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Notiziario Marketpress di Giovedì 09 Dicembre 2004
 
   
  Web alimentazione e benessere  
  GLI ITALIANI A TAVOLA TRA DUBBI E CERTEZZE: UNA RICERCA EURISKO-ISTITUTO DELLE VITAMINE PER SAPERE COME CI NUTRIAMO E QUALE SARA’ IL FUTURO DELLA NOSTRA ALIMENTAZIONE  
   
  Cosa guardano gli italiani quando fanno la spesa? E quali garanzie chiedono alle aziende produttrici e ai punti vendita? Per spiegarlo bastano due parole: qualità e sicurezza, come conferma l’indagine “La sicurezza e la qualità nella catena alimentare e le vitamine”, realizzata dall’Eurisko per l’Istituto delle Vitamine del gruppo olandese Dsm Nutritional Products nell’ambito del Progetto Foodchain, che coinvolge tutti i protagonisti della filiera agroalimentare: l’industria agro-zootecnica e alimentare, la grande distribuzione e il consumatore. La ricerca, condotta su un campione di 1.000 persone, responsabili acquisti, di età compresa tra i 18 e i 64 anni, nasce come analisi approfondita, e aggiornata, sui temi della qualità e della sicurezza alimentare nel nostro paese, cercando di trovare delle risposte ad alcune domande fondamentali per sapere come ci nutriamo oggi e quale sarà il futuro della nostra alimentazione, con particolare attenzione alle aspettative che, secondo i consumatori, i prodotti alimentari dovrebbero soddisfare. Per esempio: da chi si sentono tutelati i consumatori? si fidano ancora del sistema di filiera? quali informazioni sulle caratteristiche dei prodotti sono fondamentali? e dove reperirle? Considerato l’insieme di risposte ottenute sono state individuate cinque categorie di consumatori, con caratteristiche e attitudini ben definite e diverse tra loro, e ognuna con proprie esigenze specifiche, alle quali il mercato, le aziende produttrici e distributrici, così come le autorità competenti e i responsabili della comunicazione non potranno non dare risposte concrete. Alimentazione: cosa vogliono gli italiani? Interrogati in proposito, i consumatori di casa nostra dimostrano di avere idee molto chiare. Alla domanda “Qual è l’aspetto più importante nella scelta dei prodotti alimentari consumati?”, infatti, il 42% ha risposto la freschezza. Al secondo posto c’è la garanzia di sicurezza (23%), mentre solo il 13% guarda come prima cosa la convenienza. Ancora minore (9%), la percentuale di chi privilegia l’acquisto di prodotti dai giusti valori nutritivi. A guardare il cartellino del prezzo sono soprattutto i consumatori del Nordest, pensano alla freschezza quelli del Nordovest, mentre i più attenti alla sicurezza vivono soprattutto nel Centro Italia. Più del prezzo, del gusto o dello sconto, insomma, gli italiani guardano alla qualità e alla sicurezza. Due caratteristiche strettamente correlate, la cui percezione, però, varia considerevolmente a seconda dei prodotti, delle zone socio-geografiche e delle fasce d’età. Vale la pena, perciò, di analizzarle separatamente. La qualità Il 63% del campione considera molto alta o abbastanza alta la qualità dei prodotti ‘firmati’ dalle grandi marche e offerti dall’industria alimentare. Fra i motivi per cui si prediligono i prodotti di marca, al primo posto (60%) c’è la qualità delle materie prime utilizzate (che è un motivo di scelta soprattutto fra i giovani e gli anziani) , la garanzia di igiene (45%) e il controllo di tutte le fasi della produzione (34%). La percezione di qualità cala, però, quando si parla di prodotti di origine animale, e cioè carni, latte, uova e pesce: è infatti considerata molto alta o abbastanza alta dal 55% dei consumatori. Per questi prodotti i principali fattori determinanti la qualità sono: i mangimi (49%), le modalità di allevamento (47%), il luogo di provenienza (45%) e gli ormoni e le altre sostanze somministrate agli animali per aiutarne la crescita o curarne le malattie (36%). Fra le iniziative intraprese per promuovere la qualità dei prodotti alimentari in genere, la più apprezzata è