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Notiziario Marketpress di Lunedì 08 Novembre 2004
 
   
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  ELEMENTI: GIANFRANCO RAVASI: “RITROVARE LO SPLENDORE DELLA COMUNICAZIONE ” VITTORINO ANDREOLI: “LE AZIENDE DEVONO AVERE PIÙ SENTIMENTO”.  
   
  Roma, 4 novembre 2004 - “Oggi c’è un eccesso e nel contempo un inaridimento della parola. Occorre invece educare sin da piccoli le persone all’uso della parola, alla comunicazione, stimolando l’interesse costante per la ricerca del dialogo. Una sorta di vaccino per non corromperci, per dare un senso alla comunicazione e riscoprire quelle parole che lasciano una traccia nell’altro e permettono la trasparenza delle coscienze”. Così afferma Mons. Gianfranco Ravasi, Prefetto della Biblioteca Pinacoteca Ambrosiana, docente universitario, giornalista e scrittore, nell’intervista sulla comunicazione rilasciata ad Elementi, rivista del Grtn, dell’Au e del Gme, il cui nuovo numero è visibile sul sito internet www.Grtn.it  “La malattia del nostro tempo, sostiene Ravasi, è quella del “correre in superficie”. Certo, il fare va conservato, perché l’agire, nella vita come nelle aziende, è importante e decisivo, ma deve essere in armonia anche col pensare, altrimenti il nostro è un agire arido e grigio. “Per dirla con Ezra Pound” - sostiene Ravasi - “In principio c’era la parola. La parola è stata tradita”. “E il tradimento della parola è il tradimento proprio della comprensione profonda. E di conseguenza della lealtà, della sincerità, della comunicazione, e più ancora, dell’uomo”. Le logiche del successo, secondo Ravasi, hanno introdotto la paura dell’insuccesso, considerata una macchia indelebile per l’individuo. Perché, sostiene Ravasi, “non si riconosce più quella grande realtà, propria dell’uomo autentico, rappresentata dalla gratuità. Si è creata, continua Ravasi, una visione della vita e del lavoro, solo utilitaristica. Ma l’individuo non può essere semplicemente una macchina che deve sempre e solamente produrre. L’insuccesso è oggi quasi esclusivamente computato sulle capacità esteriori, mentre ci sono dei grandi successi che nascono nell’interiorità”. Quanto alla freneticità del vivere, Ravasi sostiene che è il momento di “ritrovare una quiete interiore, per riscoprire il pensiero, per guardarsi dentro. E, nel contempo è necessario ricercare, avere stimoli a conoscere, a sapere, a guardare nel cuore degli uomini e delle cose. Stimoli che l’uomo contemporaneo non ha più. Quindi sosta e movimento. Silenzio e parola”. Vittorino Andreoli, psichiatra, Direttore del Dipartimento di Psichiatria di Verona - Soave, invece, in un’intervista rilasciata ad Elementi sul tema del lavoro, sostiene che “è finita l’epoca della gestione aziendale razionale. Anche l’azienda ha un sentimento. Il modello giapponese riduceva l’uomo ad una macchina di massima efficienza. Oggi le aziende devono considerare che tutti hanno una vita extraaziendale fondamentale ed una vita sentimentale”. “Ieri, continua Andreoli, c’era l’uomo di successo in azienda e fallimentare in famiglia. Ora si deve tendere ad un uomo che metta in osmosi la vita in azienda con quella fuori dell’azienda, perché se un uomo è in crisi con la propria famiglia, anche in azienda sarà un uomo in crisi, nonostante tutta la razionalità possibile”. Quanto alle crisi aziendali, Andreoli è del parere che i leader per uscire dalle difficoltà “devono avere una prospettiva non solo aziendale, ma in relazione ad un corpo più ampio. Perché non si deve essere solo capaci di gestire gli uomini e le risorse, ma anche avere una visone del mondo e uno stile di vita.”  
     
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