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2003 anno 6°  

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3  DICEMBRE 2003

pagina 1

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FORUM MONDIALE DELL’ONU SULLA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE STANCA: “NON SPETTA AI GOVERNI GESTIRE E CONTROLLARE INTERNET LA RETE UNA OPPORTUNITÀ DI CRESCITA PER IL SUD DEL MONDO”

Roma, 2 dicembre 2003 - Il governo di Internet, i diritti umani e la riduzione del divario digitale per la crescita economica e sociale dei Paesi in Via di Sviluppo. Questi i punti centrali dell’intervento che Lucio Stanca, ministro per l’Innovazione le Tecnologie, ha tenuto oggi di fronte alle Commissioni Trasporti, Cultura ed Esteri della Camera dei Deputati riunite in seduta comune e, subito dopo, alla Commissione Affari Costituzionali del Senato per presentare il “Summit mondiale delle Nazioni Unite sulla Società dell’Informazione”, che si terrà a Ginevra dal 10 al 12 dicembre prossimo. In particolare il Vertice, che vedrà la partecipazione di oltre 150 Paesi e di più di 6 mila delegati ed una sessantina di Capi di Stato o di Governo, dovrà stabilire principi e modalità per realizzare una Società dell’Informazione aperta a tutti. Tra le questioni ancora aperte il governo di Internet, vale a dire la ricerca di quale sia a livello mondiale il soggetto più appropriato per la gestione internazionale della Rete. “Al momento”, ha detto Stanca, “si contrappongono due visioni: la prima, che vorrebbe il ruolo dei governi limitato alle sole politiche pubbliche per la tutela degli interessi collettivi, lasciando al mercato l’orientamento delle risorse, e l’altra che punta ad una regolamentazione più stringente e centralizzata”. Ribadendo la posizione italiana e dell’Unione Europea Stanca ha sottolineato a tale proposito che “se è giusto che i Governi siano coinvolti per questioni che riguardano l’interesse pubblico tuttavia non spetta ai Governi gestire e controllare Internet”. Altro punto nodale della tre giorni di discussione sarà la riaffermazione dei diritti umani come il diritto allo sviluppo e la libertà di espressione, gia sanciti dalle Nazioni Unite come fondamenta della Società dell’Informazione: “Al momento le posizioni sembrano discordanti”, ha precisato Stanca, “visto l’atteggiamento di alcuni Paesi che ancora cercano di proporre formulazioni restrittive che mettono in pericolo quei principi di libertà, espressione e comunicazione che sono alla base della nascita e dello sviluppo di Internet. La posizione dell’Ue tuttavia è chiara, visto che su questi principi per noi non è possibile trattare”, ha concluso il Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie. Infine, sulle opportunità che nascono dalle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (Ict) per la crescita sociale ed economica dei Paesi in Via di Sviluppo, il ministro Stanca, ricordando il ruolo centrale del nostro Paese, ha detto che “l’iniziativa italiana nell’ambito delle attività internazionali sulla Società dell’Informazione ha portato il Comitato Preparatorio del Vertice ad adottare diversi emendamenti che riaffermino il ruolo che le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione possono e devono avere come acceleratore di sviluppo e crescita economica, cioè come strumento principe per il buon governo e la trasparenza nelle Pubbliche Amministrazioni”. Per questo, ha detto Stanca, i Paesi lavoreranno insieme per trovare le azioni e le politiche per realizzare l’ambiente fertile a cogliere pienamente i benefici della Società dell’Informazione, “un ambiente - ha sottolineato il ministro - dove sia facilitato il passaggio da un ‘divario digitale’ ad una ‘opportunità digitale’”. “La nostra intenzione - ha concluso Stanca - è pervenire ad una ‘visione condivisa’ in modo che tutti i Paesi, sviluppati e non, possano trarre il massimo vantaggio dalla diffusione delle tecnologie digitali”.

PHILIPPE BUSQUIN, COMMISSARIO EUROPEO INCARICATO DELLA RICERCA A MANUFUTURE 2003
Milano, 3 Dicembre 2003 – Di seguito il discorso pronunciato da: Philippe Busquin, Commissario europeo incaricato della Ricerca alla chiusura della Conferenza Manufuture 2003 : Signor Ministro, Signor Presidente, Signore e Signori, Siamo alla fine di una giornata e mezzo di riflessione sul futuro della fabbricazione in Europa e sul ruolo che le azioni di ricerca europea possono giocare. Vorrei innanzitutto ringraziare il Vice Ministro Possa e il Professor De Maio per l’eccellente iniziativa della presidenza italiana, il Dottor Squinzi e il Presidente Formigoni per l’accoglienza a Milano e l’insieme dei partecipanti per la pertinenza dei loro propositi e delle loro visioni. Al termine di queste giornate, vorrei far riemergere cinque punti a mio avviso essenziali : Primo, la necessità di rafforzare il ruolo dell’industria europea verso le sfide attuali in un contesto di globalizzazione; Secondo, in questo contesto, l’importanza di investire maggiormente nella ricerca. La competitività dell’industria europea é direttamente legata alla sua forza in ricerca e innovazione; Terzo, l’importanza dell’eccellenza scientifica e delle innovazioni radicali per garantire la messa in atto di nuovi paradigmi, più coerenti con l’evoluzione della nostra società; Quarto, la necessità di una ricerca europea competitiva a livello mondiale, tale da evitare la delocalizzazione della ricerca verso altre regioni con migliori prestazioni; E infine, il bisogno di un miglior contesto legislativo per l’innovazione industriale, dominio in cui le norme giocano un ruolo fondamentale …. Dove il finanziamento dell’innovazione e’ cruciale … dove la politica industriale a livello europeo diventa un elemento chiave! Riprendiamo questi cinque punti : Innanzi tutto, far evolvere l’industria europea rispetto alle sfide attuali sviluppando delle azioni a lungo termine. A tal fine, e’ necessaria una visione; un’agenda strategica. Per questo, dobbiamo mobilitare tutte le parti in gioco. E’ in questo spirito che ho lanciato il concetto di Piattaforma Tecnologica Europea e sono contento di vedere che l’industria manifatturiera ne é molto interessata. Queste piattaforme mirano ad integrare “strategia, ricerca e innovazione a lungo termine”. L’europa ha bisogno di tali iniziative e penso che una tale iniziativa potrebbe anche dare un nuovo slancio al vostro settore. Non posso che incoraggiarvi a cooperare e agire insieme: … insieme, nel contesto di un’Europa allargata – saremo, tra qualche mese, 25 Stati Membri. … insieme nel contesto di un mondo dove gli attori sono sempre di più interdipendenti e dove la cooperazione internazionale é un fattore di successo più che un freno allo sviluppo. Sarebbe, pertanto, utile creare un Gruppo di riflessione ad alto livello, che riunisca l’insieme del settore manifatturiero, al fine di identificare meglio i bisogni tecnologici e le priorità di ricerca e di definire un’agenda strategica. Secondo, investire maggiormente nella ricerca: Sono persuaso che la risposta alle sfide della competitività sia in gran parte legata allo sviluppo della conoscenza: e’ l’ “atout” dell’Europa. La ricerca é una condizione per – e un supporto a – una politica industriale moderna. Come anche voi avete precisato stamattina, la ricerca è indispensabile per una vera rinascita dell’industria manifatturiera. … non soltanto in supporto allo sviluppo di nuovi prodotti e nuovi mercati, … ma anche perché i prodotti e processi esistenti sono in costante evoluzione e soltanto la qualità dell’innovazione permetterà all’Europa di restare in prima linea. Alcuni sforzi notevoli sono stati realizzati: così, quando si parla della Legge di Moore in informatica, sappiamo che questi progressi sono dovuti all’innovazione continua nel dominio delle macchine industriali? Negli ultimi dieci anni, le prestazioni dinamiche delle macchine utensili sono aumentate di un fattore 10. Tutto questo è dovuto ad un forte investimento in ricerca. Alcuni settori manifatturieri, come quello della macchina utensile, investono il 10% delle loro cifre d’affari in R&s. Non posso che rallegrarmi e constatare che questo corrisponde all’appello che ho lanciato al Consiglio di Barcellona. Gli sforzi di investimento in ricerca devono aumentare dall’attuale 1,9% al 3,0% del Pil europeo. Per me, è l’unico modo di affrontare le sfide che lo sviluppo della ‘ società della conoscenza ’ ci pone. Ma questo obiettivo non potrà essere realizzato se non con una crescita dello sforzo dell’insieme dei settori, che permetta all’industria tradizionale di evolvere verso un’industria ad alto valore aggiunto. Terzo elemento della competitività europea : l’ ‘eccellenza scientifica ’ Devo ricordare che, se non ci fossero in Europa delle università e dei ricercatori di estrema qualità nel campo delle tecnologie di produzione, i progressi di questi ultimi anni non sarebbero stati possibili. Ma tutto questo esige anche degli investimenti in risorse umane continui e crescenti! Nel quadro del Piano d’Azione 3%, ho espresso come obiettivo che nel 2010 l’Europa arrivi ad avere otto ricercatori su mille posti di lavoro. Oggi siamo al 5,6 rispetto ad 8 negli Stati Uniti e 9 in Giappone. Possiamo raggiungere questo obiettivo solo se le università e le industrie coopereranno in modo efficace. L’innovazione richiede oggi degli approcci multidisciplinari che integrino meglio le competenze e questo in campi talmente vari come quelli dell’ingegneria, della scienza dei materiali, delle nanotecnologie, dell’informatica, delle scienze cognitive, dell’ambiente o della sicurezza. Integrazione, dunque, anche tra l’industria e i centri di ricerca e le università : questo elemento e’ primordiale per il vostro settore. E’ necessaria una interazione costante tra i due. E questo e’ proprio lo scopo dei Progetti Integrati nel sesto Programma Quadro. Tuttavia gli industriali devono essere in grado di far realizzare in Europa questa ricerca di cui parlo…. E per questo c’é bisogno di una ricerca europea competitiva ! Il modo in cui la ricerca è condotta è cambiato: deve essere efficace, rapida ed economicamente molto competitiva! Altrimenti, i grandi gruppi non esiteranno a fare lavorare i gruppi di ricerca stranieri o, nel peggiore dei casi, a stabilirsi laddove sono situati i migliori poli d'eccellenza. La Strutturazione dello Spazio Europeo della Ricerca è un primo passo in avanti per una migliore competitività della ricerca europea. Ciò è giustificato dal fatto che l’attuale frammentazione degli sforzi di ricerca è un freno all'innovazione industriale europea. I programmi europei stimolano pertanto la messa in comune delle risorse, l'integrazione e la messa in rete delle competenze. Lo spazio europeo della ricerca offre anche possibilità ad azioni di più grande portata. I progetti integrati in particolare devono venire a sostegno dello sviluppo di piattaforme industriali. Quanto alle reti d'eccellenza, queste devono permettere, con la loro qualità scientifica, di riunire i migliori ricercatori europei ed attrarre i ricercatori del resto del mondo. Le azioni europee di ricerca e d'innovazione devono permettere alle imprese di qualsiasi dimensione di beneficiare efficacemente e rapidamente dei risultati della ricerca. Spero vivamente che il “metodo aperto di coordinamento” lanciato a livello europeo possa permettere di coordinarsi al meglio con le azioni nazionali e regionali, ed in particolare con l'iniziativa Eureka. Occorre dunque evolvere verso un'organizzazione competitiva della ricerca europea. Quinto elemento infine, il miglioramento del contesto legislativo per favorire l’innovazione. Occorre per ciò un'azione delle pubbliche autorità a due livelli, in altre parole aumentare il loro sostegno alla ricerca e stimolarne i relativi sforzi. Signore e signori, lo sappiamo tutti - e la signora Clément lo ha ricordato – il contesto europeo attuale, a livello legislativo, fiscale e finanziario è ancora lontano dall’essere il più adeguato a favorire l'innovazione. A livello europeo, la Commissione ha preso iniziative che dovrebbero favorire la competitività di questo settore. Penso in particolare: - alla proposta di direttiva riguardante le condizioni d’ingresso e di soggiorno dei ricercatori che provengono da paesi terzi: questa direttiva permetterà di attrarre in Europa i migliori ricercatori del mondo; - al progetto di regolamento che estende alle Pmi l'esenzione globale riguardo agli aiuti di stato nel settore della R&s. L'adozione è prevista per quest’anno, con entrata in vigore il 1° gennaio 2004. Questo regolamento semplificherà in gran misura l'attuazione degli aiuti di R&s; - al rafforzamento dei partenariati pubblici/privati. A tale scopo, io e il presidente della Bei, il dottor Maystadt, abbiamo firmato un accordo per una migliore cooperazione tra il finanziamento delle azioni di ricerca ed il finanziamento dell'innovazione; - al progetto di regolamento in grado di creare, ad un costo accessibile, un brevetto comunitario che garantisca la sicurezza giuridica. Infine, non dimentichiamo il contesto legislativo europeo che, lungi da bloccare l'innovazione, deve essere un fattore chiave della competitività europea e deve favorire maggiormente la diffusione di quei valori sociali che difendiamo. A questo punto, vorrei passare alla conclusione del mio intervento... Anche se, negli ultimi anni, centinaia di progetti hanno permesso di sviluppare innovazioni importanti, enormi sforzi devono essere ancora compiuti. Come fare ancora meglio per un futuro più favorevole? Si può prevedere un’agenda strategica a sostegno delle "nuove tecnologie di fabbricazione"? La competitività dei sistemi industriali e il sostegno ad uno sviluppo duraturo richiedono nuove metodologie. Ciò esige il rinnovo delle conoscenze, una più grande integrazione delle competenze, migliori capacità d'innovazione e soprattutto una visione del futuro! Questa conferenza sulla fabbricazione del futuro dovrebbe permettere con le sue ripercussioni di gettare i ponti per una “agenda strategica” legata alla ricerca ed all'istruzione in favore dell'industria manifatturiera europea. Sono felice di annunciare oggi il lancio di una consultazione molto ampia, della durata di tre mesi, sulla base del documento finale di questa conferenza. Questo permetterà di aumentare la diffusione dei vostri lavori e garantire una comunicazione più ampia possibile con i diversi attori interessati. In funzione dei vostri commenti e riflessioni, mi impegno a proporre un'azione adeguata per le tecnologie manifatturiere, sul modello del piano d'azione per le tecnologie ambientali ed in legame con le varie comunicazioni sulla “competitività industriale” e sull’ “approccio integrato”. Occorre, infatti, che i rappresentanti politici al più alto livello siano convinti: (a) dell'importanza di riunire, mettere in rete e far comunicare tra loro i ricercatori e gli industriali, in previsione di piattaforme per l'innovazione industriale, (b) della necessità di investire maggiormente nella ricerca, per migliorare il futuro dell'industria europea, e il contesto europeo per l'innovazione, (c) del bisogno di generare le tematiche dell’avvenire, che appassionino i ricercatori, gli industriali, i giovani e la società. Le nuove tecnologie di fabbricazione e le nanotecnologie sono due esempi tra questi: ci annunciano una promessa di una crescita rinnovata, di un ambiente più sano e di una migliore qualità della vita.”

