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Notiziario Marketpress di Giovedì 02 Aprile 2009
 
   
  VERSO LE ELEZIONI EUROPEE: DIAMO VOCE AI CITTADINI EUROPEI DIECI EX CAPI DI STATO E DI GOVERNO FIRMANO L’APPELLO DELLO IAI E DI ALTRI CENTRI STUDI EUROPEI PER RAFFORZARE LA DEMOCRAZIA IN EUROPA.

 
   
   Bruxelles, 2 aprile 2009 - Per uscire dall’impasse l’Europa ha bisogno di più democrazia. Di un’autentica democrazia rappresentativa su scala continentale che tragga la sua linfa vitale da robusti partiti transnazionali e da un uso pieno e incisivo dei poteri del Parlamento europeo (Pe). Sta qui il nocciolo politico dell’Appello lanciato dallo Iai insieme ad altri quattro centri studio europei – il Centro Studi per il Federalismo, The Federal Trust, l’Institut für Europäische Politik e Notre Europe - e sottoscritto da eminenti personalità della politica europea – Carlo Azeglio Ciampi, Jerzy Buzek, Jean-luc Dehaene, Jacques Delors, Wim Kok, Paavo Tapio Lipponen, Péter Medgyessy, Màrio Soares, Peter Sutherland e Guy Verhofstadt - in vista delle elezioni del Pe del prossimo giugno. L’appello, redatto da Tommaso Padoa-schioppa, scaturisce da uno studio dei cinque istituti su Democracy in the Eu and the Role of the European Parliament Uno spazio pubblico europeo - Al progressivo ampliamento delle competenze dell’Unione che si è registrato negli ultimi anni non ha fatto riscontro un parallelo rafforzamento degli strumenti di controllo e di partecipazione democratica. Ma come colmare questo divario, che è una delle ragioni principali dello stallo del processo di riforma dell’Ue? La risposta al cosiddetto deficit democratico non può risiedere in ripiegamenti nazionalistici, nel ritorno a sempre più impotenti sovranità nazionali. Anche dai sondaggi non risulta che è quello che vogliono i cittadini europei. Che anzi chiedono che in certi settori, come l’immigrazione, l’energia e la politica estera, l’Ue rafforzi la sua capacità di azione. Il deficit democratico va affrontato invece – è questa una delle tesi centrali dello studio – con un progressivo ampliamento e strutturazione dello spazio pubblico paneuropeo. Servono dunque strumenti più forti e incisivi, che siano davvero in grado di aprire spazi crescenti di dibattito pubblico sulle questioni europee. L’anello mancante della democrazia europea - Secondo lo studio dei cinque istituti, questi strumenti non possono che essere i partiti politici europei, che oggi sono invece attori del tutto marginali sulla scena politica del continente. Sono loro, i partiti politici transnazionali, il principale anello mancante della democrazia europea. Si tratta innanzitutto di rafforzare la base legale dei partiti politici europei per permettergli, fra l’altro, di agire in modo diretto nelle campagne elettorali per il rinnovo del Pe. È una prospettiva che piace poco non solo ai governi, ma agli stessi dirigenti dei partiti nazionali, poiché ne rimetterebbe in discussione le posizioni acquisite. Tuttavia, in Italia come altrove, alcuni politici e gruppi si sono mostrati più consapevoli di altri dell’importanza di ampliare gli spazi di azione politica a livello europeo. La partita è dunque aperta e iniziative come quella dello studio dei cinque istituti possono in realtà trovare un’eco non trascurabile in vari ambienti politici. Le prossime elezioni europee - Ma intanto, come fare delle elezioni europee un appuntamento di cui i cittadini avvertano l’importanza per la concreta definizione e attuazione delle politiche dell’Unione? Lo studio avanza varie proposte, ma una in particolare, se attuata, potrebbe avere effetti di ampia portata: che i partiti politici o le coalizioni transnazionali nominino propri candidati per la presidenza della Commissione Europea , sottoponendoli al giudizio dei cittadini durante le elezioni per il rinnovo del Pe. È una proposta non solo perfettamente attuabile a trattati vigenti, ma in linea con quanto questi ultimi stabiliscono. Con il Trattato di Lisbona, poi, il ruolo del Pe nella procedura di nomina del presidente della Commissione verrebbe ulteriormente rafforzato e i Capi di Stato e di Governo dovrebbero “tener conto delle elezioni europee” quando scelgono i candidati da sottoporre al Pe. Ma la Commissione non rischierebbe così di “politicizzarsi”? In realtà, come si è visto, è lo stesso Trattato di Lisbona che spinge in questa direzione. Ma in concreto la Commissione, assumendo un profilo più politico, non potrebbe perdere parte del suo potere, quello che le deriva dalla sua natura “tecnica”? Anche ammesso che si possa fare una così netta distinzione tra funzione tecnica e politica della Commissione, la realtà è che il ruolo della Commissione sta da tempo subendo una progressiva erosione. Un legame più forte con il Pe potrebbe semmai contribuire a invertire questo processo. In definitiva, sta qui il punto di forza dello studio dei cinque istituti: quello di prefigurare un circuito virtuoso che, a partire da una trasformazione in senso più europeo delle elezioni del Pe, dia più forza alle istituzioni dell’Unione e, ciò che più conta, alla loro capacità di realizzare politiche nell’interesse dei cittadini. .  
   
 

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