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Notiziario Marketpress di Martedì 20 Maggio 2008
 
   
  INCENERITORE DELLA POLLINA A SANTA SOFIA (FC)

 
   
   Cesena, 20 maggio 2008 - Di seguito l’intervento Davide Fabbri Consigliere Comunale dei Verdi a Cesena (Fc) Membro dell’Esecutivo Regionale dei Verdi dell’ Emilia-romagna e consigliere comunale dei Verdi a Cesena. “L’inceneritore della pollina a Santa Sofia (Fc): le ragioni di un No motivato ad una soluzione dannosa per l’ambiente, i cittadini, il territorio” Desidero intervenire sul progetto di impianto di incenerimento della pollina e biomassa agricola che la ditta Eukrasia intende realizzare nel Comune di Santa Sofia (Fc) per conto dell’azienda Agrofertil. Impianti di questo genere sono stati proposti proprio 10 anni fa in Romagna, e più precisamente a Cesena. E’ stata scelta la Romagna non a caso: il 25% della produzione della carne da pollo avviene in allevamenti industriali in Romagna, dove vi sono i più grandi imprenditori del settore: Amadori, Pollo del Campo, Cafar, Chirichi. Analoghi impianti poi sono stati proposti dagli stessi imprenditori sempre in Provincia di Forli-cesena, nel Comune di Sogliano sul Rubicone. Altri impianti sono stati proposti in Abruzzo nel 2001, a Teramo, (dove vi è un grosso insediamento industriale del gruppo Amadori) e recentemente sono stati proposti inceneritori della pollina in diversi Comuni della Provincia di Padova. Io ho seguito queste vicende, in prima persona, mi sono battuto per contrastare una logica perversa e sbagliata dell’ incenerimento della pollina. Questo inceneritore della pollina è una idea molto astuta, molto vantaggiosa per gli allevatori locali e non, molto meno vantaggiosa per la salute dei cittadini e per l’ambiente di Santa Sofia. Nasce col pretesto di ricavare energia elettrica a carissimo prezzo, ottenere così enormi finanziamenti pubblici, e così via libera ad altri infiniti allevamenti, sollevati in modo rapido e gratuito dal problema delle deiezioni. A Cesena le ragioni dell’ ambiente e dell’uso corretto dell’ energia sono riusciti a prevalere – dopo mesi e mesi di lotta - sugli interessi della “lobby del pollo”, grazie ad una straordinaria mobilitazione popolare ed alla collaborazione tra Verdi, Wwf, Greenpeace e Comitato cittadino di Pievesestina. Questi progetti di incenerimento sfruttano interpretazioni distorte delle normative, considerando furbescamente la lettiera di broilers come fonte alternativa di energia, beneficiando i produttori di energia elettrica che la utilizzano come combustibile di ingenti contributi pubblici, i cosiddetti “certificati verdi” Cip 6. Quanto basta per ammortizzare gli investimenti in poco tempo e per pagare la pollina agli allevatori che, se prima dovevano smaltire le deiezioni a loro spese, ora divengono produttori di un “prezioso” combustibile. Il tutto a carico della collettività, che deve sopportare il peggioramento della qualità dell’aria e l’onere di tariffe Enel più alte. Per avallare questo tipo di inceneritore, anche per il progetto di Santa Sofia, occorre creare una falsa emergenza ambientale della pollina. L’ emergenza “pollina” è una gigantesca mistificazione. Semmai sono i reflui suinicoli, i liquami provenienti dagli allevamenti delle galline ovaiole, i concimi chimici, che, se non utilizzati correttamente, danno origine a ingenti e preoccupanti inquinamenti ambientali, soprattutto alle acque, superficiali e profonde. Infatti, a differenza dei liquami suinicoli, dei fertilizzanti chimici e della pollina “da ovaiole” (molto liquida e perciò non utilizzabile come combustibile), la lettiera dei polli da carne – i cosiddetti broilers, se distribuita uniformemente e su terreni adatti, non causa inquinamento e può rigenerare i suoli, oggi estremamente poveri di sostanza organica, della campagna forlivese e cesenate. Il problema derivante dalla pollina da lettiera di polli da carne sta nel fatto che la stessa viene spesso impiegata e sparsa fresca soprattutto per le colture biologiche degli ortaggi, causando essenzialmente cattivi odori. Punto. Meglio se fosse opportunamente compostata in piccoli impianti adiacenti agli allevamenti: la pollina si trasformerebbe in ottimo in ammendante di qualità, utilizzabile per lo colture biologiche. Invece con la distruzione della pollina tramite incenerimento, l’azoto in essa contenuto, indispensabile per la vita vegetale, si disperde in atmosfera. In mancanza di fertilizzanti organici gli agricoltori romagnoli devono ricorrere (ancor più di quanto già fanno) ai concimi minerali azotati. Si assisterebbe così al caso paradossale della combustione di una risorsa e del conseguente ulteriore dispendio di energia fossile necessario all’ industria chimica per produrre quei fertilizzanti già responsabili della desertificazione delle campagne, della presenza di nitrati in falda e dell’ eutrofizzazione dell’Adriatico. Curiosamente, il quantitativo annuale d’ energia elettrica necessario per produrre l’ azoto di sintesi supplementare supererebbe di gran lunga quello prodotto dalla centrale. Inoltre il camino dell’impianto emetterebbe in atmosfera tonnellate di inquinanti gassosi e particolato che, in condizioni di inversione termica di ventilazione precaria, come quelle che caratterizzano la Pianura Padana, si concentrerebbero pericolosamente e ricadrebbero al suolo in un raggio di circa 20 km, con gravi effetti sanitari ed ambientali. La cenere, uscita dalla centrale, conterrà, in forma concentrata e non assimilabile dalle piante, fosforo e potassio. In definitiva pensiamo che sia errato e controproducente bruciare la pollina, in quanto significherebbe sottrarre fertilizzante azotato alle coltivazioni per produrre energia elettrica. Se si bruciasse tutta la lettiera prodotta negli allevamenti, non solo non si affronterebbe il problema vero dell’ inquinamento delle falde provocato dai liquami suinicoli, ma si obbligherebbe gli agricoltori a fertilizzare i terreni con concimi chimici, utilizzando azoto di sintesi per produrre il quale si dovrà impiegare tanta energia elettrica e ingenti quantità di idrocarburi. La pollina non è un rifiuto inutile di cui liberarsi bruciandolo, ma una sostanza preziosa per la terra impoverita e sfibrata dall’abuso di sostanze chimiche e dalle colture intensive. Il ricorso ad impianti di compostaggio tecnologicamente avanzati è una buona proposta; occorre soprattutto stimolare gli amministratori e i cittadini ad una concreta politica di riduzione del consumo di carne e di riduzione del numero dei capi di animali all’interno degli allevamenti industriali. La battaglia che gli ambientalisti hanno avviato 10 anni fa a Cesena deve continuare e completarsi. Se sono valide e argomentate le nostre motivazioni per le quali sono state accantonate le trattative con la lobby degli allevatori per impianti a Cesena e a Sogliano al Rubicone, le stesse devono valere per la Valle del Bidente, per Santa Sofia, per l’intera Emilia-romagna, per l’Italia intera. Www. Verdicesena. It .  
   
 

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