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Notiziario Marketpress di Martedì 30 Novembre 2004
 
   
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  NIMBY FORUM, PAROLA D’ORDINE “COOPERAZIONE” PROPOSTE CONCRETE E NUOVI SPUNTI DAI GRUPPI DI LAVORO: NO A NUOVE LEGGI, SÌ A PROGETTI SINERGICI DI COMUNICAZIONE.  
   
   Milano, 30 novembre 2004 – Il 23 e il 26 novembre si sono riuniti per la prima volta i due Gruppi di lavoro costituiti in seno al Nimby Forum, il progetto di ricerca sull’accettabilità sociale di impianti e infrastrutture partito a giugno per volontà di Allea in collaborazione con Agici. Il progetto Ricordiamo che il Nimby Forum, che si era già riunito in assemblea plenaria lo scorso 15 settembre, è nato per fare luce sulle dinamiche legate alle varie forme di opposizione alla realizzazione di impianti e infrastrutture strategiche per lo sviluppo del Paese (Nimby = Not in my back yard), è patrocinato dai Ministeri dell’Ambiente e delle Attività produttive, e annovera, tra le organizzazioni che hanno aderito al progetto, Aem, Actelios, Amsa, Assoelettrica (Confindustria), Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas, Conai, Edison, Enel, Federambiente, Fondazione Fiera Milano, Grtn, Impregilo, Legambiente, Ministero dell'Ambiente, Ministero delle Attività Produttive, Tav (Ferrovie dello Stato), Teseco, Trm. I due Gruppi di lavoro sono nati per favorire la ricerca di linee guida e orientamenti concreti su quelli che si sono rivelati i due grossi nodi sulla questione dei conflitti territoriali ambientali: la comunicazione territoriale, intesa come strumento di dialogo e concertazione con le comunità locali interessate dai singoli progetti (centrali elettriche, impianti di termovalorizzazione, infrastrutture viarie, eccetera), e la comunicazione nazionale, intesa come necessario processo di alfabetizazzione ambientale del Paese. I dati dell’Osservatorio I dati sin qui elaborati dall’Osservatorio Media avviato dal Nimby Forum parlano di 130 impianti contestati, di cui il 62% legati al ciclo dei rifiuti (urbani e speciali), il 24% alla generazione di energia, il 9% alle grandi infrastrutture e il 5% ad altre tipologie di impianti. Gli impianti legati ai rifiuti totalizzano l’80% degli articoli che riportano fatti e notizie relative a contestazioni “nimby”: un dato che risente di due eventi critici che hanno pesantemente condizionato l’informazione nel periodo di analisi (giugno-ottobre 2004): ovvero i fatti straordinari legati alle proteste per la discarica di Parapoti, con l’Italia spezzata in due dal blocco sui binari a giugno, e il blitz delle Forze dell’Ordine presso i cantieri di Acerra in agosto. Sul fronte della tipologia dei mezzi di stampa, la parte del leone la fanno i giornali locali, che hanno pubblicato il 64% degli articoli esaminati (contro il 22% pubblicati dai quotidiani nazionali e il 13% da quotidiani politico-finanziari). La voce più ascoltata? Quella dei politici locali, che ha avuto spazio stampa nel 44% dei casi, contro il 19% dei comitati spontanei d’opposizione, il 10% dei rappresentati politici nazionali, il 7% delle associazioni ambientaliste e solo il 3% delle aziende di costruzione o gestione dell’impianto contestato. In generale la stampa appare più spesso contro la costruzione degli impianti (49% dei casi) che a favore (14%) o in posizione di neutralità (37%). Comunicazione locale: no nuove leggi ma atti volontari “riconoscibili e normati” da parte di imprese e istituzioni Il Gruppo che lavora sulla Comunicazione Territoriale, che si è riunito presso la sede di Fondazione Fiera Milano, si è avvalso nel corso dell’incontro anche della presenza di un rappresentante della stampa locale, Giulio Giuzzi, Vicedirettore de Il Giorno, dell’avvocato Giulia Perri, esperta in diritto amministrativo e del dottor Federico Boni, ricercatore presso l’Università degli Studi di Milano per il corso di laurea in Comunicazione Sociale. Dopo un vivace scambio di idee sui ruoli e sugli interlocutori rispetto al vasto scenario che ogni volta si configura in relazione al dibattito locale attorno alla costruzione di un nuovo impianto (stampa, amministrazioni pubbliche, forze dell’ordine, società e organizzazioni interessate, partiti politici, associazioni, curia, organizzazioni sindacali, scuola, università, singoli cittadini, eccetera), e da cui sono state evidenziate carenze strutturali generali nel raggiungere in maniera istituzionale alcuni soggetti (scuola e università in particolare), sono emerse