OMC E AGRICOLTURA: LE CINQUE CONDIZIONI DI FISCHLER PER RILANCIARE I NEGOZIATI
Roma, 3 dicembre 2003 - Dopo aver partecipato alla conferenza della Fao a Roma e a vari incontri bilaterali e multilaterali, il commissario Ue all'agricoltura Franz Fischler si è espresso su un tono cautamente ottimistico a proposito dei negoziati agricoli in seno all'Omc. Intervenendo oggi ad una conferenza stampa a Roma, egli ha dichiarato: " La Commissione europea ha portato a termine la fase di riflessione post-Cancun. Abbiamo messo a punto una strategia globale per rilanciare i negoziati quando l'Omc si riunirà a Ginevra il 15 dicembre. L'impressione che ho avuto qui a Roma, è che tutti siano disposti a sedersi di nuovo al tavolo dei negoziati. Mi sembra anche che molti riconoscano che Cancun è stata un'occasione mancata, dalla quale non è uscito nessun vincitore ma solo perdenti, soprattutto i paesi in via di sviluppo. L'ue è senz'altro pronta a sobbarcarsi un onere più grande per rendere i mercati agricoli più aperti. Tuttavia, se non affrontiamo debitamente le complessità del sostegno all'agricoltura, se non ci opponiamo al protezionismo e alle barriere commerciali, non solo nei paesi industrializzati ma anche in quelli in via di sviluppo, se non offriamo un trattamento speciale ai paesi più poveri, non arriveremo ad un accordo equo con l'Omc". Il commissario Fischler ha sottolineato che, per riuscire, i negoziati agricoli dell'Omc devono superare le seguenti cinque prove: 1. Migliori condizioni per i paesi in via di sviluppo "Non a caso, questo ciclo di negoziati si chiama "Agenda per lo sviluppo". Noi appoggiamo questo obiettivo. Non vi è ombra di dubbio che l'Ue è pronta a sobbarcarsi un onere più grande per la liberalizzazione degli scambi di prodotti agricoli. Tutti i paesi economicamente avanzati devono permettere l'accesso in esenzione completa da dazi e contingenti alle esportazioni dei 49 paesi più poveri del mondo e concedere l'accesso a dazio zero ad almeno il 50% delle importazioni provenienti dai rimanenti paesi in via di sviluppo, economicamente più robusti", ha affermato Fischler. 2. Il gioco delle concessioni reciproche "Giocarsi il tutto per il tutto può essere una strategia valida per la finale della coppa dei campioni, ma non funziona in sede di negoziati Omc. I 146 paesi che si accingono a negoziare devono essere disposti a farsi delle concessioni reciproche. Quando il ciclo di Cancun è saltato in aria, i paesi in via di sviluppo, che si aspettavano per lo più di trarre qualche vantaggio dalla liberalizzazione degli scambi agricoli, hanno dovuto tornarsene a mani vuote, senza aver ottenuto né un miglioramento sostanziale dell'accesso ai mercati, né una sensibile riduzione degli aiuti agricoli che falsano la concorrenza, né l'abolizione di ogni forma di promozione delle esportazioni, né alcun trattamento favorevole per loro. In pratica, il G- 19 ha segnato un autogol. Nel corso di queste ultime settimane, l'Ue si è allontanata più volte dalla propria posizione iniziale, dando prova di notevole flessibilità. Abbiamo riformato la nostra politica agricola, abbiamo proposto di abolire le sovvenzioni all'esportazione per venire incontro agli interessi dei paesi in via di sviluppo, abbiamo mitigato la nostra politica in materia di indicazioni geografiche, ecc. Ma la flessibilità non può essere una strada a senso unico, o meglio, viste le esigenze del G-19, un'autostrada a senso unico! Finora, le loro pretese sono state enormi, ma le concessioni che sono disposti a fare sono veramente minime. Ora aspettiamo finalmente proposte serie da parte del G-19", ha sfidato Fischler. 3. Le riforme devono essere riconosciute e non penalizzate "L'ue ha compiuto grandi passi avanti. Fino a poco tempo fa, gli aiuti distorsivi della concorrenza predominavano nettamente nella nostra politica agraria. Questo è cambiato completamente, soprattutto in seguito alla riforma della politica agricola comune (Pac) del giugno 2003. Affinché la riforma della politica agricola sia riconosciuta anziché penalizzata, essa deve trovare riscontro nell'Agenda per lo sviluppo di Doha. Se il diverso impatto delle diverse politiche agricole sui mercati mondiali, sui prezzi e sui paesi in via di sviluppo non è preso in considerazione, a che serve fare delle riforme?" ha chiesto il commissario. 4. La sostanza deve prevalere sugli slogan "L'ue ha dovuto rispondere all'obiezione di fuoco: mentre la maggior parte dei poveri di questo mondo vive oggi con meno di un dollaro al giorno, la vacca europea beneficia di oltre il doppio di questo importo. Il fatto è che questo raffronto non solo è falso, ma non è affatto pertinente all'argomento che si vuole dimostrare. La polemica dei due dollari per vacca ignora completamente gli effetti che gli aiuti all'agricoltura concessi dai paesi sviluppati producono sui paesi in via di sviluppo e sugli scambi. Ciascun dollaro o euro versato a titolo di aiuto diretto nei paesi sviluppati non ha necessariamente lo stesso effetto sugli scambi; ciascun dollaro o euro di sostegno indiretto dei prezzi di mercato che influisce sugli scambi non proviene necessariamente dai paesi sviluppati", ha proseguito Fischler. 5. I ricchi non possono agire da soli "Il fatto che i paesi in via di sviluppo non abbiano tratto sufficienti vantaggi dalla liberalizzazione degli scambi non è da imputarsi unicamente alle politiche agricole dei paesi ricchi. Secondo la Banca mondiale, l'80% dei vantaggi provenienti dalla liberalizzazione sarebbe dovuto all'eliminazione degli ostacoli agli scambi tra gli stessi paesi poveri. In Europa, il dazio medio sui prodotti agricoli è di appena il 10%, mentre esso è pari al 30% in Brasile e al 60% nell'insieme dei paesi in via di sviluppo. Non sono dunque soltanto i paesi ricchi, ma anche i paesi in via di sviluppo che devono ridurre gli ostacoli agli scambi, nel loro stesso interesse! Dobbiamo poi badare particolarmente ai più poveri tra i paesi in via di sviluppo. Non tutti i paesi in via di sviluppo si trovano allo stesso livello. Il Burkina Faso non può competere con il Brasile, né il Mali con la Tailandia. I paesi in via di sviluppo più avanzati devono fare uno sforzo maggiore di quelli più deboli", ha concluso il commissario. Infolink: http://europa.Eu.int/comm/agriculture/external/wto/index_en.htm  

IL PRESIDENTE DELL'UFFICIO EUROPEO DEI BREVETTI (UEB) CHIEDE UN BREVETTO ACCESSIBILE, MA I MINISTRI NON RAGGIUNGONO UN ACCORDO
Bruxelles, 3 dicembre 2003 - Nel giorno stesso in cui il presidente dell'Ufficio europeo dei brevetti (Ueb) si è recato a Bruxelles per pronunciare un discorso dinnanzi al Parlamento europeo, il Consiglio "Competitività" dell'Ue non è riuscito a raggiungere un accordo sulle questioni che impediscono ancora l'attuazione del brevetto comunitario. Le difficoltà ruotano attorno alla determinazione del periodo entro il quale devono essere presentate le traduzioni di una rivendicazione di brevetto. Mentre alcuni Stati membri, fra cui Germania, Francia e Regno Unito, chiedono un periodo di tempo pari a due anni, altri vorrebbero ridurlo a sei mesi. La Presidenza italiana starebbe valutando la possibilità di sottoporre la questione al Consiglio europeo che si terrà questo mese. Nel discorso pronunciato il 27 novembre, il presidente dell'Ueb Ingo Kober è sembrato favorevole ad un periodo più lungo per la presentazione delle traduzioni, affermando che in questo modo sarebbe possibile riflettere attentamente prima di intraprendere l'oneroso processo di traduzione di una rivendicazione di brevetto. "Se concedessimo solo tre mesi [come alcuni hanno inizialmente auspicato], il richiedente sarebbe costretto ad effettuare le traduzioni e non avrebbe il tempo di valutare se confermare o meno il brevetto", ha affermato Kober. Kober si è detto deluso dalla decisione presa nel marzo 2003 dal Consiglio "Competitività", che obbliga i richiedenti a tradurre le rivendicazioni di brevetto in tutte le lingue ufficiali dell'Ue. Secondo le stime, ha affermato, i costi per la presentazione di una rivendicazione potrebbero essere dimezzati se le traduzioni venissero effettuate solo in tre lingue. A suo avviso, inoltre, è realistico attendersi che i ministri decidano di limitare a tre il numero di lingue utilizzate per le traduzioni "visto che tali paesi hanno sottoscritto il Protocollo di Londra". Tale protocollo, infatti, dispensa dall'obbligo di traduzione i paesi la cui lingua ufficiale sia l'inglese, il francese o il tedesco (le lingue ufficiali dell'Ueb) e gli altri paesi, nel caso in cui il brevetto sia stato concesso in una delle lingue ufficiali dell'Ueb, a scelta del paese stesso. Anche l'industria è scettica nei confronti del brevetto comunitario così come si presenta attualmente. "L'industria non sosterrà un sistema che non sia favorevole, soprattutto per le Pmi [piccole e medie imprese]", ha affermato Kober. "Questa è l'opinione dell'industria e anch'io sono d'accordo". Il Presidente dell'Ueb, tuttavia, non è critico nei confronti della Commissione. "Non biasimo la Commissione europea. Sta affrontando un momento difficile. Si è data un obiettivo molto difficile da raggiungere, tanto più che è sottoposta alla norma dell'unanimità", ha dichiarato Kober. Presente a Bruxelles per lanciare un forte appello a favore di un brevetto comunitario accessibile, semplice e affidabile, Kober ha voluto trasmettere un messaggio importante all'Europarlamento: "L'ufficio europeo dei brevetti intende sostenere l'innovazione e l'economia in Europa".

SEMESTRE UE: IL 5 E 6 DICEMBRE AD OSTIA CONFERENZA SULLA RIFORMA UE DELL’IMPOSTA SULLE SOCIETÀ
Roma, 3 dicembre 2003 - Il Mef comunica che, nell’ambito del Semestre di presidenza italiana del Consiglio dei Ministri della Ue, il 5 e 6 dicembre 2003 si terrà la Conferenza "Riforma Ue dell’imposta sulle società: progressi e nuove sfide", organizzata dal Ministero e dalla Commissione europea. Parteciperanno, tra gli altri, il Ministro, Giulio Tremonti, ed il Commissario Ue responsabile della fiscalità, Frits Bolkestein. L’incontro si svolgerà presso sede della Scuola di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, in via delle Fiamme Gialle 14- 16 a Ostia Lido, con inizio alle ore 14,00 di venerdì 5 dicembre ed alle ore 9,15 di sabato 6 dicembre. Obiettivo della Conferenza è valutare il progresso conseguito nel coordinamento dell’imposta societaria tra gli Stati membri. Nel corso dell’incontro sarà esaminato, in particolare, il ruolo sempre più importante delle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee nel settore della fiscalità delle imprese e le loro conseguenze sugli accordi contro le doppie imposizioni degli Stati membri. Sarà considerata, inoltre, la possibilità di introdurre regimi pilota, volti a sperimentare l’applicazione di determinate forme di base imponibile consolidata a livello Ue sulle piccole e medie imprese e sulla società europea. Infine, sarà presentata anche la comunicazione sulla tassazione delle società adottata dalla Commissione il 25 novembre scorso. Infolink: www.Finanze.gov.it

OSSERVATORIO ASSOFIN – CRIF – PROMETEIA - IL CREDITO AL CONSUMO IN ITALIA ACCELERA LA CRESCITA : + 15,8% AL 30 GIUGNO 2003
Milano, 3 dicembre 2003. La crisi dei consumi non rallenta la crescita del ricorso al credito al consumo da parte degli italiani: al 30 giugno del 2003 si registra infatti un tasso di crescita delle consistenze di credito al consumo nell’ordine del 15,8%, rispetto al 12,5% registrato alla stessa data dell’anno precedente. Questi i dati che emergono dall’Osservatorio sul Credito al Dettaglio, il rapporto Assofin - Crif - Prometeia giunto alla quindicesima edizione. La ricerca periodica, che costituisce un punto di riferimento di grande importanza sul mercato del credito al consumo e più in generale dei finanziamenti alle famiglie, fornisce ogni sei mesi un quadro su: · l’evoluzione dello scenario macroeconomico, · l’andamento congiunturale dei prestiti alle famiglie, per forma tecnica e per settori merceologici; · l’evoluzione della rischiosità, anche a livello territoriale e per singoli segmenti (durata, classi di importo dei contratti); · le proiezioni a medio termine dei consumi delle famiglie e della domanda di credito al consumo e di mutui fondiari (a livello sia nazionale che territoriale). Il credito al consumo come leva per la ripresa economica Le evidenze del rapporto, relative al primo semestre 2003, mostrano come il credito alle famiglie sia cresciuto a ritmi sostenuti e pari al 9% rispetto a giugno 2002. In particolare viene in evidenza come la componente di credito al consumo (in crescita del 15,8% ) sia determinante come sostegno dello sviluppo dei consumi totali reali, la cui crescita nel periodo è prossima al 2%. "Considerata la natura anticiclica del credito al dettaglio – sottolinea Umberto Filotto, Segretario Generale di Assofin - in questa fase di stagnazione della domanda è opportuno costruire un quadro regolamentare che favorisca e non ostacoli l'incontro tra domanda e offerta. In questa prospettiva sarebbero utili interventi sulla fiscalità, una definizione chiara e non punitiva del sistema della referenza creditizia (le cosiddette.E centrali rischi positive), l'alleggerimento di adempimenti ed oneri formali quando questi non contribuiscono all'informazione e alla protezione del consumatore". “Il credito al dettaglio in Italia ha ulteriori margini di crescita, se confrontato ad altri Paesi Europei (ad esempio Francia e Germania). Ne va allora alimentata la forza anche nel medio periodo, quale motore per la generazione di ricchezza per il Paese – aggiunge Silvia Ghielmetti, Direttore di Crif Decision Solutions. - Ma si tratta di un motore sensibile e delicato: il solo credito finalizzato all’acquisto di beni esprime oggi un impatto incrementale sul Prodotto Interno Lordo che è stato stimato intorno allo +0,3%, in valore assoluto. Ma se interventi normativi riducessero la disponibilità o la facilità di accesso al credito (adesempio riducendo i tempi di conservazione dei dati creditizi disponibili presso le centrali rischi positive dagli attuali 5 a 2 anni dall’estinzione del finanziamento), il contributo incrementale sul Pil sarebbe azzerato, danneggiando non solo i consumatori ma l'intero sistema economico" “In generale il credito retail continuerà a rappresentare un business molto attraente per gli operatori finanziari. Infatti, la domanda di credito espressa dalle famiglie continuerà a registrare tassi di crescita elevati e superiori a quelli dell’attività economica e l’adeguamento ai requisiti previsti da Basilea Ii porterà ad un minore assorbimento di capitale da parte del segmento di finanziamenti retail – conclude Antonio Rigon, Partner di Prometeia e Responsabile dell’Area Intermediari Finanziari. - Nel comparto del credito al consumo, alle potenzialità in termini di crescita dei volumi si affianca l’aspettativa di margini ancora elevati per effetto di una ricomposizione del credito verso forme tecniche a maggiore rendimento.” Il mercato, le dimensioni e le tendenze Le consistenze totali di credito al consumo si sono attestate, a fine giugno 2003, intorno ai 55.600 milioni di Euro; le banche generaliste hanno registrato circa 17.000 milioni di Euro (+18% a fronte del +8% di giugno 2002), mentre le istituzioni finanziarie e banche specializzate hanno raggiunto i 38.500 milioni di Euro (+14,9% circa contro il +14,5% alla stessa data del 2002). Le forme tecniche del credito al consumo Aspetti dimensionali L’evoluzione delle consistenze è stata analizzata nel Rapporto in forma distinta per i due comparti del mercato, il primo costituito dalle banche generaliste ed il secondo da istituzioni finanziarie e banche specializzate. Le consistenze aventi origine bancaria mostrano un’evoluzione suddivisibile in tre macrocategorie: la componente dei finanziamenti veicolati attraverso carta di credito (la cui incidenza rispetto al totale è in leggera flessione, dal +4,5% al +4,3%), le cessioni del quinto (la cui importanza si mantiene stabile ed intorno al 7,7%) e le altre forme tecniche, che pesano ancora per l’88%. Nel campo delle istituzioni finanziarie e banche specializzate è stata effettuata una scomposizione più dettagliata che ha portato ad evidenziare l’andamento dei tassi di crescita nei vari segmenti: i finanziamenti finalizzati sono cresciuti del +12,7% (contro il +10,3% del 2002), i finanziamenti non finalizzati sono cresciuti del +16,8% (nel 2002l’incremento era stato del +24,7%); le carte di credito revolving aumentano del 31,8% (+33% nel 2002), mentre i prestiti contro cessione del quinto dello stipendio continuano ad aumentare ad un tasso superiore alla media (+20,6%), anche se meno elevato rispetto al più recente passato (+40% nel 2002). Dal Rapporto emerge come le carte di credito rappresentino uno strumento sempre più utilizzato dagli Italiani sia come strumento di pagamento, che come veicolo di credito al consumo: 379 carte di credito ogni mille abitanti e un incremento del +8,8% rispetto al 2002 sono numeri significativi anche se non sufficienti ad eguagliare la media europea. Le consistenze di credito corrispondente all’utilizzo di carte aumentano di un significativo +29%. Il mercato delle carte revolving continua a rappresentare il segmento più interessante, con flussi di credito pari a 1.600 milioni di Euro (+23,3% rispetto a giugno 2002) e oltre 13 milioni di transazioni (+ 34,7%). I flussi di credito finalizzato nel primo semestre 2003 L’incremento dei flussi di credito al consumo erogato dalle banche generaliste, rispetto al primo semestre 2002, risulta pari al 27,3 %. In aumento consistente risultano i finanziamenti personali (+35,2%) ed i finanziamenti finalizzati all’acquisto di motocicli (+35%) e di beni del comparto dell’elettronica (+42,5%).Tra i crediti finalizzati erogati dalle istituzioni finanziarie e banche specializzate, si segnala l’andamento dei finanziamenti legati agli acquisti nel settore della mobilità, che aumentano nel semestre di un +16,7%, arrivando a costituire il 67,6% dell’intero monte crediti erogato. Il segmento risulta in ripresa dopo la leggera flessione dei volumi erogati registrata a giugno 2002. La crescita del comparto è stata trainata dai finanziamenti erogati a tassi promozionali per l'acquisto di auto nuove (+106,6%). Il restante 32,4% è suddiviso tra crediti finalizzati all’acquisto di beni diversi dall’auto (arredo, elettronica, servizi) che coprono una quota pari al 16,5%, ed i crediti erogati senza destinazione d’uso. I finanziamenti finalizzati all'acquisto di elettronica ed elettrodomestici mostrano una buona ripresa (+18,6%), come anche i finanziamenti destinati all’acquisto di arredi (+18,5%); in crescita anche i finanziamenti finalizzati all’acquisto di motocicli (+7,7%) e di auto usate (+10,2%). Prospettive future In previsione lo scenario macroeconomico dovrebbe tornare a mostrarsi favorevole all’evoluzione della domanda di credito al consumo. Il reddito disponibile lordo delle famiglie, infatti, dovrebbe tornare a crescere a tassi significativi, mentre il consolidamento della ripresa dei mercati finanziari dovrebbe favorire un rientro del fenomeno di accantonamento di risparmio al fine di preservare il valore desiderato di ricchezza finanziaria: la propensione al consumo è prevista perciò, nel prossimo biennio, in aumento di circa un punto percentuale. Dal lato dei consumi ci si aspetta la crescita più vivace proprio nei settori caratterizzati da una minore penetrazione del credito al consumo: politiche di stimolo della domanda di credito per la copertura della spesa in questi settori merceologici potrebbero, quindi, avere un notevole impatto espansivo sulle consistenze. In tutto il periodo di previsione la crescita degli stock dovrebbe mantenersi sostenuta e ad un livello superiore a quello atteso per il reddito disponibile e per i consumi delle famiglie, con una prospettiva che avvicina ulteriormente i comportamenti finanziari delle famiglie italiane a quelli medi europei. La prevista ripresa del ritmo di crescita dei consumi durevoli (dal –2% del 2002 al +2% del 2003 in termini nominali) e gli incisivi mutamenti strutturali intervenuti dal lato della domanda ci portano a prevedere una accelerazione delle consistenze di credito al consumo in entrambi i comparti, quello delle banche generaliste e quello delle istituzioni finanziarie e banche specializzate. Nel complesso, il credito al consumo dovrebbe registrare una dinamica ancora sostenuta, aumentando del +15,8% nel 2003 (a fronte del +12,5% del 2002). Nel 2004 si dovrebbe assistere ad un nuovo rallentamento del ritmo di crescita dei consumi durevoli nominali e ad una stagnazione in termini reali (+0,8% e –0,2% rispettivamente). Ciò ci porta a prevedere una decelerazione della crescita del credito al consumo complessivo di circa 70 punti base. Sul finire dell’orizzonte di previsione (2005), viceversa, in virtù di una ripresa più consistente della propensione al consumo e del reddito disponibile reale ci si aspetta una vivacità più accentuata della domanda di beni durevoli sia in valore (+4,4%) che in volumi (+3,2%). La domanda di credito al consumo dovrebbe perciò mostrare una accelerazione del ritmo di crescita che si porterà su livelli prossimi a quelli sperimentati nel 2000 (+17,0% circa) sempre che non vengano introdotte misure punitive per il settore. La previsione sconta già le ipotesi di un forte ricorso alla cartolarizzazione quest’anno e di un aumento nel 2004, mentre nel 2005 il valore delle operazioni di securitisation di credito al consumo dovrebbe mantenersi sugli stessi livelli del 2004. Lo scenario prospettato per i driver della domanda di mutui è tutto sommato favorevole. La spesa per ristrutturazioni dovrebbe mantenersi molto vivace quantomeno fino alla fine del 2004, termine di validità previsto per gli incentivi fiscali; nel contempo, la domanda di immobili a scopo abitativo dovrebbe continuare a mantenere un ritmo vivace, sostenuta da: - un livello dei tassi di interesse ai minimi storici, che rende comunque vantaggioso l’acquisto dell’abitazione laddove si confronti l’onere finanziario derivante dalla contestuale accensione di un mutuo al livello dei canoni di affitto; - una crescita dei prezzi e dei canoni che dovrebbe subire un rallentamento per poi stabilizzarsi nell’ultimo anno dell’intervallo di previsione. Lo scenario prospettato nell’Osservatorio è perciò di una dinamica significativa della domanda di mutui fondiari anche se in rallentamento rispetto ai picchi registrati nel passato più recente: +17.4% per la fine di quest’anno, +11.8% e +9.5% rispettivamente nel 2004 e nel 2005. Tale previsione sconta anche l’ipotesi di un ricorso crescente alle cartolarizzazioni di portafogli di mutui ipotecari performing.

