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Notiziario Marketpress di Lunedì 12 Maggio 2008
 
   
  UNIONCAMERE: FOCUS INFRASTRUTTURE

 
   
  Roma, 12 maggio 2008 - Il ritardo infrastrutturale italiano è fortemente cresciuto in questi ultimi 15 anni, e soprattutto negli ultimi 5. La rete autostradale: Nel 1980 avevamo una rete più estesa della Francia, lunga tre volte quella della Spagna. Oggi la rete francese supera la nostra del 65% e quella spagnola del 75%! Non solo: tra il 2000 ed il 2005 in Italia abbiamo aperto 64 chilometri di autostrade, contro i 1. 035 della Francia e i 2. 383 della Spagna. L’alta velocità: La Francia possiede ben 1. 893 Km di linee ad alta velocità, seguita dalla Spagna con 1. 552, dalla Germania con 1. 300; mentre l’Italia, con soli 580 Km, possiede attualmente una dotazione superiore solamente a quella del Belgio (120), e del Regno Unito (113). La rete metropolitana: Nel nostro Paese i km di binari presenti su tutto il territorio sono 230, quando Madrid, da sola, ne ha 310, Parigi 213, Berlino 152, Stoccolma 100, Barcellona 105, per non parlare dei 408 km di Londra. Le risorse: Il ritardo infrastrutturale, almeno negli ultimi anni, non deriva da una questione di risorse. Negli ultimi quattro anni, e nonostante la frenata 2005 e 2006, si sono spesi, in Italia, in opere del genio civile 163 miliardi di euro, come la Francia, poco meno dei 175 miliardi della Germania, mentre solo la Spagna ha investito di più (204 miliardi). Ma l’Italia mostra una particolarità: investiamo molto in manutenzione straordinaria, anziché nelle nuove opere. Solo il 46% degli investimenti in opere del genio civile del 2006 è andato per opere di nuova realizzazione, contro il 67,5% della Francia e l’82,2% della Spagna. Il nostro paese negli anni 2000 ha dunque speso molto ma la quota di risorse che va alle nuove opere è decisamente inferiore a quella degli altri paesi europei. Il divario Nord - Sud: Gli indicatori di dotazione infrastrutturale elaborati dall’Istituto Tagliacarne documentano il persistere di forti differenziali territoriali. Le prime provincie per indice di dotazione stradale sono tutte in Italia settentrionale (Savona, Vercelli, Novara, Alessandria e Imperia). Nella classifica, la prima provincia dell’Italia centrale che compare è Frosinone al 7 posto; mentre del sud Italia è Teramo al 10. Situazione similare si rileva osservando l’indice di dotazione ferroviario. L’urgenza di un drastico recupero: I cambiamenti e le modifiche degli assetti geopolitici ed economici hanno attivato processi che stanno imprimendo anche al comparto dei trasporti un’accelerazione impensabile fino a pochi decenni fa. Esempio di questa trasformazione è il cambiamento in atto nelle rotte marittime: lo sviluppo delle economie del Far East ha ridato centralità al Mediterraneo e questo nuovo baricentro potrà essere ulteriormente rafforzato dalla promozione di una zona di libero scambio euromediterranea. Il nuovo assetto dei traffici vedrà servito il mercato del Centro Europa, oltre che da Nord, anche da Sud e le previsioni sulla crescita del mercato mondiale dei contenitori convergono su un raddoppio dei volumi movimentati (previsioni al 2015). Si aprono pertanto importanti opportunità per i porti italiani - soprattutto quelli del Mezzogiorno - che devono però essere colte in tempo, mettendo in atto gli investimenti necessari per fronteggiare la competizione dei porti europei ed in primis di quelli spagnoli. In alcuni casi basterebbero piccoli investimenti: a Taranto il completamento di 30 km di rete autostradale, insieme alle nuove infrastrutture ferroviarie ed agli imprescindibili lavori di dragaggio che modificano la qualità di accesso al porto, consentirebbero di rendere più competitiva tale struttura, metterla in rete con gli altri porti e con le aree industriali di Bari e Brindisi, con ricadute positive per tutta l’Italia meridionale. Ma occorre uscire dall’equivoco del Mezzogiorno come piattaforma logistica distributiva (c’e’ gia’) e puntare invece sullo sviluppo di aree retroportuali capaci di garantire indotto economico e crescita occupazionale. Sull’intermodalita: occorre attrezzare adeguatamente i nodi logistici, ottimizzando l’esistente attraverso progetti dedicati alle filiere produttive. Credo che le Camere di Commercio possano, qui, rivestire un ruolo unico nell’individuare la collocazione strategica dei punti di scambio delle merci su cui concentrare maggiormente gli investimenti. Investimenti “intelligenti”, che creino, cioè, piattaforme logistiche di scambio ma a forte valore aggiunto. Un container in transito crea un fatturato di 300 €, ed un beneficio per lo Stato di circa 110, creando 5 soli posti di lavoro per ogni 1000 container. Invece, se la merce che contiene venisse sdoganata, lavorata e distribuita, il fatturato salirebbe a circa 2300 € per container e il beneficio per lo Stato a oltre 1000. L’occupazione crescerebbe a circa 42 posti di lavoro ogni 1000 container. Da ultimo il trasporto cargo aereo. Un settore che sfiora il milione di tonnellate all´anno, circa un 1/3 di quello del maggiore aeroporto mondiale ed a poco più del 40% del principale aeroporto cargo europeo. Malpensa si qualifica di gran lunga come il principale aeroporto nazionale per il cargo (480. 