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Notiziario Marketpress di Mercoledì 03 Novembre 2004
 
   
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  GL'INDICATORI NON SONO TUTTO, AFFERMA UNO SCIENZIATO DEL CCR  
   
  Bruxelles, 3 novembre 2004 - Se vuole continuare a essere protagonista nella ricerca e nell'innovazione in un mondo sempre più globalizzato, l'Ue dovrebbe smettere di preoccuparsi tanto degl'indicatori e occuparsi piuttosto delle condizioni quadro che guidano le decisioni di localizzazione, afferma uno scienziato in visita alla Commissione europea. Keith Smith, dell'Institute of prospective technological studies del Ccr (Centro comune di ricerca) a Siviglia, ha esposto il suo punto di vista nel corso della conferenza sulla 'Internazionalizzazione della ricerca e indicatori di risultato europei' svoltasi a Maastricht il 27 ottobre, e ha avvertito che molti indicatori usati dall'Ue non sono in grado di reggere un confronto internazionale. 'I confronti internazionali appaiono in tutti i documenti del Ser (Spazio europeo della ricerca)', ha detto Smith. 'Spesso sentiamo che il rapporto tra spesa interna lorda per R&s (Ricerca e sviluppo) e Pil è troppo basso, o che è troppo basso il numero di brevetti. Ma troppo basso rispetto a cosa? Soprattutto rispetto ai dati americani e giapponesi. Noi dobbiamo però ricordare che nell'Ue la norma è rappresentata dalla diversità, l'eterogeneità e la varietà, sia in termini di aziende che di nazioni', ha aggiunto Smith. Il grado di diversità dell'industria varia da un paese all'altro, così come variano gl'input innovativi, la specializzazione tecnica, le attività del mercato del lavoro, gli incentivi e le infrastrutture istituzionali, ha spiegato Smith. Questo significa che si avranno diversi possibili indicatori di risultato e che le aziende e i paesi otterranno risultati differenti a seconda degl'indicatori usati, e differenti in termini di output finale. 'Il problema', afferma Smith, 'è che gl'indicatori di risultato non sono sempre ben collegati tra di loro. Gl'indicatori scientifici e tecnologici possono dare risultati insoddisfacenti se correlati a indicatori di crescita e ricchezza diversi. L'intensità aggregata di R&s, ad esempio, non sempre lega bene con i tassi di entrate e crescita'. Smith ha illustrato il suo punto di vista citando come esempio la produttività Tic (Tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni) e spiegando che per calcolare l'output reale dei computer gli Usa utilizzano indici di 'prezzo edonistico' mentre l'Europa usa il metodo del 'modello abbinato'. La produttività europea nel settore informatico è stata quindi ampiamente sottostimata rispetto a quelle americana e giapponese a causa delle differenze statistiche nei deflatori. 'La precisione dei confronti di produttività internazionale è 'seriamente limitata', ha ribadito Smith. A proposito di disoccupazione, Smith ha detto che l'Ue esce sempre male dai confronti con gli Usa. 'Ma la realtà è differente; l'Ue calcola con molta maggiore accuratezza i dati sulla disoccupazione, mentre gli Usa, ad esempio, non segnalano il fatto che oltre due milioni di persone in età lavorativa sono in prigione'. 'Dunque', ha aggiunto Smith, 'nei sistemi messi a confronto esistono differenze e eterogeneità enormi. Dobbiamo fare un serio sforzo per migliorare i tipi di dati riuniti, la loro copertura, le metodologie di raccolta, e abbiamo bisogno di analisi comparative che guardino ai sistemi come un tutto unico e che siano molto più sensibili alle diversità'. Per concludere, Smith ha avvertito che la diversità intereconomica significa che l'Ue dev'essere molto cauta nell'interpretare numericamente gl'indicatori. La tendenza alla globalizzazione suggerisce inoltre che le politiche dovrebbero concentrarsi sulle condizioni quadro (norme, politiche, infrastrutture, risorse umane, condizioni di mercato) che guidano le decisioni di localizzazione delle aziende più che su obiettivi di risultati specifici.  
     
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