Pubblicità | ARCHIVIO | FRASI IMPORTANTI | PICCOLO VOCABOLARIO
 













MARKETPRESS
  Notiziario
  Archivio
  Archivio Storico
  Visite a Marketpress
  Frasi importanti
  Piccolo vocabolario
  Programmi sul web








  LOGIN


Username
 
Password
 
     
   


 
Notiziario Marketpress di Giovedì 02 Dicembre 2004
 
   
  Web alimentazione e benessere  
  IL CONSORZIO TUTELA FORMAGGIO ASIAGO COMPIE 25 ANNI  
   
  Il Consorzio per la Tutela del Formaggio Asiago, costituito nel 1979, festeggia oggi a Milano il 25° compleanno. Il Consorzio, nato il 26 giugno del‘79, perviene al traguardo del suo primo quarto di secolo con un patrimonio di successi considerevole: la Denominazione di Origine Controllata italiana, istituita nel 1978, è diventata Denominazione di Origine Protetta (Dop) europea nel 1996. Il formaggio Asiago si è inoltre dotato da tre anni di un sistema di tracciabilità della filiera, che culmina con l’inserimento di un bollino di caseina numerato progressivamente nella crosta di ogni forma di formaggio: esso è un ulteriore segno distintivo della provenienza del formaggio e del latte dalla zona di origine (le province di Vicenza e Trento e le zone confinanti di quelle di Padova e Treviso) e permette di risalire a tutte le fasi della produzione. In 25 anni la produzione di Asiago è cresciuta lentamente in modo costante, passando dalle 7.100 tonnellate del primo anno di caseificazione censita, alle oltre 23.000 del 2003: un dato che trova pochi riscontri nel settore. Oggi l’Asiago è il sesto formaggio Dop italiano per quantità, il quinto per volumi di vendita in Italia ed il decimo prodotto Dop in assoluto del nostro Paese. E’ noto a oltre il 95% degli Italiani, grazie anche ad investimenti pubblicitari costanti e, soprattutto, alla sua bontà. A consentire all’Asiago Dop di affermarsi sulle tavole di tutta Italia come uno dei formaggi più conosciuti ed apprezzati è stata proprio la caratteristica che, prima della costituzione della Doc, ne aveva fatto uno tra i prodotti più contraffatti: una lunghissima tradizione di bontà e genuinità, da sempre associate al nome Asiago. All’epoca del riconoscimento della Doc sì trovavano in commercio formaggi chiamati “Asiago” che avevano poco o nulla a che spartire con la zona di produzione e, spesso, anche con la qualità dell’Asiago. La costituzione del Consorzio per la Tutela ha permesso di garantire ai consumatori l’autenticità del formaggio Asiago, contribuendo a salvaguardare nel tempo una produzione tipica locale di grandissimo pregio, seriamente compromessa e che rischiava di scomparire a causa delle imitazioni. Oggi il formaggio Asiago continua a seguire la strada che ne ha fatto, in 25 anni, un prodotto di grande successo, proponendosi come un alimento prezioso per la vita quotidiana ad un prezzo medio al consumo molto accessibile. L’andamento del prezzo del formaggio Asiago, infatti, non ha mai subito crescite eclatanti ma ha generato una redditività costante che ha consentito ai produttori di sviluppare tranquillamente la produzione. Il formaggio Asiago è preparato in due tipologie completamente diverse tra loro: il fresco e lo stagionato. L’asiago fresco è un formaggio a pasta semidura, dolce e gustoso, consistente al palato e solubile in bocca. Sa di latte, di burro e di yogurt. E’ prodotto esclusivamente con latte intero della sera e della mattina: la cagliata è rotta nella caldaia in frammenti del diametro approssimativo di una noce; viene quindi separata dal siero, salata leggermente in pasta e posta in fascera. La forma appena prodotta è quindi compressa per eliminare parte del liquido di cui è ancora intrisa. L’altro nome con cui il prodotto fresco è conosciuto, quello di “Asiago pressato” deriva da questo procedimento. L’asiago pressato matura per un breve periodo, che può andare dai venti ai quaranta giorni, dopo di che è pronto per essere gustato. Ricco di fermenti lattici vivi, l’Asiago fresco è il prodotto preferito dai consumatori di tutte le età, poco impegnativo al palato e molto gradevole. Il formaggio Asiago stagionato, o “d’allevo”, viene prodotto con il latte della sera, scremato dal burro per affioramento, a cui si aggiunge - direttamente in caldaia - il latte intero appena munto della mattina. La cagliata viene quindi rotta in pezzi delle dimensioni che vanno da quelle di una nocciola a quelle di un chicco di riso