il controllo della filiera (94%), poi vengono i marchi di qualità e di origine Doc, Dop, Igp e Igt (88%), il recupero di metodi di produzione tradizionali o regionali (85%) e l’adozione di metodi di produzione biologici (75%). Credono nell’efficacia della filiera e si fidano dei marchi d’origine controllata soprattutto gli uomini e i consumatori d’età compresa fra i 45 e i 54 anni, mentre il recupero della tradizione è apprezzato soprattutto dagli anziani e il biologico miete consensi soprattutto fra i giovani (18-34 anni). La sicurezza Il giudizio dei consumatori sulla sicurezza dei prodotti di grandi marche (64%) e dell’industria alimentare (61%) più in generale è allineato a quello sulla qualità. Se parliamo di prodotti di origine animale, la percentuale di chi è ‘molto o abbastanza sicuro’ cala al 44%, a dimostrazione di come i tanti scandali alimentari che hanno colpito questo settore hanno di fatto minato la fiducia dei consumatori: tale fiducia è minima soprattutto nel Sud Italia e fra i giovani. A proposito, invece, di alimenti e prodotti ai quali sono state aggiunte vitamine, sali minerali o altre sostanze al fine di ottimizzare il loro apporto nutrizionale, un italiano su tre (33%) giudica questi prodotti molto sicuri. E ad apprezzarne la sicurezza sono, soprattutto, gli uomini di età compresa tra i 35 e i 44 anni. Una fascia di consumatori adulti, informati e al passo con i tempi. Gli italiani e le vitamine Trattandosi di un mercato ancora giovane e in evoluzione, l’offerta di prodotti alimentari arricchiti con vitamine sugli scaffali dei nostri supermercati è, giorno dopo giorno, sempre più ampia e variegata. Poiché la scienza della nutrizione si sta spostando dal concetto di nutrizione adeguata a quello di nutrizione ottimale, questi prodotti - conosciuti anche come functional foods - rispondono alla precisa esigenza non solo di nutrire, ma anche di svolgere azioni benefiche per l’organismo, offrendo rispetto agli alimenti tradizionali, un vantaggio in più per la salute. Questi prodotti coprono categorie merceologiche sempre più ampie: alimenti e bevande tradizionali, come ad esempio yogurt, latte, uova, biscotti, succhi di frutta e cereali, arricchiti con vitamine, fermenti lattici, minerali, o con Omega 3. E sono frutto della ricerca costante dell’industria alimentare e della sua capacità di adeguarsi ai tempi, che crescono nell’apprezzamento dei consumatori. Non a caso, secondo la ricerca Eurisko-istituto delle Vitamine il 71% degli italiani ha acquistato almeno una volta questo tipo di prodotti. Eppure, ancora soltanto un italiano su 4 (26%) considera l’aggiunta di vitamine un fattore molto o abbastanza positivo. Circa il 30% del campione, inoltre, non ne sa ancora abbastanza per sbilanciarsi sulla loro qualità e sicurezza, denotando così una carenza di informazione in merito a questi prodotti. E l’indagine mette in luce anche alcune convinzioni che sopravvivono fra i consumatori. Il 33% del campione, per esempio, crede che i prodotti vitaminizzati siano per forza più costosi di quelli semplici, mentre per il 29% servono soltanto in età particolari come la prima infanzia, o se si attraversa un periodo di stanchezza (dopo una malattia) o se si fa molto sport. I consumatori – soprattutto le donne e i giovani – sono molto interessati a sapere chi produce le vitamine usate negli alimenti e nei mangimi. Lo stesso interesse si registra per il Paese di produzione. In particolare gli standard di sicurezza europei sono considerati una garanzia e possono rappresentare un’utile cartina tornasole del livello di conoscenza e di fiducia dei consumatori nel sistema: se sapesse che le vitamine sono prodotte con standard diversi da quelli Ue, il 22% degli intervistati dichiara che non comprerebbe più gli alimenti che le contengono, mentre un altro 41% pretenderebbe un “supplemento di informazione” prima dell’acquisto. Rischio alimentare: come è cambiata la nostra tavola Intervistati sul ‘rischio