DA UNA RICERCA CONDOTTA DA PRICEWATERHOUSECOOPERS SI PREVEDE CHE L'ECONOMIA DELL'UNIONE EUROPEA RESTERÀ INDIETRO RISPETTO ALLE PREVISIONI SULL'ANDAMENTO GLOBALE
New York, 3 Dicembre 2003 - I risultati delle entrate sono in diminuzione per i prossimi 12 mesi, i piani per nuovi investimenti restano invariati, continua l'andamento negativo delle assunzioni nette Secondo una ricerca condotta dal Pricewaterhousecoopers Management Barometer, solo il 36 percento dei dirigenti senior in Europa afferma che l'economia della Ue è attualmente in fase di crescita, e una percentuale simile si dichiara ottimista per le previsioni dei prossimi 12 mesi Tuttavia, malgrado le previsioni economiche scoraggianti per l'Europa presentate dagli alti dirigenti, il 66 per cento ha affermato che l'economia mondiale sta attualmente attraversando una fase di crescita, registrando un aumento rispetto al 39% del trimestre precedente. Una percentuale simile si è detta ottimista nei confronti dell' andamento dell' economia globale per i prossimi 12 mesi. Nelle interviste condotte nel corso del terzo trimestre, i dirigenti senior europei hanno affermato che: La crescita media prevista delle entrate per la loro società sarà del 4,1 per cento per i prossimi 12 mesi, in diminuzione rispetto al 4,6 per cento del trimestre precedente. I programmi per nuovi e principali investimenti di capitale rimangono invariati. La forza lavoro presso le loro società continuerà a ridursi Negli Stati Uniti, il 73 per cento dei dirigenti senior ha dimostrato un atteggiamento positivo nei confronti dell' andamento dell' economia nel loro paese per i prossimi 12 mesi, mentre solo il 46 per cento è ottimista nei confronti delle previsioni dell' andamento dell' economia mondiale. Www.barometersurveys.com "I dati emersi dalla ricerca evidenziano che gli alti dirigenti, sia in Europa che negli Stati Uniti, prevedono una ripresa iniziale dell' economia dapprima negli Stati Uniti", ha affermato Gerald Ward, leader globale delle assicurazioni di Pricewaterhousecoopers. "Inoltre sembra che gli europei guardino agli Stati Uniti come il principale motore per la ripresa dell'economia mondiale". Altre previsioni relative agli ostacoli alla crescita Soltanto il 38 per cento dei dirigenti senior europei considerano la debole domanda di mercato come un potenziale ostacolo alla crescita per i prossimi 12 mesi. Si tratta di un calo davvero significativo rispetto al 50 per cento del trimestre precedente e leggermente inferiore rispetto al 44 per cento evidenziato dai dirigenti statunitensi. Altre principali preoccupazioni in Europa, il 36 per cento dei dirigenti condivide una preoccupazione nei confronti delle pressioni poste dal sistema legislativo e dagli organi legislativi competenti, mentre la percentuale negli Stati Uniti è del 33 per cento. In Europa, il 32 per cento dei dirigenti è preoccupato dalla concorrenza di mercati esteri, mentre la percentuale negli Stati Uniti è del 35 per cento. In Europa, il 29 per cento dei dirigenti è preoccupato dai tassi di cambio valutari, mentre la percentuale negli Stati Uniti è del 22 per cento. In Europa, il 27 per cento dei dirigenti è preoccupato dalla diminuzione della redditività, mentre la percentuale negli Stati Uniti è del 28 per cento. "Un attenuamento delle preoccupazioni relative alla domanda del mercato è un segnale importante che indica l'arrivo di tempi migliori", ha affermato Ward. "È davvero impressionante notare che su entrambe le sponde dell'Atlantico vi sia un accordo nel considerare questi potenziali ostacoli come un impedimento alla crescita". Diminuzione delle entrate in Europa, ma la spesa di capitale rimane invariata Nel corso dei prossimi 12 mesi, i dirigenti europei prevedono che l'aumento medio delle entrate si assesti intorno al 4,1 per cento, in leggera diminuzione rispetto al 4,6 per cento stimato nel trimestre precedente. I dirigenti statunitensi prevedono di raggiungere una crescita del 7,2 per cento nel corso dei prossimi 12 mesi. Attualmente, il 41 per cento delle multinazionali europee ha pianificato una serie di nuovi investimenti di capitale da effettuarsi nel corso del prossimo anno, percentuale che è rimasta invariata rispetto al trimestre precedente, e si prevede che la spesa media prevista si attesti intorno all' 8,3 per cento delle entrate. Negli Stati Uniti, il 44 per cento ha previsto di effettuare nuovi e importanti investimenti, pari al 7,5% delle entrate. I dirigenti europei prevedono di sostenere maggiori spese per investimenti nei seguenti settori: lancio di nuovi prodotti o servizi, 36 per cento; Information Technology, 36 per cento; investimenti relativi all'espansione geografica, 29 per cento; acquisto di nuove società, 29 per cento; investimenti per attività di distribuzione e promozionali, 5 per cento; per attività pubblicitarie, 16 per cento e gli investimenti nel settore della Ricerca e Sviluppo saranno pari al 9 per cento. "I dirigenti europei prevedono di ottenere entrate leggermente inferiori, mentre le loro controparti statunitensi prevedono di ottenere risultati invariati. Questo evidenzia che in Europa la domanda di mercato è più debole", ha affermato Ward. Un numero esiguo di società europee prevede nuove assunzioni In Europa, nel corso dei prossimi 12 mesi, si prevede una diminuzione media della forza lavoro pari all' 1,6 per cento, percentuale invariata rispetto al trimestre precedente, mentre la crescita delle assunzioni per le società situate negli Stati Uniti è stata dello 0,3, percentuale sostanzialmente invariata. Soltanto il 15 percento dei dirigenti europei intervistati prevede di aumentare la forza lavoro, mentre il 41 per cento prevede di ridimensionare il numero di dipendenti. Per il resto non si prevedono cambiamenti, o sono previsti cambiamenti di lieve entità. Negli Stati Uniti un numero superiore di dirigenti, pari al 42 per cento, prevede di effettuare nuove assunzioni, mentre solo il 24 per cento prevede una riduzione netta. "Le imprese situate in Europa, al pari delle loro controparti statunitensi, hanno condotto una ristrutturazione inevitabile per la riduzione del costo della manodopera e per migliorare la produttività", ha dichiarato Ward. "Sebbene una "ripresa della disoccupazione" rappresenti una possibilità per le imprese americane, sembra invece che in Europa la crescita negativa dell'occupazione sia fortemente radicata". "Management Barometer" della Pricewaterhousecoopers è il titolo di uno studio trimestrale dei principali dirigenti nelle maggiori multinazionali che svolgono la propria attività in campo tecnologico, nei servizi finanziari e nei servizi e prodotti industriali e per i consumatori. Questo studio è stato elaborato e realizzato grazie alla collaborazione di Bsi Global Research Inc. Che ha fornito dati e ricerche economiche e che ha intervistato, nel corso del terzo trimestre, 138 Direttori Finanziari e Direttori Generali di multinazionali situate in Europa, e le loro opinioni sono state confrontate con quelle di 177 Direttori Finanziari e Generali di multinazionali situate negli Stati Uniti. È possibile rivolgere eventuali domande sul rapporto "Management Barometer" direttamente a Pete Collins, direttore ed editore del rapporto, chiamando il numero telefonico +1-646-394-4496 o inviando un e-mail al seguente indirizzo: pete.Collins@us.pwc.com  È possibile reperire ulteriori informazioni sui rapporti "Barometer", tra cui gli ultimi dati sulle tendenze economiche e su tematiche d'attualità, consultando il sito Web al seguente indirizzo: www.Barometersurveys.com  Pricewaterhousecoopers  www.Pwc.com  fornisce servizi assicurativi destinati alle imprese, servizi fiscali e di consulenza per clienti pubblici e privati. Oltre 120.000 persone in 139 nazioni uniscono la propria visione, esperienza e le proprie soluzioni per aumentare la fiducia del pubblico e per incrementare il valore a favore dei propri clienti e azionisti. "Pricewaterhousecoopers" si riferisce alla rete di aziende appartenenti alla Pricewaterhousecoopers International Limited, ognuna della quali costituisce un soggetto giuridico separato e indipendente. Tabelle disponibili all'indirizzo Internet: www.Barometersurveys.com  Sito Web: http://www.Barometersurveys.com  http://www.Pwc.com

AI DISTRETTI DI PMI IL PRIMATO NELLA PRODUZIONE DI VALORE AGGIUNTO, MA DALLA CINA INCOMBE IL RISCHIO CONTRAFFAZIONEIL “PERICOLO CINESE”
Milano, 3 dicembre 2003 - Sono 69 i “Distretti” italiani che nel 2000 hanno fatto registrare un valore aggiunto industriale superiore ai 500 milioni di euro e 31 di essi quelli che hanno superato il miliardo. La classifica è stata redatta dalla Fondazione Edison dopo una accurata analisi dei dati recentemente diffusi dall’Istat sull’andamento del valore aggiunto totale e per macrosettori (agricoltura, industria, servizi) dei 784 Sistemi Locali del Lavoro (Sll) in cui è suddiviso il nostro paese. La Fondazione Edison ha analizzato solo i 199 Sll che l’Istat considera Distretti industriali di Piccole e Medie Imprese (i cosiddetti “Sll-distretti”), studiando la dinamica dell’andamento del loro valore aggiunto industriale dal 1996 al 2000. Nel 2000 i 199 “Sll-distretti” riconosciuti dall’Istat hanno generato un valore aggiunto industriale di circa 114 miliardi di euro, pari al 38% del valore aggiunto dell’intera industria nazionale (incluse le costruzioni), mentre l’occupazione distrettuale nell’industria è stata di circa 2 milioni e 700 mila addetti, pari al 40% di quella dell’industria italiana nel suo complesso. Ciò senza considerare i Sll sicuramente distrettuali, ma caratterizzati da una prevalente presenza di imprese medie e grandi (e che pertanto l’Istat non classifica come “Distretti”), come ad esempio, i Sll di Fabriano (leader negli elettrodomestici e nelle cappe aspiranti per cucine), Agordo (leader nell’occhialeria), Borgosesia (leader nell’industria laniera e nel valvolame) e molti altri. Tra i più grandi “Sll-distretti” per produzione di valore aggiunto industriale analizzati dalla Fondazione Edison (tabella 1) figurano nel 2000 Bergamo (tessile, meccanica) e Desio (mobilio, articoli in gomma e plastica), che conservano, rispettivamente, il primo e secondo posto che già avevano nel 1996; al terzo e quarto posto troviamo Brescia (meccanica, metallurgia) e Padova (meccanica, articoli in gomma e plastica), che guadagnano una posizione rispetto al 1996; quinto è il Sll di Como (tessile-abbigliamento, mobilio), che retrocede di due posizioni. Nel 2000, subito dopo le prime cinque posizioni di vertice, seguono, nell’ordine: Busto Arsizio (tessile-abbigliamento, meccanica, articoli in gomma e plastica), Lecco (meccanica), Parma (alimentare), Reggio nell’Emilia (meccanica, piastrelle), Prato (tessile), Sassuolo (piastrelle) e Vicenza (oreficeria, meccanica). Tra il 1996 e il 2000 i miglioramenti più significativi nella classifica della produzione di valore aggiunto industriale sono stati messi a segno, a livello dei “Sll-distretti” di più grandi dimensioni, da Borgomanero (rubinetteria), che guadagna 7 posti, salendo dalla 35a alla 28a posizione, e Arezzo (oreficeria), che guadagna 5 posizioni, salendo dal 32° al 27° posto. Gli arretramenti più marcati in classifica riguardano invece Vigevano (calzature, macchine per le calzature), che perde 5 posti scendendo dalla 16a alla 21a posizione, e Thiene (tessile-abbigliamento, meccanica), che scivola dal 26° al 30° posto, perdendo 4 posizioni. Per quanto riguarda la graduatoria del valore aggiunto industriale pro capite (tabella 2), nel 2000 è risultato leader assoluto il Sll di Sassuolo, con 20.390 euro per abitante, davanti ad Arzignano (leader nella concia delle pelli), con 18.364 euro. Va osservato a questo proposito che in termini di valore aggiunto industriale i “Distretti” più importanti presentano in genere i più alti valori per abitante, precedendo di gran lunga i Sll metropolitani e quelli dove sono presenti rilevanti concentrazioni di grandi imprese. Nella graduatoria dei primi 30 “Sll-distretti” per valore aggiunto industriale pro capite figurano praticamente tutti i maggiori poli produttivi di Distretti industriali “di fatto”, tra i quali, oltre ai due già citati, si ricordano: Conegliano e Oderzo (mobile di Livenza), Castel Goffredo e Castiglione delle Stiviere (calze femminili), Mirandola (biomedicale), Lumezzane (valvolame, pentolame), Maniago (coltelleria, lame), Palazzolo sull’Oglio (tessile-abbigliamento, articoli in gomma e plastica, bottoni), Montebelluna (calzature sportiva), Carpi (maglieria), Borgomanero (rubinetteria e valvolame), Pieve di Cadore (occhialeria), Santa Croce sull’Arno (concia delle pelli). Tutti questi “Sll-distretti” hanno fatto registrare nel 2000 un valore aggiunto industriale pro capite largamente superiore ai 10.000 euro. Infine, è interessante considerare i tassi di crescita del valore aggiunto industriale dei “Sll-distretti” tra il 1996 e il 2000 (tabella 3). Tra i Distretti di maggiori dimensioni (con un valore aggiunto industriale nel 2000 superiore al miliardo di euro), guida la classifica Borgomanero (+28,4%), seguito da Arezzo (+22,6%), Lucca (+22,1%) e Padova (+20,2%). Tra i Distretti con valore aggiunto industriale compreso tra 500 milioni di euro e 999 milioni di euro nel 2000, la più forte crescita 1996-2000 è stata invece fatta registrare da Correggio (+45,8%), che precede Pistoia (+34,5%), Oderzo (+30,9%), Faenza (+30,5%) e Mirandola (+30,1%). Il tema dei Distretti si rivela essere di particolare interesse e attualità anche alla luce dell’allargarsi a macchia d’olio della concorrenza cinese, che sta arrecando all’industria italiana – di cui i distretti rappresentano uno dei principali motori - perdite rilevanti in termini di quote di mercato mondiale. Si tratta di due ordini diversi di atipicità nelle definizione di concorrenza: quella che potremmo definire asimmetrica, cioè formalmente lecita ma basata su fattori interni quali costo del lavoro, protezioni sociali, standard ambientali, discrezionalità politiche, dumping valutario, ecc.; e quella illecita, la cosiddetta contraffazione di prodotti di imprese di paesi concorrenti, in particolare, appunto, dei prodotti del ‘made in Italy’. Proprio a causa dell’ impatto che entrambe queste forme di concorrenza finiscono con l’avere avere sui distretti italiani, la Fondazione Edison ha ritenuto opportuno dare un contributo al dibattito in corso auspicando l’adozione di misure che, pur senza ricorrere a forme protezionistiche, tutelino la nostra industria, in modo particolare da quella concorrenza che sfocia in contraffazione. Di questi argomenti si parlerà a Milano il 5 dicembre pomeriggio ad un Convegno promosso dalla Fondazione Edison, a cui parteciperanno il Viceministro per le Attività Produttive Adolfo Urso, il Presidente della neonata Fondazione Italia-cina Cesare Romiti, gli economisti Alberto Quadrio Curzio e Marco Fortis e le massime autorità delle associazioni di categoria dei settori industriali del “made in Italy”, dalla Federlegno-arredo all’Anima (meccanica varia), dal Sistema Moda Italia all’Anfao (occhialeria), dall’Anci (calzaturifici) alla Federorafi. Tabella 1 Primi 30 "Sll-distretti" per valore aggiunto industriale totale: anni 1996 e 2000 (valori in milioni di euro)

Rank 2000

Rank 1996

Variaz. Posiz.