e posta in fascera. Salate in salamoia ed asciugate, le forme di Asiago d’allevo sono poste a maturare da un minimo di due mesi fino a due anni ed oltre. L’asiago stagionato è un formaggio più duro, strutturato e complesso rispetto al fresco: con il passare del tempo tende a perdere progressivamente le note predominanti di dolcezza e di latte, sempre comunque presenti, acquisendo via via profumo e gusto più marcati, per giungere ad assumere in alcuni casi note anche decisamente piccanti. Oltre che da grattugia, accompagnato a vini rossi importanti può essere formaggio da meditazione. La storia del formaggio Asiago si perde insieme con quella delle popolazioni dell’altipiano da cui trae il nome. La sua origine si fa convenzionalmente risalire intorno a circa l’anno mille poiché, sull’Altopiano di Asiago, il periodo precedente è sostanzialmente sconosciuto: nelle sue “Memorie Istoriche dei Sette Comuni Vicentini”, nel 1820 l’abate Agostino Dal Pozzo di Rotzo scriveva che “Il curioso fenomeno di vedere un’intera popolazione parlare in un angolo d’Italia un dialetto poco inteso dai vicini, non risvegliò che tardi, cioè alla metà del decimoquarto secolo, l’attenzione degli storici e dei letterati. Innanzi al mille però non esiste altra memoria di loro”. Indizi di quella che doveva essere la realtà altipianese in epoca anteriore si possono trovare nella “Relazione delle Alpi vicentine e de’ passi e popoli loro” che Francesco Caldogno, inviato come ispettore in queste terre dalla Repubblica di Venezia, scrisse nel 1598: vi si legge che “Questi comuni tutti insieme fanno fuochi (focolari, ndr) 2700, anime 16200, e• di fazione (da lavoro, ndr) intorno 5m (5 mila, ndr)”. Prosegue il conte Caldogno: “Quali tutti anco fossero fertili anni, non raccolgono da vivere da’ loro terreni più che per la metà dell’anno, nè meno vini, nè meno alcuna altra sorta di frutti, per li grandissimi freddi e per le nevi che sopra di essi cascano. Sono necessitati di provvedere al loro bisogno per la maggior parte con il traffico di legnami ed animali, de’ quali in tutto hanno pecore d’intorno 133.500”. Quasi due secoli dopo, nel 1763, le pecore sono quasi raddoppiate: Ascendevano a dugento mila ottocento quarantacinque” (Dal Pozzo). Dunque nella Zona che gli dà il nome, l’Altopiano di Asiago ricchissimo di buoni pascoli, si produceva un tempo un formaggio gustoso di latte di pecora, la cui testimonianza è ancor oggi presente nelle vestigia di un dialetto schietto, che continua a definire “pegorin” l’Asiago vaccino più vecchio e piccante. Ma la sostituzione delle greggi con le mandrie era già iniziata da tempo, mano a mano che si sono modernizzate le tecniche di allevamento e, soprattutto, che si è passati dallo sfruttamento dei pascoli alla cura dei prati da taglio. La conferma viene proprio dalle citate Memorie: “Gli animali bovini formano un altro capo necessarissimo al sostentamento de’ nostri popoli. I frutti che se ne ritraggono consistono in vitelli, formaggi, butirri e ricotte, co’ quali forniscono le città circonvicine”. Il latte bovino si sostituisce completamente a quello ovino nell’ultimo secolo. In questi anni la tecnica casearia, che ancora oggi si conserva nelle malghe altopianesi, viene affinata e — con la mediazione della moderna tecnologia — si trasferisce anche nei piccoli e medi caseifici disseminati nella zona di produzione: la fabbricazione dell’Asiago, prevalente, alla fine del secolo scorso, sull’altipiano omonimo, si è a poco a poco estesa nella parte pedemontana, nelle zone di pianura limitrofe e nelle vicine malghe trentine, anche a causa degli eventi bellici per lo spopolamento dell’Altopiano dei Sette Comuni, tra i cui pascoli s’inerpicava il tortuoso dedalo di trincee della linea del fronte della prima guerra mondiale. La produzione dell’Asiago pressato, o fresco, inizia in quegli anni. Si tratta di una variante tecnologica che veniva già adottata nelle malghe o negli alpeggi soprattutto nel primo periodo di monticazione del bestiame. L’asiago fresco ha incontrato il gusto del consumatore moderno, che privilegia le note dolci e morbide, certo è però che chi voglia ritrovare ancora il sapore di quel “pegorin” caro ai malghesi non fa troppa fatica con quel glorioso Asiago d’Allevo Stravecchio che sa competere con i più famosi formaggi stagionati della gastronomia internazionale.  
     
  <<BACK