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Notiziario Marketpress di Martedì 05 Settembre 2006
 
   
  GOYA E LA TRADIZIONE ITALIANA FONDAZIONE MAGNANI ROCCA PARMA - MAMIANO DI TRAVERSETOLO 9 SETTEMBRE – 3 DICEMBRE 2006

 
   
  Parma, 5 settembre 2006 - Una mostra che è anche un risarcimento postumo a un genio venticinquenne, allora non del tutto compreso. Quando, infatti, nel 1771 Francisco Goya partecipò al celebre concorso di pittura dell’Accademia di Parma, ottenne solo un onorevole secondo posto, alle spalle di un certo Paolo Borroni, preferitogli da una giuria che pure godeva di un eccellente prestigio e che già in precedenza si era dimostrata aperta al nuovo. Annibale vincitore, che rimira per la prima volta dalle Alpi l’Italia e Il genio della guerra guida Annibale attraverso le Alpi, ovvero i dipinti di Goya e di Borroni, saranno nuovamente a confronto, dal 9 settembre al 3 dicembre, a Mamiano di Traversetolo, ai piedi delle colline parmensi, ad aprire la grande mostra “Goya e la tradizione italiana” proposta dalla Fondazione Magnani Rocca nella meravigliosa casa-museo che fu di Luigi Magnani. L’esposizione, curata da Fred Licht e da Simona Tosini Pizzetti, vuole documentare e analizzare le circostanze che legano Francisco de Goya y Lucientes (1746 – 1828) all’Italia e in particolare a Parma. Qui non solo Goya ottenne il suo primo, anche se parziale, riconoscimento pubblico, ma da questa corte venne Maria Luisa, moglie del principe ereditario di Spagna, destinata a pesare non poco sulle scelte artistiche di quel Paese. La sorte ha poi voluto che proprio alla Fondazione Magnani Rocca si conservi il capolavoro La famiglia dell’Infante don Luis, opera chiave della ritrattistica di Goya. Nella prima delle 4 sezioni, la mostra si sofferma appunto sul rapporto tra Goya e Parma presentando le opere vincitrici del concorso del 1771 ma anche dell’anno precedente e seguente, rispettivamente di Antoine Gibelin-esprit e Pierre Duhallas, a conferma sia del prestigio del Premio assegnato dall’Accademia parmense sia dell’apertura che gli accademici dimostrarono verso le proposte di superamento della tradizione tardo-barocca allora in auge. Chiudono la prima sezione due affascinanti ritratti di Raphael Mengs raffiguranti Maria Luisa di Parma e il marito Carlos di Borbone destinato a diventare Re di Spagna col nome di Carlos Iv. La seconda e terza sezione rappresentano il fulcro della mostra. Consentono di raffrontare la tradizione italiana del ritratto con l’interpretazione che dello stesso tema offre Francisco Goya che pure da questa tradizione risultò non poco influenzato. Anche se l’artista aragonese è considerato una delle figure più personali, indipendenti e significative dell’arte spagnola, è riconosciuta l’influenza che la pittura barocca e classicistica italiana, soprattutto di area veneta e napoletana, ha esercitato sulle sue opere, sia a effetto del viaggio in Italia, durante il quale Goya assorbe principalmente la cultura ritrattistica di ambito romano, che pure della conoscenza di artisti italiani che lavorarono per la corte madrilena, come Giambattista Tiepolo e il figlio Gian Domenico e il napoletano Corrado Giaquinto. Nella seconda sezione una ampia sequenza di opere di Giaquinto, Traversi, Baldrighi, Mengs, Kauffman, Batoni, Bonito, Benefial, Ghezzi documenta i livelli raggiunti dal “Ritratto italiano singolo e di gruppo al tempo di Goya”, La “risposta” di Goya a questi modelli, così come a quello francese, allora imperante in Spagna, viene proposta nella terza sezione della mostra, interamente riservata a “La ritrattistica di Goya”. Qui, a raggiungere La famiglia dell’infante don Luis, patrimonio della Magnani Rocca, sono capolavori concessi dal Prado di Madrid e da altre raccolte spagnole, dalla National Gallery di Washington, da Palazzo Barberini di Roma, dagli Uffizi di Firenze, dalla Galleria Nazionale di Parma. Le opere di Goya esposte sono tutte celeberrime, basti citare La famiglia dei duchi di Osuna, La Marchesa di Pontejos, Maria Teresa di Borbone e Vallabriga contessa di Chinchòn, La regina Maria Luisa. Sono capolavori che dimostrano come Goya, pur nella fissità della posa richiesta dall’ufficialità dei ritratti, sappia inserire livelli persino inquietanti di penetrazione psicologica dei personaggi. Infine, con la collaborazione della Galleria Mistrali di Parma, una sezione dedicata alla grafica propone il confronto dei lavori di Giambattista e Gian Domenico Tiepolo, di Pier Leone Ghezzi e di altri disegnatori italiani coi celebri Caprichos di Goya, presentati qui integralmente: a documentare l’enorme salto in avanti nel tempo e nella stessa concezione del racconto pittorico segnato da Goya, da un’epoca che stava tramontando al sorgere di un mondo nuovo. .  
   
 

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