"Sll-distretti"

Valore aggiunto industriale 1996

Valore aggiunto industriale 2000

Tasso di crescita 1996-2000

 

 

 

 

 

 

 

1

1

0

Bergamo

4.436,4

5.075,7

14,4%

2

2

0

Desio

4.106,5

4.118,9

0,3%

3

4

1

Brescia

3.199,6

3.722,4

16,3%

4

5

1

Padova

3.019,8

3.630,9

20,2%

5

3

-2

Como

3.308,7

3.373,7

2,0%

6

6

0

Busto Arsizio

3.014,0

3.032,0

0,6%

7

7

0

Lecco

2.697,0

2.946,5

9,3%

8

8

0

Parma

2.477,1

2.820,8

13,9%

9

9

0

Reggio Nell'emilia

2.218,4

2.576,7

16,2%

10

10

0

Prato

2.142,2

2.402,3

12,1%

11

12

1

Sassuolo

2.020,0

2.361,8

16,9%

12

15

3

Vicenza

1.823,2

2.117,9

16,2%

13

11

-2

Udine

2.120,5

2.114,8

-0,3%

14

13

-1

Varese

1.929,6

2.079,2

7,8%

15

17

2

Treviso

1.754,9

2.037,5

16,1%

16

14

-2

Modena

1.857,3

2.031,4

9,4%

17

19

2

Treviglio

1.512,2

1.705,6

12,8%

18

18

0

Gallarate

1.516,2

1.681,1

10,9%

19

20

1

Arzignano

1.330,7

1.491,4

12,1%

20

21

1

Conegliano

1.280,5

1.470,5

14,8%

21

16

-5

Vigevano

1.760,8

1.406,9

-20,1%

22

22

0

Bassano Del Grappa

1.197,0

1.281,7

7,1%

23

24

1

Lucca

1.015,2

1.239,9

22,1%

24

23

-1

Montebelluna

1.070,4

1.221,7

14,1%

25

25

0

Cittadella

959,3

1.109,0

15,6%

26

27

1

Lodi

900,4

1.069,1

18,7%

27

32

5

Arezzo

844,5

1.035,3

22,6%

28

35

7

Borgomanero

804,9

1.033,4

28,4%

29

31

2

Cremona

864,2

1.011,3

17,0%

30

26

-4

Thiene

918,5

1.002,5

9,1%

Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat Tabella 2 Primi 30 "Sll-distretti" per valore aggiunto industriale per abitante: anno 2000

Rank

"Sll-distretti"

euro

Rank

"Sll-distretti"

euro

1

Sassuolo

20.390

16

Borgomanero

10.998

2

Arzignano

18.364

17

Schio

10.920

3

Correggio

17.490

18

Oderzo

10.823

4

Conegliano

13.732

19

Vignola

10.754

5

Castellarano

13.164

20

Parma

10.690

6

Castel Goffredo

13.069

21

Suzzara

10.566

7

Vestone

12.599

22

Bergamo

10.295

8

Pieve D'alpago

12.422

23

Pieve Di Cadore

10.285

9

Cossato

12.361

24

Castiglione Delle Stiviere

10.162

10

Mirandola

12.350

25

Santa Croce Sull'arno

10.016

11

Lumezzane

12.184

26

Viadana

9.838

12

Maniago

11.884

27

Lecco

9.837

13

Palazzolo Sull'oglio

11.813

28

Thiene

9.834

14

Montebelluna

11.319

29

Manerbio

9.724

15

Carpi

11.154

30

Poggibonsi

9.644

Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat Tabella 3 Primi 10 "Sll-distretti" per crescita 1996-2000 distinti per classi dimensionali (variazioni % 1996-2000 del valore aggiunto industriale)

Rank

Distretti con Valore Aggiunto industriale nel 2000 superiore al miliardo di euro

Tasso di crescita del Va industriale 1996-2000

Rank

Distretti con Valore Aggiunto industriale nel 2000 compreso tra 0,5 e 1 miliardo di euro

Tasso di crescita del Va industriale 1996-2000

1

Borgomanero

28,4%

1

Correggio

45,8%

2

Arezzo

22,6%

2

Pistoia

34,5%

3

Lucca

22,1%

3

Oderzo

30,9%

4

Padova

20,2%

4

Faenza

30,5%

5

Lodi

18,7%

5

Mirandola

30,1%

6

Cremona

17,0%

6

Poggibonsi

24,9%

7

Sassuolo

16,9%

7

Jesi

22,0%

8

Brescia

16,3%

8

Osimo

21,9%

9

Vicenza

16,2%

9

Lugo

21,3%

10

Reggio Nell'emilia

16,2%

10

Vignola

20,5%

Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat

OTTIMISMO PER L'ECONOMIA ITALIANA. FIDUCIA NELL'ICT COME TRAINO ALLO SVILUPPO GLI IMPRENDITORI ITALIANI TRA OLD E NEW ECONOMY SECONDO LA TREDICESIMA EDIZIONE DELL'EUROPE BUSINESS MONITOR
Milano, 3 dicembre 2003 - Regna l'ottimismo sul futuro delle imprese. Questo è uno dei risultati maggiormente rilevanti all'interno dell'Ups Europe Business Monitor, indagine condotta annualmente sui top manager europei ed affidata a Taylor Nelson Sofres. Gli imprenditori italiani si sono infatti dimostrati particolarmente ottimisti sul futuro del proprio business: nonostante le difficoltà economiche, il 60% ritiene infatti che il business migliorerà sensibilmente tra un anno, solo il 6% è pessimista sul futuro del proprio giro d'affari, mentre il 32% ritiene che non vi saranno sostanziali variazioni nel 2004. Alla fiducia nella ripresa economica si affianca la previsione di sviluppo dei diversi comparti per i prossimi 5 anni. La ricerca mette in evidenza le prospettive dei settori tecnologico, turistico e moda. Il 28% degli intervistati, infatti, indica l'Information Technology e le Telecomunicazioni come probabile "motore dell'economia nazionale", mentre il 26% è persuaso che sarà l'industria del turismo e del tempo libero a costituire il volano dell'economia nel quinquennio 2003-2008. Anche il settore moda ed arredamento avranno delle ottime performance in linea con la tradizione del 'made in Italy' (25%). Anche a livello europeo il dato aggregato mostra una visione positiva per il futuro e soprattutto un trend positivo rispetto agli ultimi anni: 59 manager europei su 100 ritengono infatti che la posizione della propria azienda migliorerà nei prossimi 365 giorni; solo il 7% è pessimista. Per quanto riguarda l'Ict, i paesi europei che, oltre l'Italia, credono che questo settore abbia notevoli possibilità di sviluppo sono il Belgio (48%), la Germania (38%) e la Francia (44%). In Europa, come dato aggregato, l'Ict registra una netta fiducia col 33% dei consensi. A seguire troviamo i servizi finanziari (20%), automotive (17%), chimica farmaceutica (16%), energia (13%), alimentare (9%) e logistica (7%). Informazione sulla ricerca La tredicesima edizione dell'Ups Europe Business Monitor ha riguardato 1.453 dirigenti di 15.000 aziende europee, tra il 23 settembre ed il 23 novembre 2003. Questa ricerca è effettuata annualmente. Le interviste sono state condotte nei seguenti paesi: Belgio (101), Francia (250), Germania (250), Italia (250), Olanda (100), Spagna (251) Gran Bretagna (251). Le persone contattate sono tutti dirigenti di primo livello. Il giro di affari medio annuale delle società coinvolte è di 1.45 miliardi di euro; la media degli impiegati è di 3.400 unità. Le interviste sono state condotte nella lingua madre degli intervistati da operatori della Tns international telephone unit di Londra. I risultati della prima edizione dello Ups Europe Business Monitor sono stati pubblicati nella primavera del 1992, quelli della seconda nell'autunno del 1992 e successivamente con cadenza annuale. Tutti i risultati sono disponibili su un sito internet dedicato, all'indirizzo www.Ebm.ups.com I risultati della tredicesima edizione saranno disponibili su Internet dal mese di febbraio 2003 La prima edizione dello Ups Europe Business Monitor è stata presentata nel 1992 con lo scopo di fornire un costante aggiornamento sulle opinioni di manager in Europa. Configurandosi come la maggiore società di trasporti al mondo e leader mondiale nei servizi per la gestione della supply chain, Ups offre una gamma completa di soluzioni per sincronizzare il flusso di beni, informazioni e capitali. I risultati di questa ricerca offrono a Ups, ai suoi clienti e a tutti coloro che fossero interessati ad un'informazione di tipo economico una panoramica sulle ultime condizioni, trend e ostacoli che influenzeranno il business in Europa interagendo sul mercato globale.

IFIL : IL CDA DELIBERA EMISSIONE BOND
Torino, 3 dicembre 2003 - Si è riunito ieri a Torino, sotto la presidenza di Gianluigi Gabetti, il Consiglio di Amministrazione dell’Ifil. Il Consiglio, utilizzando parzialmente la delega ricevuta dall’Assemblea Straordinaria del 14 maggio 2003, ha deliberato l’emissione di un prestito obbligazionario non convertibile. L’emissione, che avrà un importo nominale di circa € 100 milioni, rientra nella strategia di diversificazione delle fonti di finanziamento della Società e di riduzione del costo medio della raccolta. I tempi e le caratteristiche del prestito obbligazionario, soggetto alle autorizzazioni delle competenti autorità, saranno determinati tenendo conto delle condizioni di mercato.

ANTONVENETA: AUMENTO DI CAPITALE: RISULTATI AL TERMINE DEL PERIODO DI OPZIONE
Padova, 3 dicembre 2003: Si è conclusa con successo l’offerta in opzione delle azioni Banca Antonveneta, deliberata dal Consiglio di Amministrazione della Banca in data 16 ottobre 2003, a valere sulla delega conferitagli ai sensi dell’art. 2443 del Codice Civile - dall’Assemblea Straordinaria degli Azionisti tenutasi in pari data. Durante il periodo di opzione, iniziato il 10 novembre e conclusosi il 1° dicembre 2003, sono state sottoscritte complessivamente n. 51.780.786 nuove azioni, pari al 99,95% del totale delle azioni offerte, per un controvalore pari a Euro 543.698.253,00. Risultano pertanto non sottoscritte n. 23.835 nuove azioni ordinarie. I corrispondenti diritti inoptati verranno offerti in Borsa da Banca Antonveneta S.p.a. Ai sensi dell’art. 2441, terzo comma, del Codice Civile, nelle riunioni del 9, 10, 11, 12 e 15 dicembre 2003, mentre la sottoscrizione delle relative nuove azioni dovrà essere effettuata, a pena di decadenza, entro il 16 dicembre 2003. I partecipanti al Patto di Sindacato di voto e di blocco avente ad oggetto azioni Banca Antonveneta hanno sottoscritto complessivamente n. 18.394.211 nuove azioni, pari al 35,51% dell’offerta.

UNICREDITO FONDO IMMOBILIARE UNO CEDE IMMOBILE CONCLUSA LA PRIMA OPERAZIONE DI VENDITA DI UN IMMOBILE
Milano, 3 dicembre 2003 - Il Fondo di Investimento Immobiliare “Unicredito Immobiliare Uno”, promosso e gestito da Unicredit Fondi Sgrpa, ha portato a termine ieri la prima operazione di dismissione immobiliare del proprio patrimonio. E’ stato, infatti, ceduto il complesso costituito da due palazzi ad uso uffici siti in Roma –Via Po 28/32 - acquisiti da una primaria società operante nel settore immobiliare. Il complesso immobiliare, acquisito nel dicembre 2000, è stato ceduto ad un prezzo di Euro 48.000.000 e ha generato una plusvalenza per il Fondo pari al 26% circa rispetto al costo di acquisizione. I proventi rappresentati da questa plusvalenza concorreranno alla composizione dell’utile generato dalla gestione. La misura complessiva dei proventi che saranno distribuiti ai partecipanti verrà stabilita dal Consiglio di Amministrazione della Sgr in sede di approvazione del bilancio del Fondo. Come di consueto il rendiconto di fine anno, che sarà a disposizione degli Azionisti del Fondo, illustrerà dettagliatamente i fatti contabili e le politiche di gestione, oltre ai criteri adottati per la determinazione dei proventi. “Questa prima dismissione fatta dal fondo Unicredit Immobiliare Uno - spiega Dani Schaumann, Direttore Generale di Pioneer Investment Management Sgrpa (che incorporerà Unicredit Fondi il 31 dicembre 2003) - libera significative risorse finanziarie che permetteranno di cogliere nuove opportunità di investimento, che stiamo già analizzando. Un altro importante progetto in fase di ultimazione è quello relativo alla nuova sede de Il Sole 24 ore in via Monte Rosa, realizzata da Renzo Piano, che verrà inaugurata nel 2004” . In data 1 agosto 2003 è stato perfezionato, inoltre, il contratto di acquisto del nuovo headquarter Pirelli a Milano Bicocca, per il quale era stato siglato un preliminare di compravendita nell’ottobre 2000. Il prezzo finale di acquisto pagato dal Fondo Unicredito Immobiliare Uno é pari a Euro 53.780.000. L’ immobile é stato locato da Pirelli Real Estate e genera una redditività iniziale lorda pari al 7,25%.