000 tonnellate di merce nel 2007 con un crescita del 68% in 6 anni), registrando negli ultimi 3 anni una crescita superiore a quella di Francoforte, ma non sembra per ora emergere ne’ dal governo centrale, ne’ da quelli locali, alcuna strategia volta a disegnare una gerarchia fra gli scali cargo esistenti. La consapevolezza delle Camere, oltre i localismi: C’è ormai una visione generale che va oltre quei localismi che hanno finora contribuito a frenare lo sviluppo delle infrastrutture. Abbiamo chiesto a tutte le Camere di Commercio quali opere infrastrutturali fossero ritenute prioritarie. Naturale il fatto che le risposte abbiano messo in prima evidenza le opere presenti sul territorio; ma molto positivo è il fatto che anche infrastrutture molto lontane siano state giudicate urgenti e importanti. La Salerno - Reggio Calabria è stata indicata come altamente prioritaria da Camere di regioni settentrionali (Veneto, Piemonte e Liguria) così come Camere meridionali hanno indicato prioritarie le opere per l’accessibilità a Malpensa, la Bre. Be. Mi. , la Tangenziale esterna di Milano e l’Autostrada Torino-trieste. Quale politiche e strategie per un rapido recupero? Sono state programmate opere per un costo complessivo di 109 miliardi. La maggiore quota degli investimenti prioritari programmati per il periodo 2008-2012 è da ricondurre ad infrastrutture per la mobilità: 94 miliardi destinati a potenziare le reti stradale (49 miliardi), ferroviaria (37) e metropolitana (8). Nel periodo 2002-2007 c’è stato un incremento continuo del valore delle gare aggiudicate e delle risorse destinate alle opere pubbliche dal 2002 al 2006; poi la frenata nel 2007, confermata anche nei quattro mesi del 2008 (-17%). L’anno scorso in Italia sono state aggiudicate oltre 14 mila gare (20,1 miliardi) per la realizzazione di opere pubbliche (-7,1% per numero e -28,6% per valore). E’ evidente il forte rallentamento dell’attuazione del programma delle grandi opere strategiche che, dopo un avvio ambizioso ma “mal calibrato” nel rapporto tra risorse necessarie e disponibilità, ha dovuto fare i conti con la ridotta disponibilità di risorse e l’inefficienza della macchina burocratica: scadono le conferenze di servizi, i progetti diventano obsoleti, si dilatano i costi, ecc. In generale, non è più il tempo di chiedersi “cosa serve”, ma di chiedersi “come” realizzare gli ambiziosi ma necessari obiettivi. Ecco allora che le linee di azione necessarie si devono muovere su due fronti. 1) Un primo fronte, complesso e impegnativo, richiede di operare un significativo contenimento della spesa corrente improduttiva, per liberare risorse per gli investimenti: se non si riesce a ridurre la spesa corrente, è probabile che, come nel passato, si finisca per tagliare la spesa in conto capitale, fermando gli investimenti. 2) Un secondo fronte richiede di procedere con determinazione verso l’utilizzo di nuovi strumenti di finanziamento e di gestione delle grandi opere pubbliche. Negli anni 2000 sono cambiate le regole introducendo nuove procedure di affidamento e nuovi meccanismi di selezione delle imprese: ad esempio il project financing, la figura del contraente generale, l’appalto integrato e, più di recente, il dialogo competitivo e la locazione finanziaria immobiliare, con la maggiore apertura ai privati sia sul piano della partecipazione finanziaria che per la gestione delle opere realizzate. Nel 2007 sono state messe in gara 1. 006 opere pubbliche attraverso forme contrattuali che rientrano nel campo del Partenariato Pubblico e Privato (per due terzi di queste il valore di mercato è pari a 5,8 miliardi di euro) passando dal 6% del 2002, al 29% del 2006 del valore degli appalti di opere pubbliche per poi stabilizzarsi nell’ultimo anno sugli stessi livelli del 2005 (19%). Un mercato che è cresciuto del 160% per numero e del 235% per importo. .  
   
 

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