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Notiziario Marketpress di Martedì 03 Febbraio 2009
 
   
  ALPINISTI: REGISTRATO IL LIVELLO DI OSSIGENO NEL SANGUE PIÙ BASSO IN ASSOLUTO

 
   
  Bruxelles, 3 febbraio 2009 - Per la prima volta è stato possibile misurare i livelli di ossigeno nel sangue degli scalatori in prossimità della vetta del Monte Everest. L´operazione è stata portata a termine da una spedizione guidata da medici dell´University College di Londra, in Gran Bretagna, e i risultati sono stati recentemente pubblicati nella rivista New England Journal of Medicine. Il solo nome del Monte Everest evoca un timore riverenziale e gli alpinisti prenotano con anni d´anticipo per avere il privilegio di raggiungerne la vetta. Un gruppo di medici dell´University College di Londra è ora riuscito a creare una base sui suoi pendii allo scopo di condurre ricerche scientifiche sugli effetti delle condizioni estreme che caratterizzano queste altitudini sull´organismo umano. I risultati saranno utili sia agli scalatori che alle persone affette da alcune patologie, tra le quali la sindrome da stress respiratorio acuto (Ards) o la metaemoglobinemia (nota anche come "Blue baby syndrome"). Il team del progetto Caudwell Xtreme Everest era costituito anche da medici con grande esperienza nell´alpinismo: i medici hanno raggiunto quota 8. 400 metri sopra il livello del mare e, una volta vicini alla vetta, hanno eseguito gli esami del sangue prelevato dalle arterie della gamba. I ricercatori, in pratica, sono riusciti a confermare quanto era da lungo tempo stato ipotizzato: gli alpinisti d´alta quota presentano livelli di ossigeno nel sangue incredibilmente bassi che, ad altitudini pari al livello del mare, sono osservabili esclusivamente in pazienti prossimi alla morte. I componenti del team hanno affrontato la salita indossando maschere per l´ossigeno che hanno tolto venti minuti prima di eseguire l´esame, in modo che i polmoni si abituassero all´atmosfera particolarmente povera d´ossigeno. Le temperature che raggiungevano i -25°C, insieme ai venti che soffiavano attorno ai 20 nodi, hanno reso impossibile condurre l´esperimento in vetta e il team è stato costretto (come misura precauzionale) a scendere ad un´altitudine inferiore, comunque vicina alla vetta. Una volta raggiunta la nuova destinazione, i medici si sono tolti i guanti, hanno aperto la parte inferiore della propria tuta e hanno prelevato il sangue dall´arteria femorale dell´inguine. Il sangue prelevato da quattro membri del team è poi stato trasportato a una quota inferiore ed analizzato entro due ore dal prelievo in un laboratorio scientifico costruito nel campo base a quota 6. 400 metri. Nell´uomo il livello di ossigeno nelle arterie presenta in media un valore compreso tra i 12 e i 14 chilopascal, mentre i pazienti che presentano un valore pari a 8 chilopascal sono considerati pazienti in condizioni critiche. I campioni prelevati dal team presentavano livelli medi pari a 3,28 chilopascal, con il valore più basso pari a 2,55 chilopascal. Gli scienziati ritengono che i bassi livelli di ossigeno rilevati (considerevolmente inferiori alle aspettative) possano essere in parte causati dall´accumulo di fluido nei polmoni dovuto all´altidunine elevata. La spedizione è stata guidata dal dott. Mike Grocott, professore di medicina di terapia intensiva, che ha commentato: "L´osservazione di individui sani ad altitudini elevate caratterizzate da scarsità di ossigeno, è utile per apprendere quali variazioni fisiologiche possono migliorare la terapia nei reparti ospedalieri, considerato che i livelli di ossigeno bassi costituiscono un problema molto diffuso in terapia intensiva. Questi livelli di ossigeno straordinariamente bassi rilevati negli alpinisti di alta quota, possono indurre i medici che si occupano di patologie gravi a riconsiderare gli obiettivi delle cure a cui vengono sottoposti i pazienti che hanno superato una malattia e che potrebbero essersi adeguati ai bassi livelli di ossigeno nel loro sangue. " È tuttavia necessario essere prudenti nell´interpretazione dei risultati dello studio. Il dott. Grocott afferma: "I risultati ottenuti saranno oggetto di un´attenta analisi prima di trovare applicazione nella pratica clinica". "Speriamo che questa ricerca possa alla fine condurre allo sviluppo di migliori cure per i pazienti affetti da sindrome respiratoria acuta, fibrosi cistica, enfisema, shock settico, metaemoglobinemia e altre patologie gravi. " Per ulteriori informazioni, visitare: Team di Caudwell Xtreme Everest: http://www. Xtreme-everest. Co. Uk New England Journal of Medicine (Nejm): http://content. Nejm. Org/ .  
   
 

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