GANDALF: RINVIA ASSEMBLEA AL GIORNO 5 DICEMBRE 2003
Orio al Serio (BG), 3 dicembre 2003 – L’Assemblea della società, convocata  ieri in seduta straordinaria ai sensi dell’art. 2449, 2^ c., del codice civile per l’adozione delle delibere inerenti lo stato di liquidazione, ha deciso di avvalersi della facoltà consentita dall’art. 2374 del codice rinviando l’adunanza alle ore 12:00 del giorno 5 dicembre 2003. Inizialmente il sig. Giuseppe Mazzullo, azionista e delegato, ha ritenuto di dover informare l’assemblea del fatto che al consiglio di amministrazione è pervenuta una proposta irrevocabile di sottoscrizione dell’inoptato derivante dall’operazione di aumento del capitale deliberato in data 29/1/2003 ad Euro 2,30, proposta dichiarata priva di condizioni e presentata da una cordata guidata dall’avv. Lorenzo Necci. Su tali basi ha richiesto che venisse sospesa l’assemblea, che il consiglio rimeditasse il suo rifiuto di ieri ed accettasse la proposta e fissasse in tre giorni il termine per il versamento dei 14,5 milioni di Euro proposti. A tali considerazioni ha risposto il consiglio di amministrazione per chiarire che la proposta cui ha fatto riferimento il sig. Mazzullo non conteneva modifiche sufficienti rispetto ad altre analoghe proposte, presentate in passato dallo stesso soggetto e già respinte. Il consiglio di amministrazione ha sottolineato che intende muoversi in un quadro di assoluta legalità, il che prescrive che, ai fini di una possibile accettazione, qualsiasi proposta di sottoscrizione sia accompagnata dall’immediato ed incondizionato versamento di somme, o almeno di idonee garanzie per esse, in misura tale da far venir meno la situazione di liquidazione della società per perdita del capitale. Tale circostanza, invece, non risulta dalla proposta richiamata dal sig. Mazzullo, che, per giunta, non consente nemmeno la identificazione dei soggetti tenuti al versamento proposto. Il consiglio di amministrazione ha, quindi, rammentato che in assenza di una ricapitalizzazione nei termini anzidetti, l’organo amministrativo ha il dovere di legge di chiedere all’assemblea l’adozione dei provvedimenti in ordine allo stato di liquidazione. Dopo una breve interruzione dei lavori, alla ripresa il sig. Mazzullo ha nuovamente formulato istanza di sospensione dell’assemblea per tre giorni onde fosse consentita l’effettuazione dei versamenti da parte degli offerenti, dei quali, comunque, non ha indicato le generalità. Sul punto è intervenuto l’avv. Paolo Bertoni, delegato da circa quaranta azionisti, il quale, sostenuto nella richiesta anche dall’avv. De Benedetti, a sua volta delegato da vari soggetti, ha manifestato la necessità di portare a conoscenza dei propri deleganti le circostanze oggi conosciute, ivi compresa la notizia dell’impugnazione del bilancio di esercizio e consolidato della società al 31/12/2002 promossa dalla Consob, prima di deliberare sulla materia all’ordine del giorno. Tale istanza, fatta propria dai presenti all’unanimità, ha imposto la concessione del termine di rinvio prevista dall’art. 2374 del codice civile. Nel frattempo si segnala che nella serata odierna, nel corso della riunione del consiglio di amministrazione, è giunta via telefax la prima manifestazione di adesione da parte di uno degli istituti di credito alla proposta di ristrutturazione del debito formulata da Gandalf.  

AMS FORNISCE IL SISTEMA PER IL CONTROLLO DEL TRAFFICO AEREO AL KOSSOVO
Milano, 3 dicembre 2003 - Ams, joint venture paritetica tra Finmeccanica e Bae Systems, aggiunge una nuova regione alla lunga lista delle aree servite dai suoi sistemi per la gestione del traffico aereo: il Kossovo. L’azienda, consolidando la forte presenza nell’Europa orientale, ha firmato un contratto per la fornitura ed installazione di un sistema completo di sorveglianza e controllo del traffico aereo per l’Aeroporto Internazionale di Pristina in Kossovo. Il contratto è stato firmato con Icao (International Civil Aviation Organization) per conto di Unmik (United Nations Mission in Kosovo) che ha finanziato il progetto e che temporaneamente utilizzerà il sistema fino al definitivo trasferimento alle Autorità locali. Il contratto prevede la fornitura di un radar primario di approccio allo stato solido (Atcr-33s), un radar secondario (Sir-m), un Centro di Controllo completo di radio per le comunicazioni Tbt (terra-bordo-terra) e di un Voice Communication Switching System (Vcss). Fanno parte della fornitura anche le infrastrutture per ospitare i radar ed il Centro di Controllo (prefabbricati, torre antenne, generatori diesel ed Ups-uninterruptible Power Supply).

AMS PRESENTA LA SUA PROPOSTA PER IL ’SINGLE EUROPEAN SKY’ ALLA COMMISSIONE EUROPEA
Milano, 3 dicembre 2003 - Ams ha presentato presso gli uffici di Dg-tren, la Direzione Generale dell’Energia e dei Trasporti della Commissione Europea, la proposta per lo Studio della Fase di Definizione della Implementazione del Single European Sky, il programma comunitario di ottimizzazione e razionalizzazione degli spazi aerei. Alla riunione erano presenti B. Van Houtte (Direttore dell’Unità ‘Single European Sky’) ed i suoi principali collaboratori. I punti più qualificanti della proposta presentata da Ams sono: la costituzione di un Eeig (European Economic Interest Grouping) fra le industrie europee che operano nell’Atm (Air Traffic Management) per le Fasi di Definizione e di Sviluppo. La costituzione di una ‘Single European Sky Vehicle Company’ per gestire tutti i programmi della Fase di Sviluppo, ripercorrendo il percorso tracciato per il Programma Galileo. L’ing. Paolo Prudente, Direttore della Divisione Atmas (Air Traffic Management & Airport Systems) di Ams ha affermato: “I commenti positivi ricevuti dalla Commissione Europea ci incoraggiano a proseguire nella ricerca di un terreno di cooperazione internazionale fra i produttori europei dei sistemi Atm”.

COOPERATIVE DI LAVORO LEGACOOP LOMBARDIA PIÙ FORTI DELLA STAGNAZIONE ECONOMICA: CRESCONO POSTI DI LAVORO, NUMERO DI IMPRESE E FATTURATO
Milano, 3 dicembre 2003 - Le cooperative di lavoro Legacoop Lombardia, rappresentate dalle associazioni regionali di Produzione e Lavoro (Alcopl) e Servizi e Turismo (Alcst), hanno presentato alla stampa il Rapporto 2003 sull'andamento e il bilancio sociale. Il Rapporto fotografa un sistema che anche in anni di stagnazione ha saputo proseguire nello sviluppo e migliorare le prestazioni nel rispetto dei principi di mutualità tra i soci, sostenibilità, salvaguardia dell'ambiente e del benessere delle persone. Il preconsuntivo 2003 evidenzia un'ulteriore crescita, anche se rallentata rispetto ai trend precedenti: aumentano il numero di cooperative, che hanno toccato quota 460 (+3,6%), i posti di lavoro (gli occupati sono arrivati a 22.400, +3,5%) e il valore della produzione, cresciuto del 4% a 1.170 milioni di euro. Dinamiche ancor più positive per il valore aggiunto (666 milioni, +4,5%) e il reddito della gestione caratteristica (+6,5%). Un risultato che conferma in gran parte quello del 2002, chiuso con imprese in crescita del 2,1 %, addetti dell' 1,4% e valore della produzione del 6,1 %. "Presentando anche quest'anno il Rapporto sull'andamento economico e sul Bilancio Sociale - spiega Luca Bernareggi, presidente dell'Associazione Lombarda Cooperative di Produzione e Lavoro (Alcopl) - confermiamo il nostro impegno a fornire a tutti i soggetti che guardano con interesse al movimento cooperativo un quadro il più possibile esaustivo dei risultati conseguiti e, soprattutto, dei progetti in corso". Creati Oltre Mille Posti Di Lavoro In Due Anni "Le imprese cooperative, con le loro realizzazioni in tanti settori economici - sottolinea Gianfranco Piseri, presidente dell'Associazione Lombarda Cooperative Servizi e Turismo (Alcst) - dimostrano che quando c'è da produrre valore aggiunto in chiave di efficienza e di sviluppo delle risorse umane non sono seconde a nessuno". Negli ultimi due anni, infatti, le cooperative di lavoro lombarde hanno creato più di 1.000 nuovi posti di lavoro. Un risultato ancora più importante se si considera che coinvolge anche fasce della popolazione considerate deboli all'interno del mercato: giovani, over 40, immigrati e persone "svantaggiate" (portatori di handicap fisici e psichici, ex carcerati, ex tossicodipendenti). Oltre 750 lavoratori svantaggiati e circa 1.500 extracomunitari hanno trovato un lavoro sicuro nelle cooperative di lavoro. Donne E Giovani Sempre Piu' Protagonisti La presenza femminile all'interno del mondo cooperativo assume un peso sempre più rilevante: sugli oltre 22mila addetti, ben 10.900 sono donne. E le donne nel 2003 hanno tagliato un traguardo importante: per la prima volta le imprese con un presidente "rosa" hanno superato quota cento. Tra i comparti in sviluppo c'è quello delle cooperative socio-assistenziali: un settore che vede protagonisti molti giovani, ragazzi e ragazze, attratti dalla possibilità di soddisfare l'esigenza di lavorare in modo alternativo ai classici canoni aziendali, riunendo in sé la figura di lavoratore e quella di socio. Qualita' Del Lavoro In Primo Piano "L'economia della conoscenza non può più permettersi di perdere risorse di alta qualità a causa della carenza di buoni servizi di cura - afferma Felice Romeo, vicepresidente Alcst -. Servizi ritenuti da insigni studiosi come Martha Nussbaum uno degli elementi più importanti del Welfare, oltre che un pilastro della democrazia e un indice fondamentale della misurazione della ricchezza di un Paese, che vada oltre la tradizionale concezione del Pi!, oramai obsoleta". La missione delle imprese cooperative industriali e dei servizi non è solo creare lavoro, ma garantirne la qualità: oltre il 90% del totale degli addetti ha infatti un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Di questi, circa un terzo - pari a 8.320 persone, per il 50% donne - hanno un impiego part-time. "Una scelta - sottolinea Romeo, vicepresidente Alcst - che ci ha consentito di realizzare nei fatti le pari opportunità tra uomini e donne all'interno delle nostre imprese e di fare della forte presenza femminile un asset strategico per la crescita del sistema, soprattutto nel settore delle cooperative sociali". Una Politica Di Investimenti Che Guarda Al Futuro L'impegno sul fronte degli investimenti rimane consistente: agli oltre 100 milioni di euro del biennio 2001-2002 si sono aggiunti i 46 milioni del 2003 e i 44 già confermati per il 2004. "Nonostante la stagnazione economica - spiega Gianfranco Piseri - le cooperative di lavoro sono riuscite a confermare i progetti di investimento e ad accoppiare processi di razionalizzazione e progetti innovativi. Alla ripresa dell'economia quindi puntiamo a ripartire da posizioni favorevoli su diversi mercati. Abbiamo fiducia nelle nostre imprese: in diversi settori, dalle costruzioni, alla logistica, alla ristorazione, alle pulizie e ai servizi ambientali confermiamo tutti gli investimenti già programmati. Al centro della nostra strategia di sviluppo restano la qualità dei servizi alle persone e alle imprese, la qualità delle risorse umane, la solidità del lavoro e la formazione professionale per i soci lavoratori e per i dipendenti".  

ARTIGIANATO: IN AUMENTO IMPRESE E OCCUPAZIONE
Roma, 3 dicembre 2003 – E' stato pari a 9.260 unità il saldo tra le imprese artigiane iscritte (26.868) e quelle cessate (17.608) nel terzo trimestre dell'anno. Questo il principale risultato che emerge dai dati sulla nati-mortalità delle imprese artigiane resi noti oggi da Unioncamere sulla base di Movimprese, la rilevazione trimestrale condotta da Infocamere, la società consortile di informatica delle Camere di Commercio. Come conseguenza dell’andamento del saldo trimestrale, lo stock delle imprese artigiane è cresciuto dello 0,65% a fine settembre, attestandosi a 1.440.104 unità. L’insieme del comparto artigiano si irrobustisce, quindi, allargando la base di imprese anche in vista della creazione di nuovi posti di lavoro. Secondo i risultati dell’indagine trimestrale Excelsior, infatti, le imprese artigiane prevedono di realizzare 44.448 assunzioni nei dodici mesi che vanno da ottobre 2003 a settembre 2004. I settori Alla data del 30 settembre 2003 l’universo delle imprese artigiane si concentrava per l’84,2% in soli quattro settori economici: - le costruzioni, dove le imprese artigiane pesano per il 66,8% sul totale delle imprese del settore - i servizi pubblici, sociali e personali, dove l'incidenza è pari al 64,8% - le attività manifatturiere, dove l'incidenza è pari al 59,6% - i trasporti, con peso pari al 58,3% Nel corso del terzo trimestre, i quattro settori hanno determinato l'88,1% delle nuove iscrizioni (23.667 unità artigiane sul totale di 26.868), ma avendo fatto registrare solo il 79,5% delle cessazioni (13.998 su 17.608 unità) hanno contribuito per il 97,4% all'intero saldo delle imprese artigiane (9.017 su 9.260 unità). Il territorio Come evidenziato dalla tabella 2, il buon andamento del comparto artigiano (il tasso di crescita pari allo 0,65% delle imprese artigiane è migliore rispetto allo 0,53% fatto registrare dal sistema complessivo delle imprese nel trimestre) è stato sostenuto soprattutto dai risultati delle circoscrizioni Centro (0,97%) e Nord-ovest (0,78%), mentre il tasso di crescita della circoscrizione Sud e Isole ha toccato solo lo 0,28% confermandosi, come nelle ultime rilevazioni, al di sotto della media nazionale. Le nuove forme giuridiche artigiane Permane, anche nell'ultimo trimestre, la forte dinamica delle imprese costituite in forma di Società di capitale (una novità, questa, introdotta di recente dalla legislazione). Anche se il loro peso, per ora, è marginale (di poco superiore al punto percentuale) rispetto all'universo degli artigiani queste imprese hanno spiegato, da sole, il 9,6% del saldo trimestrale del comparto (886 unità su un saldo complessivo pari a 9.260 imprese), facendo segnare un tasso di crescita trimestrale del 5,9%. L’occupazione nei prossimi dodici mesi L’aggiornamento trimestrale dell’indagine Excelsior mette in evidenza come la crescita occupazionale prevista dalle imprese per i prossimi dodici mesi (146.000 nuovi posti di lavoro, +1,4% rispetto ai dodici mesi precedenti), sia determinata per il 30,4% dal comparto artigiano, che contribuirà al dato complessivo con 44.448 unità, pari ad una crescita del 3,1% su base annua. La nuova occupazione si concentrerà nella fascia di imprese con 1-49 addetti (+3,2%) mentre più ridotto sarà il contributo delle imprese con addetti tra 50 e 249 unità (+1,2%). Quasi la metà della nuova occupazione artigiana (il 49%) sarà generata dalle imprese del Mezzogiorno (22.000 posti di lavoro, pari ad una crescita del 7,1% su base annua). Seguono il Nord-est (12.358 assunzioni, +3,0%) e il Nord-ovest (6.514 occupati in più, pari all’1,5% su base annuale). Più lenta la crescita occupazionale nelle regioni del Centro, nelle quali le imprese artigiane prevedono di assumere 3.575 persone per un tasso di crescita nel periodo pari all’1,3%.

9 MILIONI DI EURO PER RILANCIARE L’OCCUPAZIONE IN ARGENTINA. L’OIL : L’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORO E ITALIA LAVORO SPA LANCIANO UN PROGRAMMA PER LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE
Ginevra, 2 dicembre 2003 - Rilanciare il mercato del lavoro in Argentina. Questo il principale obiettivo di un programma di cooperazione tecnica annunciato oggi nella sede della Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil), con la firma dell’accordo tra Oil, il Ministero del Lavoro, dell’Impiego e della Sicurezza Sociale argentino e Italia Lavoro Spa, l’agenzia tecnica per le politiche attive per l’occupazione che fa capo al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali italiano. L’accordo è stato sottoscritto da: Juan Somavia, Direttore Generale dell’Oil, Carlos Tomaia, Ministro del Lavoro, dell’Impiego e della Sicurezza Sociale argentino, Natale Forlani, Amministratore Delegato di Italia Lavoro. Con la firma dell’accordo, il Governo italiano si impegna a contribuire attraverso un finanziamento di 9 milioni di euro, al rilancio del mercato del lavoro in Argentina. Per il primo anno, è stato approvato un contributo di 3 milioni di euro che servirà a finanziare, attraverso l’Oil, il progetto, denominato“Area”, mira al sostegno ed al rilancio dell’occupazione in Argentina ed a favorire la costituzione o il consolidamento di reti di servizi di sostengo alle piccole e medie imprese argentine partendo da un approccio di sviluppo economico locale. “Questa firma, grazie all’impegno del Ministro del Lavoro, Roberto Maroni, e del Sottosegretario di Stato agli Esteri, Mario Baccini, ribadisce il sostegno del governo italiano all’Argentina - ha sottolineato Natale Forlani, Amministratore Delegato di Italia Lavoro - Ci aspettiamo importanti e concreti risultati sia sul piano dello sviluppo locale sia per quanto riguarda il rafforzamento della cooperazione tra sistema produttivo italiano e argentino. Il programma persegue obiettivi concreti: il rilancio dell’impiego e la creazione di nuovi posti di lavoro nel settore della piccola e media impresa, la riqualificazione e il reinserimento dei lavoratori e sarà concretamente realizzato – conclude Forlani - nelle regioni argentine di Gran Buenos Aires, Cordoba, Santa Fe, Mar del Plata, Mendoza, Neuquén e Catamarca”. “Questa cooperazione è destinata a giocare un ruolo importante, perché apporterà benefici concreti alle famiglie, alle comunità locali al popolo argentino” ha commentato il Direttore dell’Oil Juan Somavia. I risultati degli studi condotti dall’Oil in Argentina dimostrano che le rigidità e le restrizioni presenti nel settore dei servizi limitano le possibilità di sviluppo della piccola e media impresa, uno dei settori più colpiti dalla crisi economica argentina, e allo stesso tempo uno dei più dinamici in materia di rilancio e creazione d’impiego. Area prevede la partecipazione diretta delle istituzioni pubbliche e private argentine, inclusi i sindacati, le associazioni degli imprenditori e le università. In un periodo di crisi, le attività promosse dall’Oil e Italia Lavoro mirano ad affrontare la sfida della creazione di lavoro dignitoso, attraverso incrementi di produttività, nuove opportunità di mercato e mobilità finalizzate alla creazione di nuovi posti di lavoro. Su questo punto è stato particolarmente incisivo il Ministro del Lavoro argentino, Carlos Tomada che ha commentato: “Area rappresenta un sostegno importante per il popolo argentino che ha compiuto uno sforzo enorme per uscire dalla crisi”.