alimentare’, il 63% dei consumatori italiani ritiene di aver modificato il modo di mangiare a causa delle varie problematiche legate alla sicurezza alimentare. Hanno evitato di consumare o consumato meno spesso soprattutto la carne (51%), eredità delle epidemie che negli ultimi anni hanno flagellato l’intero settore mondiale; il 9% evita i prodotti che hanno subito un processo di conservazione, il 4% i cibi in scatola, altrettanti il pesce, i grassi e i cibi calorici. Soltanto l’1% cerca di evitare i prodotti geneticamente modificati e altrettanti si affidano ai prodotti bio o a quelli italiani: la stessa percentuale di chi rivela di essersi messo a coltivare un piccolo orto personale! Tutto ciò è la dimostrazione che non c’è una risposta ai problemi di sicurezza alimentare così forte e chiara da catalizzare l’attenzione di grosse fasce di consumatori, che così tentano mille soluzioni diverse, a volte improvvisate o dettate dalla moda del momento. Il rischio alimentare, inoltre, è collegato più spesso all’inquinamento (95%), all’uso di ormoni sugli animali di allevamento (95%) e di pesticidi nelle coltivazioni (94%); seguono le malattie trasmesse dagli animali (90%). Meno percepiti l’abuso di antibiotici (88%) la manipolazione genetica (79%), il ricorso a coloranti (84%) e conservanti (77%). Ultimo fra i fattori rischio la scarsa qualità nutrizionale, indicata dal 74% del campione. Da notare, inoltre, che il problema degli ormoni e degli antibiotici è sentito maggiormente in Centro Italia, mentre i consumatori meridionali hanno paura soprattutto delle malattie trasmesse dagli animali e dell’inquinamento. Chi ci tutela? L’informazione che non si trova Cosa deve dirci una corretta etichetta? La data di scadenza è l’informazione ritenuta più importante (95% delle risposte). L’84% vuole che sia segnalata la presenza di Ogm, il 76% chiede un marchio di garanzia di sicurezza. Una fascia un po’ più ristretta (68%), composta dai consumatori più consapevoli, vuole maggiori informazioni sul valore nutritivo dell’alimento che sta acquistando. L’82% degli intervistati vorrebbe avere più informazioni a disposizione per orientare le proprie scelte di acquisto, un’esigenza sentita soprattutto fra i giovani, dove la percentuale sale all’88%. L’informazione dovrebbe arrivare dallo Stato (per il 69% del campione), dalle aziende e dai produttori (72%), dagli organismi di controllo (49%), dalle associazioni (43%) e dai media (30%). Si può parlare di tre scuole di pensiero: la prima, quella dell’Autogestione, si affida alle etichette (56%), alle comunicazioni nei punti vendita (29%) e alle informazioni sui punti vendita (32%). La seconda è quella Mass-mediatica, che si rivolge alla Tv (55%), alla stampa generalista (38%) e a quella specializzata (23%), alla pubblicità informativa (29%) e a Internet (23%). E infine c’è la terza via, quella Istituzionale, che chiede comunicazioni ufficiali del Ministero della Salute (34%), comunicati indirizzati ai consumatori (26%) e informazioni a domicilio (15%). Solo l’1% indica la scuola e l’educazione sanitaria come fonti di informazione sulla qualità e la sicurezza. Ma chi dovrebbe intervenire per offrire garanzie sulla qualità e sulla sicurezza degli alimenti? I consumatori non hanno dubbi: lo Stato. Le Istituzioni, e in particolare il Ministero della Salute (43%), sono indicate come risposta dal 66% degli intervistati. Il 23% si aspetta che a intervenire siano i produttori, le industrie e la distribuzione, mentre il 20% crede negli organismi di controllo indipendenti. Il 9% si affida alle associazioni, e solo il 2% si aspetta molto dai media. Da notare che al Centro chiedono un maggiore intervento dello Stato (76%), al Nordovest degli organismi di controllo (24%) e al Nordest dei produttori e delle aziende (30%). I consumatori italiani? ottimisti, integrati, tradizionalisti, insicuri e allarmati Definiti come “responsabili dell’acquisto alimentare”, sono i soggetti che in