le seguenti conclusioni: non occorrono nuove leggi che impongano strategie di informazione verso il territorio (modello inchiesta pubblica o similari) ma è necessario utilizzare meglio gli strumenti già esistenti; è necessario prevenire i conflitti in un’ottica di “crisis management”; è fondamentale una maggiore cooperazione, tattica e strategica, tra aziende ed enti locali; è necessario avvicinarsi anche agli indirizzi comunitari in materia di “anticipazione” della partecipazione pubblica ai progetti sul territorio; la carta vincente è e resta il dialogo, sotto forma di incontri, dibattiti pubblici, informazione diffusa, contatti con la stampa, presenza costante sul territorio; le strategie di comunicazione e di informazione sono e devono restare una libera scelta (salvo le prescrizioni già previste dalle procedure vigenti ad esempio per la Via, valutazione di impatto ambientale), tuttavia dovrebbe essere formulata una sorta di “carta dei diritti” che evidenzi il diritto dei cittadini ad essere informati (per tempo) rispetto ai progetti che riguardano il proprio territorio, ne indichi le modalità di partecipazione democratica, individui alcune buone norme da parte di aziende ed amministrazioni nel rispettare questo diritto all’informazione e alla partecipazione. Comunicazione nazionale: guardare avanti, in un’ottica di comunicazione di sistema e di sviluppo di una nuova cultura ambientale. Il Gruppo riunitosi a Roma presso la sede Edison per elaborare linee guida in relazione alla Comunicazione Nazionale ha incontrato anche un ospite di primo piano legato al mondo della comunicazione di massa sui grandi media: Alberto Baccari, noto pubblicitario insignito di numerosi riconoscimenti internazionali e “firma” di alcuni tra i più noti spot degli ultimi anni. Baccari ha illustrato ai partecipanti del Nimby Forum alcune campagne sociali di sensibilizzazione sui temi ambientali (risparmio energetico, consumo intelligente, sviluppo sostenibile) elaborate all’estero da enti governativi o organizzazioni fatte da enti e imprese private (come Energy Saving Trust, che aggrega il governo britannico e le maggiori imprese nel settore energetico). Uno stimolo efficace per parlare della situazione in Italia. Da noi le campagne istituzionali di informazione-formazione sono una prassi rara, e, salvo alcuni felici esempi, come la campagna sull’Aids, sull’Euro o, più recentemente, sulla sicurezza stradale, spesso inefficace. In Italia prevale ancora l’interesse particolare, da parte delle aziende nel sostenere il proprio brand, e da parte delle istituzioni nel sostenere gli impegni delle diverse legislature. Dagli interessanti interventi al dibattito sono emerse le seguenti considerazioni: l’opinione pubblica italiana è condizionata da una congenita sfiducia nelle imprese e nelle istituzioni; manca fondamentalmente una lettura chiara, ai più, rispetto alla reale situazione ambientale nel nostro Paese (pochi sanno che abbiamo alcune delle leggi più restrittive in materia di emissioni, per esempio); le aziende hanno chiara la necessità di fare alfabetizzazione ambientale, di creare cultura facendo anche formazione, ma per ora sviluppano iniziative, anche di grande respiro, legate esclusivamente al proprio marchio, temendo che la “collettivizzazione” impoverisca il proprio brand (sono state illustrate alcune iniziative molto interessanti, come il Progetto Scuola a cura di Grtn in collaborazione con Legambiente, le campagne del Conai, le numerose iniziative di Federambiente, le campagne Enel, eccetera); la forza d’urto di queste iniziative, in termini di risultati nel tempo sul piano dell’incisività sull’opinione pubblica, è ancora troppo limitata. La dispersione non consente di massimizzare e di accedere a strumenti costosi come la pubblicità televisiva; occorre guardare più avanti, in un ottica di sviluppo sul lungo periodo, per riconoscere e fare propri gli interessi collettivi di un comparto (ambiente, energia, infrastrutture) e/o di un tema che li abbracci in maniera trasversale (ambiente e sviluppo sostenibile); in questa direzione è importante anche arrivare ad una corretta ripartizione dei costi di queste iniziative tra pubblico e privato; una proposta concreta prevede l’esplorazione di forme di collaborazione tra le imprese e le istituzioni del comparto energetico. In questa direzione, Assoelettrica ha già dichiarato la propria disponibilità a sostenere incontri operativi con le diverse parti.  
     
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