PRESENTATA AL CNEL L’INDAGINE ISTAT SU MATERNITÀ E LAVORO FEMMINILE
Roma, 3 dicembre 2003 - “L’idea secondo cui esisterebbe un rapporto negativo tra natalità e maternità, da un lato, e occupazione femminile, dall’altro, mostra tutta la sua fragilità anche statistica grazie a dati che indicano una relazione forte e diretta tra maggiore benessere economico e numero crescente di figli”. E’ quanto ha affermato la vicepresidente del Cnel, Francesca Santoro, chiudendo il seminario su “Maternità e partecipazione delle donne al mercato del lavoro tra vincoli e strategie di conciliazione”, che si è svolto oggi a Villa Lubin. Durante l’incontro è stata presentata la prima indagine su 50.000 neo-madri realizzata dall’Istat, che traccia l’identikit della madre lavoratrice e non. “Si tratta - ha proseguito la Santoro commentando l’indagine - di dati importanti. E se, come indicato dal protocollo di Lisbona, l’obiettivo di una maggiore occupazione femminile è strategico per la crescita del Paese, allora le politiche di conciliazione necessarie a sostenere questo obiettivo, anziché essere considerate un costo, devono essere lette come un elemento indispensabile alla ripresa e alla competitività dell’intero assetto economico-sociale, oltre che un elemento propulsore di civiltà”. Per questo, oltre ad incentivare i servizi tradizionalmente connessi al tema della conciliazione tra lavoro e sfera privata (come gli asili nido e l’assistenza all’infanzia), secondo la vicepresidente del Cnel, occorrono politiche di sistema, capaci di “prevedere interventi a tutto campo e coinvolgere tutti i settori, restituendo alla maternità la sua rilevanza sociale: il tema trasversale dell’educazione e della formazione, l’assistenza agli anziani e ai non autosufficienti, una politica edilizia che renda accessibili i prezzi delle case, una rete di trasporti funzionale ed efficace. In un progetto complesso in cui tutto si tiene”. “Per favorire la partecipazione delle donne, e in particolare delle madri, al mercato del lavoro - ha detto Silvia Costa, coordinatrice del Gruppo di lavoro sulle pari opportunità del Cnel, intervenendo al dibattito - occorre promuovere un sistema di sicurezza sociale più avanzato, fondato sul valore sociale della maternità e paternità, in cui il tema della conciliazione tra genitorialità, famiglia e lavoro diventi centrale nelle politiche di valorizzazione delle risorse umane, di coesione sociale e di innovazione produttiva. Per troppo tempo - ha proseguito - sono state tenute separate le questioni dell’organizzazione del mercato del lavoro, le esigenze della procreazione e della tutela del rapporto tra genitori e bambini, la promozione di nuove tipologie di politiche familiari e dei servizi”. All’intreccio tra welfare e dinamiche del lavoro femminile il Cnel dedica particolare attenzione: “Con la creazione di un apposito Gruppo di lavoro - ha spiegato Silvia Costa - il Cnel, anche con il Rapporto 2003 sul mercato del lavoro, ha voluto dare maggiore visibilità alle tematiche relative alla condizione delle donne e a una lettura di genere in ambito lavorativo e sociale, soprattutto in una fase che vede ridurre, nel nostro Paese, il ruolo delle sedi istituzionali e rappresentative della concertazione delle politiche delle e per le donne. Proseguiremo il nostro lavoro, con un ulteriore approfondimento con l’Istat sulle mille neo-madri immigrate presenti nel panel. Stiamo, inoltre, per pubblicare un documento su donne e previdenza. Raccoglieremo - ha concluso - anche l’invito a proporre di istituire presso il Cnel un Osservatorio di monitoraggio dell’applicazione della legge sui congedi parentali e delle buone pratiche di welfare locale”.
I principali risultati dell’indagine campionaria sulle nascite condotta dall’Istat nel 2002
L’Italia è il Paese più vecchio del mondo. La causa va ricercata nei livelli di sopravvivenza estremamente favorevoli, tra i più elevati al mondo. Ma anche nella bassissima fecondità, dovuta non solo e non tanto ai valori congiunturali attuali, ma anche alla persistenza del fenomeno: da quasi trent’anni ormai il numero medio di figli per donna è sotto 2, il cosiddetto livello di sostituzione di una generazione. In nessun Paese nel tempo statisticamente documentabile e nello spazio si è mai osservato un andamento simile. Eppure le donne italiane non rifiutano la maternità, tutt’altro. Oltre l’80% delle attuali quarantenni ha avuto almeno un figlio, come le loro madri o poco meno. L’autentico problema della fecondità italiana sta dunque nella caduta verticale delle nascite di ordine superiore al primo. Le nascite del terz’ordine e oltre sono diventate ormai un evento eccezionale. Le nascite del secondo ordine – per le nostre madri e nonne praticamente una regola – si sono invece molto ridotte. Il nodo cruciale sul quale puntare l’attenzione è dunque il passaggio dal primo al secondo figlio, la “progressione 1–> 2” si dice in demografia. Tuttavia i risultati della nostra indagine – come anche di altre indagini sulle aspettative di fecondità condotte in passato nel nostro e in altri Paesi sviluppati – ci confermano che il numero di figli desiderati si attesta in media intorno ai 2 o poco più. Per altro verso, ormai da tempo la cultura della contraccezione è diffusissima, così come è possibile il ricorso all’IVG (peraltro ridottosi moltissimo nel tempo), e avere un figlio è oggi una scelta consapevole nella stragrande maggioranza dei casi. Cosa dunque si frappone tra fecondità desiderata e fecondità effettivamente realizzata? Cosa impedisce, ostacola, rende difficile la scelta di avere un altro figlio, particolarmente un secondo figlio? Sono queste le domande a cui l’indagine campionaria sulle nascite condotta per al prima volta dall’Istat nel 2002 cerca di dare risposte. Affidabili sul piano del risultato scientifico e che possano essere di supporto alla promozione di policies informate. n Sono state intervistate 50.000 donne a distanza di circa 18-21 mesi dalla nascita dei figli. A 1/3 di loro è stato dedicato l’approfondimento sul lavoro e la cura dei figli. Si tratta di un lasso di tempo particolarmente significativo perché è quello in cui in media matura la scelta di avere meno altri figli in futuro. Inoltre nelle famiglie con almeno un figlio al di sotto dei due anni si pongono in modo rilevante i problemi di conciliazione tra i tempi del lavoro e quelli delle cure e dell’impegno familiare. L’interazione maternità-lavoro L’interazione maternità-lavoro è uno dei nodi critici che le neo-madri si trovano ad affrontare. Le donne e le madri sono sempre più istruite e sempre più inserite nel mondo del lavoro. La partecipazione delle neo-madri al mercato del lavoro rivela comportamenti estremamente differenti per area di residenza, titolo di studio e numero di figli avuti. Lavora il 63,2% delle neo-madri residenti al Centro-Nord e solo il 32,5% delle donne del Mezzogiorno. Lavora il 76% delle donne laureate e solo il 32% di quelle con una licenza media o elementare. Infine, le neo-madri con un solo figlio sono in prevalenza occupate (57%), mentre la proporzione scende al 44,7% per le donne con 2 o più figli. Che lavoro fanno le neo-madri? Le madri che lavorano fuori casa hanno nella maggioranza dei casi un impiego nel settore privato (69% contro il 31% nel pubblico). Per l’82% delle madri si tratta di un lavoro a tempo indeterminato, mentre il 14% lavora con un contratto a tempo determinato e il 4% è senza contratto, con un lavoro occasionale o stagionale. A titolo indicativo si consideri che dai dati sulle forze di lavoro riferiti al 2001, ha un lavoro permanente l’88,1% delle donne – considerate nel complesso – e il 91,7% degli uomini. Lavorano in proprio il 18% delle madri (il 21,6% delle donne e il 31,6% degli uomini nel complesso). Dell’82% delle madri che lavorano alle dipendenze, il 33,2% lavora part-time; in questo caso si tratta di un valore molto superiore a quello di tutte le donne part-timers (16,9%, e solo il 3,5% degli uomini lavora a tempo parziale Istat (2002), Forze di lavoro, Media 2001, Annuario n.7, Roma.). Per quanto riguarda il settore di attività economica, il 33,6% lavora nel pubblico impiego (pubblica amministrazione, istruzione, sanità ed altri servizi sociali), il 23,6% si occupa di una attività commerciale (all’ingrosso e al dettaglio, alberghi e ristoranti), il 22,1% ha un impiego nei servizi (intermediazione, noleggio e altre attività professionali, trasporti e comunicazioni, altri servizi pubblici sociali), il 18,1% nell’industria e solo il 2,5% nel settore agricolo. Oltre la metà delle neo-madri lavoratrici è impiegata e il 23% è dipendente di altro tipo (operaio, apprendista, lavoratore a domicilio per conto di imprese). Tra le donne che lavorano come autonome emergono – con quasi il 10% – le lavoratrici in proprio (negozianti, artigiani, ecc.), le coadiuvanti familiari e altri lavori autonomi raggruppate in una unica categoria (‘altro autonomo); il 5,6% sono libere professioniste, e pochissime sono socie di cooperative di produzione di beni e servizi (meno dell’1%). Quando la conciliazione è improponibile: le madri che perdono o lasciano il lavoro Il punto di incontro potenziale tra lavoro e famiglia dovrebbe vedere le donne, e le coppie, perfettamente in grado di poter scegliere in base alle proprie aspettative e ai progetti di vita familiare e professionale. Conciliare scelte riproduttive e lavorative significa non dover subordinare una scelta all’altra. Dai risultati dell’indagine condotta dall’Istat sulle neo-mamme emerge, tuttavia, che il diritto di scegliere è solo teorico per molte donne. Ci sono donne che perdono il lavoro dopo la nascita dei figli (il 6% di tutte quelle che lavoravano in gravidanza è stata licenziata, in alcuni casi il loro contratto è terminato oppure è cessata l’attività del datore di lavoro). Più numerose sono le donne che decidono di abbandonare il lavoro (il 14% di chi lavorava in gravidanza), per gli orari inconciliabili con i nuovi impegni familiari o per potersi dedicare completamente alla famiglia. Ma questa scelta è in alcuni casi destinata ad avere pesanti conseguenze sulla condizione socio-economica della famiglia. Quando entrambi i genitori lavorano, è il 16% delle famiglie che si è trovato a dover fronteggiare situazioni di difficoltà economiche dopo la nascita del bambino. Quando le madri sono casalinghe, al contrario, questa proporzione sale al 26%. Infine, tra le donne che risultano in cerca di occupazione ben il 37% ha dichiarato di avere avuto problemi economici. Lasciare il lavoro è, nell’intenzione di molte madri, una scelta momentanea. Si è visto, infatti, che tra tutte le donne che hanno svolto una attività lavorativa nel corso della loro vita, ma che non lavorano in gravidanza né al momento dell’intervista, il 71% desidera tornare a lavorare in futuro. Mentre questa percentuale scende al 50% per le donne che non hanno mai lavorato. Tuttavia, un’interruzione nell’attività lavorativa può comportare un rischio elevato di non reinserirsi nel mondo del lavoro, o di rimanerne a lungo al di fuori. Questo è ancora più vero in presenza di minori opportunità di lavoro, come accade nel Mezzogiorno dove risiedono prevalentemente le donne che non lavorano. Quando conciliare è un arte da stratega: le neo-madri che lavorano L’indagine dell’Istat consente di dare voce alle madri che lavorano, chiedendo loro una valutazione soggettiva sull’esistenza o meno di ostacoli che si frappongono alla conciliazione dei tempi del lavoro con quelli familiari e, più in generale, di vita. Il 35,7% delle madri che lavorano dichiara di avere delle difficoltà nel conciliare la vita lavorativa con quella familiare. Gli aspetti più critici del lavoro svolto risultano in particolare: ‘la rigidità nell’orario di lavoro’ (nel senso di non poter entrare più tardi o uscire anticipatamente se necessario, o usufr
.  Le reti formali e informali per la cura dei bambini La peculiarità del nostro Paese è ravvisabile nel ricorso intenso alla rete di aiuti informale e alla solidarietà intergenerazionale. Sei bambini su dieci sono affidati ai nonni quando la madre lavora. Questo avviene principalmente per la carenza di servizi per l’infanzia: solo due bambini su dieci frequentano un asilo nido pubblico o privato. L’analisi territoriale rivela che, sebbene il modello di affidamento sia lo stesso in tutte le ripartizioni, tuttavia il Mezzogiorno si distingue per un’incidenza lievemente più bassa di bambini affidati ai nonni (52% contro il 56% del Nord) e per una quota più elevata di bambini affidati alla baby sitter (13% contro il 10% del Nord), ad altri familiari e conoscenti (5% rispetto al 2% del Nord), o accuditi dagli stessi genitori (11% contro l’8% del Nord). Le differenze più marcate si osservano, tuttavia, quando si considerano gli asili nido: i bambini che frequentano un nido pubblico sono solo il 6% nel Mezzogiorno, mentre sono il 13% al Centro e il 15% al Nord. Questi risultati sono in accordo con la nota minore disponibilità di servizi pubblici per l’infanzia nelle regioni Meridionali. Il piacere e l’onere della cura dei nipoti grava sui nonni in maniera decrescente passando dai primogeniti ai bambini di ordine successivo. L’impegno richiesto ai nonni è quasi dimezzato per i bambini del terzo ordine o più (36%), rispetto ai primogeniti (60%). Il fenomeno si spiega, in parte, anche con il progressivo avanzare dell’età dei nonni all’aumentare dell’ordine di nascita dei bambini. In secondo luogo, l’opportunità di usufruire di un asilo pubblico aumenta per i bambini con altri fratelli. A questo proposito è interessante considerare le soluzioni adottate dalle donne con più di un figlio per l’accudimento degli altri fratelli: mentre l’impegno richiesto ai nonni diminuisce considerevolmente ed è pari all’11%, e anche il ricorso alla baby sitter scende al 2%, al contrario si incrementa la proporzione dei bambini affidati si servizi per l’infanzia e soprattutto alla scuola materna (46%). Un ricorso così intenso ai nonni rappresenta un sicuro elemento di criticità del sistema: la rete familiare è sovraccarica e le tendenze demografiche e sociali in atto lasciano prevedere un suo ulteriore aggravio: si vive sempre più a lungo e sempre più spesso le nonne hanno anche i loro anziani genitori di cui occuparsi; il prolungamento dell’età pensionabile, riduce i nonni potenzialmente in grado di occuparsi dei nipoti. Infine, un sistema di aiuti basato prevalentemente sulla solidarietà intergenerazionale non è equo, in quanto non lascia molte alternative a chi sui nonni non può contare. Atteggiamento delle madri nei confronti dei servizi all’infanzia Le madri mostrano atteggiamenti decisamente positivi nei confronti dei servizi per l’infanzia. Esprimono delle motivazioni a favore di una scelta volontaria per quanto riguarda il nido pubblico il 76% delle madri laureate o diplomate e il 70% delle donne con titolo di studio più basso. Per quanto riguarda l’asilo nido privato le proporzioni sono leggermente più basse soprattutto per le donne con un titolo più elevato: hanno infatti scelto volontariamente il nido privato circa il 70% delle laureate e delle diplomate. Per una corretta interpretazione di queste proporzioni occorre considerare che, verosimilmente, la scelta di un asilo nido privato è in molti casi di “ripiego” rispetto alla scelta di un asilo pubblico: queste percentuali non vanno quindi lette nel senso di una generale sfiducia nei confronti delle strutture private, ma come una domanda potenziale di posti in strutture pubbliche. A sostegno di quanto detto finora, le madri di bambini che frequentano l’asilo nido esprimono generalmente un elevato grado si soddisfazione rispetto alle modalità di cure ricevute dal bambino: il 74,6% delle madri che affidano il bambino al nido pubblico è molto soddisfatto del gioco e della stimolazione intellettiva, il 72% dell’approccio educativo. Questo significa che il nido pubblico risponde molto bene alle aspettative delle donne. La domanda potenziale di asili nido È stato chiesto a tutte le madri che non mandano i bambini all’asilo se avrebbero preferito questa soluzione e, se si, perché non hanno potuto dar seguito alle loro preferenze. Tra le madri che non hanno mandato il proprio figlio all'asilo nido il 28,1% ha dichiarato che, in realtà, avrebbe voluto. Questa percentuale può essere interpretata come una domanda potenziale di asili nido. Tuttavia, l’esperienza dimostra che più i servizi all’infanzia sono diffusi e funzionano bene più ne aumenta la richiesta: il nido diventa una scelta educativa di cui un numero sempre crescente di madri vuole avvalersi. Le madri che vorrebbero fare uso dei servizi all'infanzia, ma che non hanno potuto, dichiarano tra i motivi più frequenti la mancanza di posti (22% circa), la carenza di asili nido nel comune di residenza (21% circa) e la retta troppo cara (19%). È nel Mezzogiorno che si registrano le percentuali più alte di madri che denunciano l’assenza di asili nido nel proprio comune 34% contro il 15% di quelle del Nord. Il lavoro domestico Un ultimo aspetto che occorre considerare nel valutare il carico di lavoro che grava sulle neo-madri riguarda il lavoro domestico. La divisione del lavoro familiare nel nostro Paese è sbilanciata a svantaggio delle donne, anche quando queste lavorano fuori casa. Il numero di ore svolte nelle attività domestiche e di cura dalle donne risulta circa il triplo di quello degli uomini, e il divario non si riduce di molto se si considerano individui occupati. Il carico di lavoro per le madri si fa quindi ancora più pesante quando non hanno aiuti nello svolgimento dei lavori in casa e non possono contare sulla collaborazione del partner. Il 73% delle madri dichiara di non ricevere alcun aiuto per i lavori in casa; tra chi, invece, lo riceve, nel 38% dei casi viene aiutato da una collaboratrice domestica, nel 28% dal partner e nel 21% si ha di nuovo il coinvolgimento dei nonni. La possibilità di ricevere aiuti per i lavori domestici interagisce con le scelte di affidamento del bambino fatte dalle famiglie. Il ricorso alla rete parentale, e in particolare ai nonni, per l’affidamento dei bambini comporta un ricorso alla stessa rete per gli aiuti domestici e più in generale si caratterizza per una divisione dei lavori di casa e della cura dei bambini organizzata prevalentemente in ambito familiare: nel 64% dei casi è la stessa madre ad occuparsi della casa, nel 36% dei casi è il marito o il compagno della donna ad aiutarla nei lavori domestici, nel 28% dei casi sono gli stessi nonni, mentre solo nel 31% l’aiuto è esterno ed è fornito da una collaboratrice familiare. Al polo opposto si trovano le famiglie che hanno scelto di affidare il bambino prevalentemente ad una baby sitter che, come si è visto, spesso svolge anche funzioni di collaboratrice domestica. Queste famiglie sono quelle in cui oltre la metà delle donne ricevono aiuti per la casa e questi aiuti sono forniti nel 74% dei casi da una collaboratrice familiare, nel 10% dei casi dal marito, e soltanto nel 5% dei casi dai nonni.