ogni famiglia si occupano di fare la spesa: donne, soprattutto (86%), e anziani, ma negli ultimi anni anche uomini (sia singles che sposati) e tanti giovani. Incontrandoli si scopre che non esiste un mare indistinto di consumatori, e che anzi si possono individuare facilmente diverse tipologie fisse, distinguibili per come rispondono alle problematiche legate alla scelta e all’acquisto alimentare. Dall’indagine Eurisko-istituto delle Vitamine si possono rintracciare 5 categorie diverse. Gli Integrati Hanno fiducia nel “valore dell’industria alimentare” e nella marca, ma prestano attenzione anche ai processi industriali, alle materie prime e alle condizioni igieniche. Sono un target sensibile ai rischi alimentari e che si documenta per orientare correttamente le proprie scelte d’acquisto. Ritengono inoltre che i prodotti arricchiti con le vitamine aiutino a tenersi in forma, siano completi dal punto di vista nutrizionale, sicuri e di qualità, e che un loro eventuale costo superiore sia giustificato. Sono soprattutto donne di età media, casalinghe o lavoratrici dipendenti, e vivono in prevalenza al Sud. Rappresentano il 30,8% degli intervistati. Gli Allarmati Considerano il luogo di provenienza, ma anche il paese di produzione e le condizioni igieniche una garanzia totale, che fa parte della propria esperienza/conoscenza: si affidano molto al made in Italy. Le preoccupazioni alimentari fanno parte della visione che hanno della realtà alimentare e non sono in grado di gestire le eventuali informazioni a riguardo. Non percepiscono inoltre il valore aggiunto dei prodotti vitaminizzati. Allarmate sono soprattutto le donne del Sud e delle grandi città, di età matura, con un’istruzione inferiore. Vi si riconosce il 25,9% del campione. Gli Ottimisti Sono convinti che “se il cibo è buono non può far male”. Gli elementi decisivi nella loro scelta di consumo sono ‘il gusto’ e ‘il sapore’ degli alimenti e prestano poca attenzione alla qualità e alla sicurezza alimentare. Aproblematici, non sono preoccupati dei rischi alimentari e non sentono il bisogno di maggiori informazioni. Considerano i prodotti arricchiti con vitamine un rimedio: utili, cioè, solo in casi specifici e non necessariamente indispensabili. Sono soprattutto giovani, liberi professionisti, che vivono al Nord ed hanno un’istruzione media. Il 19,1% del campione rientra in questa tipologia. Gli Insicuri La loro fiducia nel sistema alimentare è tutta da costruire. Poco propensi a delegare alla grande marca, hanno un atteggiamento quasi di sufficienza verso i prodotti industriali e mostrano poca fiducia verso le carni e gli altri prodotti animali. Vorrebbero che il ciclo produttivo fosse garantito in tutte le sue fasi. Riescono a contenere le proprie ansie se identificano i garanti e le risposte ai propri dubbi. I prodotti vitaminizzati sono considerati non necessariamente indispensabili, anche se la qualità delle vitamine e i controlli durante la fase di arricchimento sono fondamentali. Vivono in centri medio-piccoli di tutta Italia, hanno un’istruzione superiore, prevalentemente fanno gli impiegati. Rappresentano il 14,5% del campione. I Tradizionalisti Sono convinti che “la qualità passa per le materie prime”. Si fidano delle grandi marche e delle industrie, poco dei prodotti del supermercato, per niente di quelli di origine animale. Sono però particolarmente attenti alle materie prime e all’igiene nei luoghi di produzione. Molto preoccupati di tutti i fenomeni ambientali che possono avere ricadute sulla catena alimentare, ricercano informazioni, riconoscendo le autorità ministeriali come le fonti più autorevoli. Ritengono, inoltre, che i prodotti arricchiti con le vitamine siano equilibrati dal punto di vista nutrizionale. Si tratta in special modo di casalinghe o pensionate, con un’istruzione medio-inferiore, che vivono al Centro o nel Nordest. E’ la tipologia meno comune: 9,7%.  
     
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