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Notiziario Marketpress di Lunedì 04 Settembre 2006
 
   
  GIOVANI, DONNE, LAUREATE, DEL CENTRO-SUD. IL PROFILO DEI LAVORATORI ATIPICI IN ITALIA

 
   
  Roma, 4 settembre 2006 - Chi sono i lavoratori atipici in Italia? L’unico elemento di omogeneità che l’universo presenta è la tendenziale giovane età: il 57% dei lavoratori a termine o con contratti di collaborazione, a progetto od occasionali, ha infatti meno di 35 anni. Vi è una maggiore incidenza tra le donne, pari al 14,7%, piuttosto che tra gli uomini, dell’8,7%; e tra quanti posseggono livelli di istruzione più elevati: 14,1% tra i laureati, 11% tra i possessori di un diploma superiore, con una particolare incidenza del lavoro a progetto od occasionale proprio nei segmenti di istruzione più alti. A livello territoriale, è il centro-sud a detenere il primato: la percentuale di atipici si attesta rispettivamente all’11,5% e al 13,9%, contro l’8,8% del nord ovest e il 9,9% del nord est; a causa non solo della maggiore debolezza strutturale del tessuto produttivo, ma anche della sua specifica vocazione delle due aree contigue, più terziaria nel centro, più agricola nel meridione. Guardando ai profili professionali dei lavoratori atipici è evidente la trasversalità con cui il fenomeno si presenta. Da un lato il lavoro atipico incide sull’universo delle professioni non qualificate, dove si contano 22,4 atipici ogni 100 occupati. Dall’altro, all’opposto, l’atipicità dei contratti tende ad addensarsi nei gradini più alti della piramide professionale: il 10,5% nelle professioni intellettuali, il 18,4% in quelle tecniche intermedie e il 13,3% in quelle esecutive amministrative. Per i lavoratori a progetto, tale tendenza è ancora più accentuata: sono infatti concentrati in maggioranza nelle professioni tecniche intermedie (33%) e intellettuali (18,3%), e poco o nulla presenti tra quelle non qualificate (6,2%). Anche sul piano dei settori economici lo scenario appare estremamente articolato, con settori che, pur piccoli sotto il profilo della rilevanza numerica hanno una significativa concentrazione di lavoro atipico. Come alcuni segmenti del terziario – attività ricreative, culturali sportive, e ricerca e sviluppo - dove il tasso di atipicità supera la soglia del 25%. O il comparto dell’istruzione, con il 20,2% di atipici, in prevalenza con contratti a tempo determinato, che negli ultimi anni si è sempre più orientato verso una logica di temporaneità degli incarichi (si pensi alle docenze universitarie), e delle attività di organizzazioni associative (sindacati, circoli, associazioni di vario tipo), dove la presenza di atipici è del 18,3%), di noleggio (14,9%), di servizio alle imprese (13,1%); o infine l’industria, che con un tasso di atipicità dell’8% incide per il 22,4% in tale universo e la pubblica amministrazione che conta, tra lavoratori a tempo determinato (8%) e collaboratori (1,4%) quasi 10 atipici su 100. Questo profilo deriva da un’elaborazione del Censis sui dati delle statistiche ufficiali del lavoro (Istat), con l’obiettivo di realizzare in autunno un progetto di ricerca più approfondito, volto ad accompagnare le future politiche del lavoro. .  
   
 

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