L'UE APPOGGIA LO STORICO ACCORDO SULL'ENERGIA FRA ISRAELE E L'AUTORITÀ PALESTINESE
Bruxelles, 3 dicembre 2003 - Uno storico accordo sulla cooperazione energetica fra Israele e l'Autorità Palestinese é stato firmato ieri a Roma, sotto gli auspici dell'Unione europea, alla presenza del Presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi e della Vice-presidente della Comissione europea Loyola de Palacio. L'intesa raggiunta mira a creare le basi concrete per un dialogo energetico fra le due parti tramite l'identificazione e la promozione di progetti di interconnessione di reciproco interesse, da inserire nel quadro del partenariato euromediterraneo sull'energia. Varie misure concrete sono state concordate: la costruzione di un impianto comune di produzione di elettricità; lo sviluppo di una interconnessione elettrica fra Gaza e Netivot e di una interconnessione di gas fra Ashkelon e Gaza; la definizione di un quadro comune per gli scambi e il commercio, bilaterali e regionali, di elettricità; lo sviluppo della cooperazione sulle energie rinnovabili; la definizione di una piattaforma comune per il controllo della cooperazione energetica israelo-palestinese. Lanciato nel maggio scorso, questo "dialogo energetico" - condotto da un gruppo tecnico tripartito di cui fanno parte la Commissione europea, Israele e l'Autorità palestinese - si é svolto in varie fasi, a Atene, Gerusalemme e a Roma (da giugno a settembre) con la partecipazione della Presidenza dell'Ue. "Cosi' come é avvenuto per i paesi europei dopo la seconda guerra mondiale" ha detto Loyola de Palacio, vice-presidente responsabile per i Trasporti e l'energia, "anche questo dialogo deve essere un fattore di riavvicinamento e di cooperazione, che permetta di superare le contrapposizioni e I conflitti e di impegnarsi risolutamente sulla strada dell'interdipendenza e della solidarietà". "A questo proposito" ha aggiunto "la dichiarazione congiunta fra Israele e l'Autorità palestinese é emblematica e rappresenta per tutte le parti un autentico messaggio di speranza".

LE PROPOSTE DELL'AUTORITÀ PER RIDURRE LE INTERRUZIONI LOCALI DEL SERVIZIO ELETTRICO NEL PERIODO 2004 - 2007: NUOVA CONSULTAZIONE CON I SOGGETTI INTERESSATI
Milano, 3 dicembre 2003 - L'autorità per l'energia elettrica e il gas ha diffuso ieri un documento per la consultazione per la regolazione della continuità del servizio di distribuzione dell'energia elettrica per il prossimo quadriennio. Il documento è disponibile su internet al sito www.Autorita.energia.it Fra le principali novità previste per il periodo 2004 - 2007 vi è quella di una maggior tutela dei clienti "serviti peggio" che verrebbe realizzata con l'introduzione di un tetto al numero di interruzioni annue per un cliente in media e alta tensione e di rimborsi individuali per quelli che subiscono troppe interruzioni. Viene definita inoltre la "liberalizzazione" dei contratti per la qualità, introducendo la facoltà, per le imprese fornitrici e i clienti finali, di stipulare propri contratti con livelli di qualità diversi e migliorativi rispetto a quelli stabiliti dall'Autorità, con premi annui a carico dei clienti o rimborsi per mancato rispetto. Il documento prevede infine un ulteriore rafforzamento della regolazione attualmente in vigore che definisce per ogni area del paese precisi obiettivi annui di riduzione della durata media delle interruzioni generate in ambito locale e un meccanismo di incentivi e penalità per i distributori. Nel complesso il documento definisce meglio le proposte avanzate dall'Autorità nel luglio scorso in materia di continuità (interruzioni) del servizio di distribuzione già sottoposte ad un ampio giro di consultazione e di audizioni con tutti i soggetti interessati. Per quanto riguarda le proposte in materia di qualità commerciale (rapporti contrattuali tra fornitori e clienti dei servizio di distribuzione, misura e vendita dell'energia elettrica) l'Autorità ritiene sufficiente la consultazione conclusa: il provvedimento che verrà emanato terrà conto delle osservazioni pervenute e in particolare delle proposte di semplificazione avanzate da alcuni operatori. Per definire meglio la regolazione delle interruzioni locali sulle reti di distribuzione, aderendo anche alla richiesta dei soggetti interessati, l'Autorità ha ritenuto opportuno raccogliere ulteriori contributi e osservazioni dai soggetti interessati che potranno arrivare sino al 12 dicembre 2003.

LA COMMISSIONE EUROPEA AUTORIZZA L'ASSUNZIONE DA PARTE DELLA PREEM DEL CONTROLLO ESCLUSIVO SULLA RAFFINERIA SVEDESE SCANRAFF
Bruxelles, 3 dicembre 2003 - La Commissione europea ha approvato l'acquisizione da parte della società petrolifera svedese Preem della partecipazione del 25 % detenuta da Norsk Hydro nella raffineria svedese Scanraff, che è attualmente un'impresa comune fra le due società. Il passaggio dal controllo congiunto al controllo esclusivo non suscita preoccupazioni dal punto di vista della concorrenza, poiché continueranno ad esistere concorrenti forti sul mercato. La raffineria Scanraff è situata a Lysekil, sulla costa occidentale della Svezia. La Scanraff è attualmente controllata congiuntamente dalla Preem e dalla Norsk Hydro, con partecipazioni rispettivamente del 75% e del 25%. Come conseguenza della transazione proposta Preem acquisirà il controllo al 100% della raffineria Scanraff . La Preem è una società svedese che si occupa di distribuzione, al dettaglio e non, di prodotti petroliferi raffinati (benzina, diesel, gasolio e olio combustibile), tramite organizzazioni di commercializzazione proprie e distributori di benzina. Preem possiede una seconda raffineria, la Preemraff , anch'essa situata sulla costa occidentale della Svezia. La Commissione ha esaminato gli effetti della transazione sul mercato della vendita non al dettaglio di carburante e sul mercato a valle della vendita di carburanti al dettaglio. L'analisi ha concluso che l'acquisizione proposta non dà adito a preoccupazioni dal punto di vista della concorrenza, poiché le quote di mercato dell'entità derivante dall'operazione non sono molto elevate e parecchi concorrenti forti, quali Shell, Statoil e Fortum, rimarranno sul mercato.  

SERVIZI PUBBLICI: IN LOMBARDIA MEGLIO CHE IN ITALIA MA SU RIFIUTI E MEZZI PUBBLICI C’È ANCORA DA FARE
Milano, 3 dicembre 2003. I servizi pubblici? Bene energia elettrica e gas, ma su rifiuti e mezzi pubblici c’è ancora da fare. E’ questo il giudizio dei lombardi che emerge da un’elaborazione della Camera di Commercio di Milano su dati Istat, Dipartimento del Tesoro, Ministero Ambiente, Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, Federgasacqua, Comune di Milano per l’anno 2000 e 2001. L’energia elettrica vede così il consenso del 95,7% delle famiglie e il gas si fa apprezzare dal 94,1%, anche se circa l’8% non accede al metano. Un dato comunque molto superiore alla media italiana, dove quasi il 30% non è collegato. Il contenitore dei rifiuti? Troppo lontano per un lombardo su cinque. Comunque nella media italiana. Ancora poco accessibile soprattutto la raccolta differenziata: per plastica, lattine e farmaci, raggiunti facilmente da circa un lombardo su due. Ma con lombardi comunque ben più soddisfatti della media italiana, circa del 10%. E nei trasporti si usa ancora troppo la macchina, scelta dal 37,9% degli studenti e preferita dalla grande maggioranza dei lavoratori, il 72,4%. Anche qui il dato è comunque inferiore alla media italiana, anche se solo di un paio di punti. E intanto i prezzi aumentano, proprio per il trasporto pubblico (extraurbani +1,1%) mentre si riducono i costi di luce e gas (-1,5% e –6,4%). E, a sorpresa, i prezzi di beni e servizi liberalizzati aumentano di più di quelli controllati (2% contro 0,1%), anche se restano sotto l’indice generale (2,5%). Se ne è parlato oggi al Consiglio all’incontro dei consiglieri della Camera di Commercio, aperto ai rappresentanti delle public utilities “Tra liberalizzazione e privatizzazione”, con la partecipazione di Giuseppe Bencini, Presidente Amsa, Giulio Burchi, Presidente Mm, Aldo Scarselli, Consigliere d’Amministrazione Aem, Presidente Consorzio Milano Sistema, Bruno Soresina, Presidente Atm. “In una realtà sempre più globalizzata - Carlo Sangalli, presidente Camera di Commercio di Milano – le città si confrontano sempre più sui servizi pubblici, la qualità dei quali è indicatore di qualità della vita. Stiamo passando da una logica di alta tassazione generale e basso livello delle tariffe ad una situazione capovolta. E questo è importante non solo perché si paga in base ciò che si usa, ma soprattutto perché il livello delle tariffe dipende dal livello dell’offerta dei servizi. E questo è una forma di controllo diffuso e di stimolo a fare meglio”. Public utilities. Questa definizione comprende tutti i servizi pubblici in via di privatizzazione. Tra questi troviamo la raccolta dei rifiuti, le forniture di energia elettrica, gas e acqua, i trasporti pubblici. Produzione di rifiuti. In questo settore osserviamo un aumento tra il 1999 e il 2000, secondo le elaborazioni del Ministero dell’Ambiente su dati Istat. Per la Lombardia , la quantità di rifiuti raggiunge nel 2000 4.279.970 di tonnellate, 472 kg per singolo abitante all’anno (sono 501 kg a livello italiano), e un aumento annuo della produzione di rifiuti del 3,92% e del 3,39% per abitante. Il 20,5% delle famiglie denuncia problemi nel raggiungere i contenitori di rifiuti. Prezzi: quanto aumentano? I prezzi delle public utilities a livello nazionale aumentano diversamente, a seconda del servizio in questione. Secondo le elaborazioni del dipartimento del tesoro, tra il 2001 e il 2002 guidano l’aumento i trasporti marittimi (8,9%), seguono i rifiuti solidi urbani (3,5%) i trasporti urbani (3,4%), l’acqua potabile (2%), i trasporti extraurbani (1,1%), i trasporti ferroviari (0,7%). Diminuiscono i costi per elettricità (-1,5%) e gas di erogazione (-6,4%). L’acqua potabile, secondo la tariffa media a ciclo idrico, in tutta Italia costa meno a Milano (47 cent. M. Cubo) e Lecco (51 cent.). Per quanto riguarda il costo del gas per riscaldamento nel 2002, Milano si attesta in una posizione intermedia per il costo netto (35,3 centesimi di euro al metro cubo). Il costo lordo, a causa delle tasse, è tra i più alti (63,3 centesimi di euro al metro cubo). Prezzi: crescono meno le tariffe controllate. I beni e servizi liberalizzati aumentano di più di quelli controllati a livello nazionale (2% contro 0,1%), anche se restano sotto l’indice generale (2,5%). Ad esempio i medicinali a prezzo libero crescono del 2,3% e quelli controllati scendono del –3,7%. Le tariffe dei trasporti controllati urbani e ferroviari sono salite del 3,4% e dello 0,7% mentre quelle dei voli aerei liberalizzati del 4,6%. Soddisfazione: che cosa pensano delle public utilities i cittadini lombardi? Per il settore energia elettrica, il 95,7% in Lombardia delle famiglie intervistate si dichiara soddisfatta nel servizio nel complesso, secondo i dati del 2001 (contro il 92,4% degli italiani). Percentuale che scende per la frequenza della lettura del contatore (81,2%) e informazioni sul servizio (79,7%). Per il settore del gas, il 92,2% delle famiglie intervistate nel 2001 è allacciata alla rete (72% gli italiani). Il 94,1% si dichiara soddisfatto del servizio nel complesso (94,9% gli italiani), soddisfazione che scende per la comprensibilità della bolletta (84,7%) e informazione sul servizio (83,5%). Per i contenitori della raccolta differenziata, il 60,3% dichiara di raggiungere facilmente i contenitori della carta (52,3% gli italiani), percentuale simile per il vetro (74,2% contro il 56,5% nazionale), per i contenitori in plastica per alimenti (55,3% e 43,2%) e rifiuti organici (51,6% e 42,1%). Più bassa la soddisfazione per la facilità nel raggiungere i contenitori per la raccolta differenziata di farmaci (46,8% e 32,7%), batterie (36,4% e 26,1%), e lattine in alluminio (43,9% e 32,1%). Uso: quanto usano le utilities i lombardi, studenti e lavoratori? Nel settore trasporti, il 73,5% dei giovani lombardi, soprattutto studenti (69,5% italiani), usa i trasporti per recarsi al luogo di studio, principalmente in auto (37,9% e 36,7%), in pullman o corriera (13,6% e 12,2%), in tram e bus (9,7% e 12%), con pullman aziendale o scolastico (6,3% e 6,1%) e in treno (10,6% e 6,4%). Il 62% impiega meno di 15 minuti (60,6% italiani), il 17,5% oltre 31 minuti. Per quanto riguarda i lavoratori, il 72,4% si reca al luogo di lavoro in automobile (74% italiani), il 3,5% usa il treno, il 6,1% tram e bus, la metropolitana il 5,1%, l'1,9% pullman e corriere. Il 45,5% impiega meno di 15 minuti, il 18,7% oltre 31 minuti.

INIZIATIVA CNA MILANO DELEGAZIONE GIAPPONESE IN VISITA IN BRIANZA
Cesano Maderno, 3 dicembre 2003 - La sede provinciale di Milano della Cna – Confederazione Nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa – ha promosso un meeting commerciale fra imprenditori brianzoli e una delegazione di operatori giapponesi. Questa iniziativa risponde sia alle esigenze degli associati Cna, che vedono aprirsi la possibilità di incontrare un nuovo mercato, sia a quelle degli operatori giapponesi interessati ad allacciare relazioni commerciali per acquisire i prodotti di qualità garantiti dalla forte tradizione brianzola. L’obiettivo è quello di sviluppare nuove partnership commerciali tra i due paesi attraverso il confronto e la conoscenza approfondita delle particolari esigenze del mercato giapponese, facendo leva sulla grande flessibilità del settore artigiano, per arrivare ad interpretare correttamente le aspettative dei partner orientali. Oltre alla soddisfazione dell’obiettivo commerciale, la missione si pone anche traguardi culturali. Sviluppata seguendo un percorso di visita nelle tipiche piccole imprese brianzole, attive in settori di particolare interesse come la produzione mobiliera, pelletteria e bigiotteria, la giornata è, infatti, caratterizzata, durante la sosta a Cesano Maderno, da una visita guidata a Palazzo Arese Borromeo. A fare gli onori di casa è stato il sindaco di Cesano Maderno, Pier Luigi Ponti, accompagnato dagli assessori Aldo Strada (Attività Produttive) e Paolo Vaghi (Cultura e Turismo).

