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Notiziario Marketpress di Lunedì 29 Novembre 2004
 
   
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  RUSSIA, NUOVA META DI MIGRAZIONI E’ UNO DEI DATI EMERSI DALLO STUDIO SUI FLUSSI MIGRATORI REALIZZATO DALL’ISTITUTO DI RICERCHE SULLA POPOLAZIONE E LE POLITICHE SOCIALI (IRPPS) DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE  
   
  Roma, 29 novembre 2004 - Chi l’avrebbe mai immaginato che la Russia è un paese destinatario di migrazioni, abituati come siamo al continuo arrivo in Italia di persone dall’ex “impero” sovietico? I dati rivelano una situazione inaspettata: dal 1990 al 2000 la Russia ha registrato un saldo attivo nel movimento migratorio di 3,3 milioni di unità, cifra derivante dalla trasformazione di quello che un tempo era lo spostamento interno all’Urss, in una migrazione internazionale. Il fenomeno è emerso dallo studio sui flussi migratori dal dopoguerra ad oggi, realizzato da Corrado Bonifazi dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr (Irpps). I dati sono presentati nel convegno: “International migration in Europe: new trends, new methods of analysis”, finanziato dalla Foundation for population, migration and environment, in corso a Roma, presso il Cnr. “Un fenomeno analogo ha riguardato l’Ucraina, anche se su una scala inferiore, pari a 217.000 unità in dieci anni” spiega Bonifazi. “A partire dagli anni ‘90 nell’Europa centro orientale si è realizzato un aumento della popolazione per effetto delle migrazioni di 402.000 unità”. Negli ultimi dieci anni lo scenario degli spostamenti è completamente cambiato: “Se alcuni Stati sono interessati da una perdita migratoria, come la Polonia, la Romania e alcuni paesi dell’ex Iugoslavia, altri invece emergono come meta di arrivo, tra questi la Repubblica Ceca e l’Ungheria, avviati verso un maggiore sviluppo economico”. Allargando lo sguardo su tutta l’Europa, si nota che tra 1990 e 2000 la Germania ha un saldo attivo di 3.800.000 immigrati, provenienti soprattutto dall’Europa centro orientale; nello stesso periodo l’Italia e la Spagna hanno registrato un aumento di 1.200.000 persone, mentre il Regno Unito ne ha accolte circa 1.000.000, contro la Francia, dove ne sono arrivate 500.000. “Più in generale si può dire che alcuni Stati hanno cambiato il loro ruolo: da Paesi di partenza sono diventati destinatari dei nuovi flussi” continua Bonifazi “e fatto altrettanto nuovo è che i migranti mostrano una notevole capacità di trovare canali regolari e irregolari che si manifesta anche nella ricerca di sempre nuove rotte, dove il transito è più facilmente percorribile”. Considerando la storia delle migrazioni europee dal secondo dopoguerra ad oggi si possono individuare quattro periodi principali. Il primo, dal 1945 al 1950, è caratterizzato dalle migrazioni forzate, conseguenza dei trattati di pace e dello spostamento dei confini e ha riguardato 30.000.000 di persone in tutta Europa. Nel secondo periodo, dagli anni ‘50 al biennio 1973–74, si sono verificate migrazioni per lavoro regolate da accordi bilaterali: la sola Europa occidentale ha guadagnato più di 6.000.000 di persone. Con la crisi petrolifera si è aperta un’altra fase storica: l’Europa occidentale ha continuato a guadagnare una cifra di poco inferiore a 5.000.000 di persone. Con la caduta del muro di Berlino si è aperta l’ultima fase delle migrazioni europee, che vede l’Europa accrescersi dal 1990 al 2000 di ben 10.500.000 persone. Per informazioni: Corrado Bonifazi, Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr (Irpps), tel 06/49932871 e mail: c.Bonifazi@irpps.cnr.it  
     
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