle vere e proprie istantanee della nostra contemporaneità (e anche oltre). Basti ricordare, a tal proposito, il ruolo che la rassegna ha avuto nel riportare a Milano il grande jazz e le più interessanti testimonianze della musica improvvisata contemporanea e di molte fra le nuove musiche accademiche e di ricerca. Non è dunque un caso che la rassegna abbia ospitato, nelle scorse edizioni, artisti del calibro di Dave Brubeck, Tommy Flanagan con Rufus Reid e Albert “Tootie” Heath, Charles Mcpherson con la Vanguard Jazz Orchestra, Max Roach e Cecil Taylor, Bobby Hutcherson, Carla Bley, Henry Grimes, Uri Caine ed il suo Ensemble in ben due straordinari progetti (Goldberg Variations e The Sidewalks of New York), Abdullah Ibrahim, Bobby Mcferrin, Dave Holland, John Scofield, Steve Coleman, Marc Ribot, Mccoy Tyner con Avery Sharpe e Al Foster, Johnny Griffin con Mulgrew Miller, Niels-henning Ørsted Pedersen e Alvin Queen, il quartetto di Jim Hall con Paolo Fresu, Jon Faddis e la Count Basie Orchestra, Hamiet Bluiett, Roswell Rudd, Steve Nelson, Andrew Cyrille, Jack Dejohnette, Sonny Fortune, Odean Pope, Ahmed Abdullah, Sun Ra Arkestra, Archie Shepp, Dave Burrell, James Spaulding, Freddy Cole e la Woody Herman Orchestra, Ahmad Jamal, Andrew Hill & Point of Departure, Reggie Workman, Gonzalo Rubalcaba, Perry Robinson, Art Ensemble of Chicago, John Scofield, Bass Desires, Lee Konitz, Terence Blanchard, Buddy Defranco e Chicago Jazz Ensemble: eventi svoltisi in larga parte quando il jazz –musica che è fra i simboli della nostra contemporaneità- languiva non solo in una città come Milano, e ancora non conosceva l’attuale diffusione. Tant’è che alcuni fra gli artisti succitati hanno conosciuto un vero e proprio “rilancio” grazie alla loro esibizione sul palcoscenico del Teatro Manzoni. Altresì, “Aperitivo in Concerto” ha ospitato –spesso in “prima” italiana- un ampio numero di concerti dedicati alla musica di ricerca, presentando gruppi ed artisti come Absolute Ensemble, John Zorn e Electric Masada, Fretwork, London Sinfonietta, Piano Circus, Brodsky Quartet, Steve Martland Band, Evelyn Glennie, Phillip Johnston Ensemble (con Guy Klucevsek), Dave Douglas, Philip Glass, Icebreaker, Stefan Hussong, Ryuichi Sakamoto, Alva Noto, Mike Patton, Apollo Saxophone Quartet, Blindman, London Saxophonic, Christian Lindberg, oltre ad artisti strettamente accademici ed altri più intimamente legati alla propria eredità etnico-culturale, come Ivan Lins, Gonzalo Rubalcaba, João Bosco, Maurice El Médioni, Carmen Linares, Jay Ungar, Manolo Sanlúcar, Brave Old World, Klezmer Conservatory Band, il quartetto Jobim-morelenbaum (da ricordare anche l’applaudito spettacolo del gruppo Morelenbaum2/sakamoto), Dino Saluzzi, Blind Boys of Alabama, David Krakauer, Oregon. Nomi che esemplificano l’obiettivo principale della rassegna: quello, cioè, di offrire molteplici, significativi e, soprattutto, originali punti di vista sulla contemporaneità e sui possibili approcci creativi ad essa. In tale contesto vanno perciò ricordati anche gli applauditi concerti di icone del rock più sofisticato come Patti Smith, Elvis Costello, David Byrne, k. D. Lang, Marianne Faithfull, Laurie Anderson, di una vera e propria Musa quale Juliette Gréco, di protagoniste del palcoscenico quali Hanna Schygulla e Ute Lemper. Numero Verde: 800-914350 www. Aperitivoinconcerto. Com www. Teatromanzoni. It/aperitivo .  
   
 

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