GIANVITTORIO GANDOLFI, PRESIDENTE E AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA 17 HOLDING S.P.A RINGRAZIA  VACANZE ITALIENE
Milano 3 dicembre 2003 - Gianvittorio Gandolfi, Presidente e Amministratore Delegato della 17 Holding S.p.a (società capogruppo della Cit S.p.a e di Progetto Italiano S.p.a) a seguito della revisione della decisione governativa, che individuava in Scanzano Jonico l’unica sede per la realizzazione del deposito nazionale delle scorie nucleari, intende pubblicamente ringraziare tutti i dipendenti di Vacanze Italiane, impegnati nell’assistenza ai presidi, che hanno condiviso insieme ai vertici dell’azienda la preoccupazione del momento ma, allo stesso tempo, l’impegno e la fiducia per una soluzione equa del problema; inoltre ringrazia: tutti i cittadini di Scanzano Jonico e dei paesi limitrofi; tutte le istituzioni: il governo nazionale, il governo regionale della Basilicata, l’Amministrazione Provinciale di Matera, l’Amministrazione Comunale di Scanzano Jonico; i parlamentari della Basilicata, i segretari regionali di tutti i partiti politici; le organizzazioni sindacali; le organizzazioni di categoria, con particolare riferimento all’Unione Industriali di Matera che svolto, come sempre, la sua azione a tutela e per lo sviluppo del tessuto imprenditoriale del Metapontino; tutti i comitati organizzatori dei presidi di protesta pacifica;  le istituzioni religiose, con un particolare ringraziamento al Parroco di Scanzano Jonico; - tutta la società civile e le associazioni di volontariato che hanno sostenuto le iniziative; - i cittadini e le Istituzioni delle regioni limitrofe Puglia, Calabria e Campania. Il Dott. Gandolfi il giorno 10 dicembre p.V. Presso il villaggio Torre del Faro di Scanzano Ionico avrà il piacere di incontrare la stampa ,i dipendenti di Vacanze Italiane con le rispettive famiglie e tutti coloro sopra citati che liberi dai propri impegni ,gradiscono partecipare all’incontro. Gianvittorio Gandolfi auspica di poter continuare a lavorare insieme per un’azione comune di sviluppo dell’area del metapontino, sapendo che qualsiasi difficoltà potrà essere superata insieme nel segno di una reciproca fiducia in un futuro migliore.

UNA NUOVA CARTA DEL TERRITORIO MONDIALE CONTRIBUISCE ALLA PREVISIONE E ALLO STUDIO DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI
Bruxelles, 3 dicembre 2003 - Una carta del territorio mondiale, che offre una panoramica della vegetazione e della copertura del suolo del pianeta, è stata presentata dal Centro comune di ricerca (Ccr) della Commissione europea e da oltre 30 partner, in occasione di una conferenza tenutasi il 26 novembre a Baveno (Italia). "Glc2000" è una banca dati della copertura globale del suolo, capace di migliorare le conoscenze sul cambiamento climatico e di consentire agli scienziati di fare previsioni più accurate sui disastri naturali e provocati dall'uomo. Essa è stata portata a termine da una partnership internazionale di oltre 30 organizzazioni di ricerca, coordinata dal Ccr. Nel commentare i risultati del progetto, il commissario europeo per la Ricerca Philippe Busquin ha dichiarato: "Grazie alla collaborazione, scienziati di tutto il mondo ci hanno fornito un quadro unico e preciso dello stato della superficie del nostro pianeta all'alba del terzo millennio. Questa mappatura esaustiva ci consente di monitorare al meglio gli effetti del cambiamento climatico e dell'attività umana sulla natura". Il monitoraggio della copertura mondiale del suolo rappresenta uno dei settori chiave dell'iniziativa congiunta della Commissione e dell'Agenzia spaziale europea sul sistema di monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza (Gmes). Oltre a migliorare lo studio scientifico di ecosistemi, biodiversità e cambiamento climatico, il progetto "Glc2000" contribuirà anche a perfezionare le previsioni meteorologiche e ad anticipare vari tipi di disastri, come alluvioni, incendi e ondate di caldo. Prima del lancio di "Glc2000", gli scienziati che lavoravano in settori quali la modellizzazione del clima, la gestione delle risorse e gli studi sugli ecosistemi basavano le loro conclusioni sulle osservazioni satellitari raccolte tra il 1992 e 1993. Tuttavia, dall'inizio degli anni '90, si sono verificati cambiamenti significativi al livello della copertura del suolo del pianeta. Ad esempio, dal 1993, ogni anno sono già scomparsi circa sei milioni di ettari di foresta tropicale umida. La scienza, intanto, ha fatto dei passi in avanti con il lancio nello spazio di nuovi sensori più sofisticati e gli esperti hanno migliorato le metodologie utilizzate per analizzare i dati delle mappe di copertura del suolo. Nell'ambito dell'iniziativa "Glc2000", dal 1° novembre 1999 al 31 dicembre 2000 sono state effettuate osservazioni quotidiane della superficie del pianeta, utilizzando il sensore "Vegetation" installato a bordo del satellite Spot-4. All'iniziativa internazionale ha contribuito un consorzio di partner europei composto da Commissione europea, Centro nazionale francese di studi spaziali, Consiglio spaziale nazionale svedese, Agenzia spaziale italiana e Ufficio belga delle scienze e delle tecnologie. Come è avvenuto in Europa, esperti locali di tutto il mondo hanno effettuato la mappatura delle rispettive regioni finché non è stato ottenuto un quadro completo del pianeta. Il Ccr ha poi analizzato le mappe regionali e le ha utilizzate per creare la banca dati "Glc2000". Questa nuova mappa presenta nel dettaglio 22 tipi di copertura del suolo, che vanno dalle foreste, i terreni agricoli e le città, fino ai deserti e i nevai perenni. La presentazione di "Glc2000" alla conferenza di Baveno è stata seguita da una riunione del gruppo intergovernativo ad hoc "Osservazione della Terra" (Geo). I partecipanti hanno discusso gli sviluppi di un piano decennale volto a realizzare un sistema (o un insieme di sistemi) completo, coordinato e permanente per l'osservazione terrestre. La prima riunione sul tema si è svolta nell'agosto 2003 a Washington Dc, subito dopo il primo Vertice sull'osservazione della Terra, in occasione del quale era stato istituto il gruppo. Infolink: http://www.Gvm.jrc.it/glc2000/defaultglc2000.htm

I SEGRETI DELL’ACQUA SVELATI A ROMA
Roma, 3 dicembre 2003 - L’acqua ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della civiltà sul Pianeta e ancora maggiore sarà la sua influenza sulla vita e sulla crescita dell’umanità in futuro. Da questa considerazione prende spunto il convegno internazionale The basis of civilization–water science?, che si terrà a Roma presso la sede del Consiglio nazionale delle ricerche, dal 3 al 6 dicembre, a conclusione dell’Anno internazionale dell’acqua. “E’ evidente che il progresso, nel passato così come nel futuro, si basa sulle conquiste scientifiche e sulle loro applicazioni”, spiega Lucio Ubertini, direttore dell’Irpi, Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica, del Cnr di Perugia. “E’ per questo che nei quattro giorni del convegno verranno illustrate, da esperti di diverse discipline e nazionalità, le conquiste raggiunte nel corso dei secoli nei diversi settori legati all’acqua e al suo utilizzo”. Al simposio, organizzato dall’Iahs, Associazione internazionale di scienze idrologiche, e dall’Irpi - Cnr, sotto l’egida dell’Unesco, partecipano, tra gli altri, Kuniyoshi Takeuci, presidente dell’Iahs, Giovanni Puglisi, segretario generale del Consiglio nazionale italiano per l’Unesco, Andreas Szollosi Nagy, segretario del Programma internazionale idrologico, Shalini Dewan, direttore del Centro informazioni delle Nazioni Unite in Italia. A conclusione della prima giornata è previsto, inoltre, l’intervento di Altero Matteoli, ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio.Le quattro giornate sono divise in sei sessioni. Nella prima si traccia una panoramica dell’avanzamento conoscitivo e tecnologico relativo all’acqua, con testimonianze che mettono a confronto esperienze geograficamente lontane, quali quella relativa all’approvvigionamento di acqua e allo sviluppo nella città di Hong Kong, alla quale segue un intervento sull’uso del modello dell’Italia centrale nell’amministrazione della risorsa idrica. La seconda sessione esamina e valuta le molteplici iniziative che sono state realizzate nel corso del 2003 per celebrare l’anno dell’acqua. Le tendenze in atto per ridurre i rischi, sia di origine naturale che umana, legati all’acqua vengono illustrate nella terza sessione del convegno. In questa occasione viene presentato, tra gli altri, uno studio condotto dalla sezione calabra dell’Irpi - Cnr sulla piovosità nell’Italia meridionale dal 1821 al 2001, in cui si evidenzia una tendenza al calo pluviometrico, più accentuato nelle zone in cui la piovosità è maggiore. Un intervento dell’Irpi che sottolinea come il ricorso ai moderni algoritmi permetta di migliorare le previsioni riguardanti le piene dei fiumi è presente nella quarta sessione, dedicata al problema della siccità e delle piene. Consigli per una corretta gestione del patrimonio idrologico vengono forniti, invece, nella quinta sessione, allo scopo di favorire una crescita della collaborazione tra studiosi e amministratori pubblici. Nell’ultima sessione gli esperti che hanno preso parte alle quattro giornate si riuniscono in una tavola rotonda aperta al pubblico per programmare gli interventi per il futuro. Per informazioni: Lucio Ubertini, direttore dell’Irpi - Cnr, tel. 075/5014411, cell. 329/4104412

ERAFUOCO ESPOSIZIONE DI RICERCA AVANZATA SETTIMA EDIZIONE DELLA BIENNALE DEDICATA ALLA RICERCA SCIENTIFICA SECONDO APPUNTAMENTO TEMATICO DEDICATO AI QUATTRO ELEMENTI
Trieste, 3 dicembre 2003 – E’ aperta fino al 5 dicembre la settima edizione di Era ­ Esposizione di Ricerca Avanzata, la rassegna che ogni due anni torna a Trieste per raccontare la scienza al grande pubblico. Come nella passata edizione, il tema di Era 2003 è uno dei quattro elementi: quest’anno l’appuntamento è con il “fuoco”. Alla presenza di Paola De Paoli, presidente dei giornalisti scientifici italiani (Ugis), la manifestazione ha aperto i battenti, sabato 22 novembre, con il convegno inaugurale dedicato all¹idrogeno. Ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dell’Enea, di Eni Tecnologie e dell¹Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale-ogs hanno illustrato al pubblico gli scenari energetici del futuro. E’ proprio l’energia il tema principale della manifestazione che rimarrà aperta alla Stazione Marittima fino al 5 dicembre: due settimane per conoscere, nella splendida cornice della città di Trieste, l¹attività di ricerca svolta in importanti istituti scientifici. L¹esposizione principale – “Energia: dal fuoco alle future fonti energetiche” - accompagna i visitatori alla scoperta dell’energia attraverso un percorso strutturato in due sezioni: “amico fuoco” e “incontri di fuoco”. I protagonisti della ricerca scientifica svelano al pubblico i segreti dell¹energia solare, geotermica, chimica, delle fonti alternative di energia e della meteorologia, ma anche la forza devastante dei fulmini, la pericolosità degli incendi e l’attività di prevenzione e repressione. Dal sistema fotovoltaico “Photovoltaic Water Pumping Systems² dell¹International Centre for Science and High Technology e i magneti di Sincrotorne Trieste, due centri operativi in Area Science Park, al grande tornado di vapore del Centro Internazionale di Fisica Teorica, dal metodo Seisbit dell’Ogs per lo studio geofisico delle aree circostanti i pozzi petroliferi al filtro meccanico, nello stand dell¹Infn, di Virgo, il rivelatore di onde gravitazionali. Il prototipo di una bicicletta elettrica a idrogeno, Scenic 300 di Enea, e il ciclomotore a idrogeno realizzato dall¹Istituto Motori del Cnr proiettano infine i visitatori nel futuro della circolazione nei centri urbani. Una mostra sulla vulcanologia – “Magma, il fuoco della Terra” ­ propone poi un viaggio alla scoperta della forza indomita della natura: l¹eruzione dei vulcani. Lapilli, pomici, vari tipi di lava e sorprendenti filmati conducono il pubblico tra esplosioni, colate incandescenti e fiumi di fuoco. La sezione sugli scavi di Pompei, infine, ricorda l¹evento catastrofico che invase la città nel 79 d.C. Era propone inoltre un ricco calendario di incontri con scienziati e divulgatori rivolti al mondo della scuola, un ciclo di conferenze per il grande pubblico e offre l¹occasione, durante il weekend, di conoscere le antiche tecniche di accensione del fuoco grazie alle dimostrazioni del Laboratorio di archeologia sperimetale e di ammirare i maestri vetrai di Murano all¹opera per realizzare pregievoli capolavori in vetro. Le scuole possono prenotare per seguire le conferenze e per le visite guidate telefonando ai seguenti numeri 040 3755565 - 3755567. Infolink: www.Globo.trieste.it

LAUREATI IN ECONOMIA
Torino, 3 dicembre 2003 - Mercoledì 24 novembre 2003 si è riunita prima l’Assemblea e poi il Consiglio Direttivo dell’Atlec (Associazione Torinese Laureati in Economia) per il rinnovo degli incarichi sociali. Essi risultano così attribuiti:: Presidente: Enrico Gennaro; Vice presidenti: Licia Idda (Coordinamento Relazioni Esterne); Lorenzo Notarpietro (Coordinamento Eventi); Salvatore Taverna (Coordinamento rapporti con Club ed Associazioni); Responsabili di attività: Segreteria: Federica Antonaci ; Programmazione Eventi: Tachi Pesando; Gruppo Soci Benemeriti: Roberto Concaro; Rapporti con Università: Giovanni Bocchino; Rapporti con Scuola di Applicazione: Cap. Davide Stellario; Tesoriere: Sergio Galantucci ; Rapporti con la stampa: Claudine Frangiamore (Socio Junior) Stefano Gaglia (Socio Junior) ; Webmaster: Paolo Tiso; Rapporti con Ordine Dottori Commercialisti: Silvia Mellica . Revisori dei conti: Giovanni Bocchino; Silvana Secinaro; Albano Verra.

GIANCARLO GIANNINI DISCUTE IN BOCCONI DELLA GOVERNANCE DEL MERCATO ASSICURATIVO IL PRESIDENTE DELL’ISVAP PARLRTA' DELLA GESTIONE DEL MERCATO ASSICURATIVO IN ITALIA E FORNIRÀ IL PUNTO DI OSSERVAZIONE DELL’AUTORITÀ DI VIGILANZA SUI TEMI PIÙ ATTUALI.
Milano, 3 dicembre 2003: La complessa problematica del governo del mercato assicurativo in Italia e i temi più attuali che interessano il settore saranno al centro dell’incontro con Giancarlo Giannini, Presidente dell’Isvap (l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo), organizzato dal Corso di Laurea in Scienze Giuridiche (Clsg) e dall’Istituto di Diritto Comparato Angelo Sraffa (Idc) dell’Università Bocconi, in collaborazione con la rivista Responsabilità Civile e Previdenza. L’incontro sarà introdotto da Giovanni Iudica, direttore del Clsg, e da Sergio Paci, direttore del Cerap, il Centro di ricerche Assicurative e previdenziali della Bocconi, e prosegue la serie di incontri organizzati da Clsg e Idc sui temi giuridici di maggiore interesse scientifico e didattico. Il Corso di laurea in giurisprudenza (Clg) quadriennale della Bocconi venne lanciato nell’anno accademico 1999-2000 e nel 2001 è stato ristrutturato, seguendo le indicazioni della riforma universitaria, diventando il triennale Corso di laurea in scienze giuridiche (Clsg), ma mantenendo sempre la sua valenza di corso di laurea innovativo che sa coniugare la giurisprudenza all’economia. Mercoledì 3 dicembre, ore 10.30 Aula Magna, Via Gobbi 5, Milano.

VERTENZA TRENITALIA: FERMEZZA FINO IN FONDO
Roma, 2 dicembre 2003 - Le associazioni di categoria invitano le imprese del settore a rigettare le pressioni indebite di Trenitalia, esercitate per la difficoltà in cui si trova il monopolista ferroviario grazie alla fermezza dei titolari delle agenzie di viaggio italiane. Anche con l’ultima comunicazione scritta da Trenitalia (dell’1/12) oltre che con tutte le fuorvianti comunicazioni verbali rilasciate dai singoli responsabili commerciali, l’azienda dimostra la difficoltà in cui si trova rispetto all’azione e alla sua fermezza esercitata dalle agenzie di viaggio che hanno subito il tentativo di un’imposizione forzata di un regime commissionale non equo che non riconosce il diritto ad una giusta remunerazione, la professionalità degli operatori, gli investimenti effettuati e/o da effettuarsi, il lavoro degli addetti. Va poi segnalato che il contratto trasmesso da Trenitalia contiene alcuni errori materiali come ad esempio quello contenuto nell’art. 14 che opera un rimando all’allegato sbagliato. In tal senso invitiamo le imprese a rinviare, con raccomandata a/r alle ferrovie, il contratto ricevuto, irricevibile per l’errore contenuto al citato articolo che opera un rimando erroneo destinato a disciplinare proprio la parte economica. In una fase di mercato come quella attuale è fondamentale, per il futuro delle imprese, confermare la forza e la fermezza già dimostrata in occasione dello sciopero e nel rifiuto a firmare un contratto che non rispetta il valore aggiunto offerto dalla rete agenziale italiana.

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