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Notiziario Marketpress di Martedì 27 Maggio 2008
 
   
  LA PIANIFICAZIONE URBANISTICA SOCIALMENTE SOSTENIBILE PRIMO MATTONE PER LA SICUREZZA NELLE AREE RESIDENZIALI A RIVA DEL GARDA IL CONVEGNO DI ITEA SPA E PROVINCIA SULLA VIVIBILITÀ NELL’EDILIZIA PUBBLICA

 
   
  Trento, 23 maggio 2008 – “Convivere bene nelle case popolari è possibile. La civile convivenza negli insediamenti residenziali pubblici è un valore per il quale tutti, Itea, Enti Locali, Provincia, devono lavorare in sinergia. Le esperienze positive sono molte, anche in Trentino, ma resta un imperativo forte da affrontare: l’integrazione degli immigrati stranieri”. Marta Dalmaso, assessore provinciale alle politiche sociali, ha concluso così, il 23 maggio a Riva del Garda, il convegno “Vivibilità e sicurezza nell’edilizia residenziale pubblica” promosso da Itea Spa e Provincia. Un tema, quello della sicurezza nelle aree abitative urbane, che solo l’enfatizzazione mediatica e politica di questi ultimi mesi fa credere si tratti di un tema “attuale”, di cui si parla perché vi è “un’emergenza”, mentre invece si tratta, come si è scoperto al convegno di oggi, di un tema da sempre presente nelle politiche abitative pubbliche. Non solo in Trentino, anche nel resto d’Italia e in Europa. La novità, semmai, è data dalla necessità di adattare quelle politiche ai profondi cambiamenti demografici e sociali intervenuti in questi anni, compresa la presenza degli immigrati stranieri, che hanno determinato l’urgenza di affrontare la “questione sicurezza” con nuovi strumenti, chiamando a raccolta urbanisti, architetti, psicologi, decisori politici, enti locali, servizi sociali e culturali. Al convegno di Riva del Garda, che ha ospitato in contemporanea anche la riunione del direttivo nazionale di Federcasa, molti erano i rappresentanti e responsabili degli enti e aziende italiane di edilizia pubblica residenziale, curiosi di apprendere “buone pratiche” e indicazioni utili ad affrontare un tema che riguarda tutti i territori, anche quelli, come il Trentino, dove la vivibilità degli insediamenti abitativi non è connotata dall’emergenza. Un convegno per ragionare a mente fredda, per riflettere sul perché e soprattutto sul come agire, sulle azioni da promuovere e sviluppare. Azioni come quelle, ad esempio, messe in campo dalla Provincia autonoma di Trento con le Linee di indirizzo e coordinamento agli enti locali concernenti la politica provinciale della casa nel settore dell’edilizia abitativa pubblica, recentemente approvate dalla Giunta provinciale ed alle quali molti, tra i partecipanti e relatori al convegno, hanno guardato come ad una “buona pratica” alla quale fare riferimento. Gli spunti, in questa direzione, non sono davvero mancati. Il primo lo ha dato la stessa presidente di Itea Spa, Elena Robecchi Defant, illustrando le attività dell’Istituto trentino di edilizia abitativa a favore dei comportamenti e bisogni sociali, definendo la sicurezza come una “sintesi della qualità urbana, architettonica e sociale” e da un concetto di casa quale “cellula di relazioni per umanizzare lo spazio urbano”. Tutti gli interventi al convegno hanno ruotato attorno a questi riferimenti. Esiste infatti una stretta connessione tra abitazione, quartiere, città, territorio. Ogni intervento deve essere pensato in un’ottica sinergica ed integrata, considerando e pianificando per quanto possibile gli effetti sugli altri ambiti in termini urbanistici, sociali, sanitari ed ambientali. Attraverso il regolamento delle affittanze, l’attività ispettiva (quasi 800 nel corso del 2007 gli interventi degli ispettori Itea per problematiche riconducibili a conflitti sociali), azioni di mediazione e controllo, accordi con i Servizi sanitari ma anche con la Guardia di Finanza e progetti innovativi quali ad esempio la coresidenza, Itea è riuscita a far scendere in dieci anni da quasi 400 a 70 le segnalazioni degli inquilini. Tutto ciò, naturalmente, non basta. Per vivere bene nelle “case popolari” occorre innanzitutto che queste siano progettate e costruite in modo “socialmente sostenibile”. Cosa significa? Che devono sì essere confortevoli, con alloggi di spazio adeguato, dotate di sistemi tecnologici tali da garantire il risparmio energetico, ma soprattutto che siano costruite non come “casermoni” anonimi e separati dal contesto urbano di riferimento, che siano accompagnate dalla presenza di servizi comunitari e di aggregazione, da parchi e giardini, attraversate da strade e collegamenti che non siano semplici canali di traffico, dove sia facile orientarsi, che garantiscano il senso di appartenenza degli abitanti e che siano capaci di stimolare una nuova responsabilità individuale e collettiva nei confronti dei luoghi. Un dato, dunque, è emerso chiaro: la prevenzione del crimine e la produzione di condizioni di sicurezza per i cittadini deve entrare nel bagaglio tecnico-culturale di chi pianifica e progetta i nuovi insediamenti abitativi pubblici. Assieme alla consapevolezza che compito dei sistemi di welfare è oggi quello di assolvere una funzione equilibratrice di tutela sociale per le categorie più deboli, che sono le prime a chiedere maggiore sicurezza nei luoghi in cui vivono. .  
   
 

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