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Notiziario Marketpress di Mercoledì 15 Dicembre 2004
 
   
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  PRESENTATO AL CNEL IL RAPPORTO SU CONTRATTAZIONE, RETRIBUZIONI E COSTO DEL LAVORO  
   
  Roma, 15 dicembre 2004 - E’ stato presentato ieri al Cnel il “Rapporto su contrattazione, retribuzioni e costo del lavoro in Italia nel contesto europeo 2002-2003”, curato dal Cesos con la Commissione dell’Informazione del Cnel. Lo studio analizza l’evoluzione del dialogo sociale, degli assetti contrattuali e dell’attività negoziale e l’andamento del costo del lavoro e delle retribuzioni nel biennio 2002-2003, ma anche nella prima parte del 2004. I punti salienti del rapporto possono essere così sintetizzati: Unione Europea § L’andamento critico del ciclo economico (dalla seconda metà del 2001) ha sensibilmente condizionato la contrattazione collettiva e l’azione sindacale. § La contrattazione collettiva non ha perduto la sua centralità nella regolazione dei rapporti di lavoro, con gradi di estensione medio-alta (40-70%), ma in declino in Germania e Regno Unito. Il suo aspetto più rilevante è ravvisabile nella moderazione salariale, con situazioni più significative (Norvegia, Irlanda). Salari reali stabili o in leggera crescita in alcuni Paesi (come la Germania) con elevata conflittualità. § La struttura della contrattazione collettiva è al centro del dibattito in tutti i Paesi europei. Sono state anche presentate, in alcuni casi, proposte di legge di revisione degli assetti. Tutto ciò più decisamente che in anni precedenti. Germania: imprenditori, parte del mondo politico e degli studiosi mettono in discussione i contratti regionali di categoria; sono favorevoli alla contrattazione decentrata a livello aziendale (non solo per consentire maggiore flessibilità salariale), peraltro già contemplata dalle “clausole di uscita”, che incontrano anche il consenso del Governo. Francia: gli imprenditori premono per una maggiore articolazione. La richiesta fondamentale: consentire libertà negoziale a livello decentrato a partire dalle regole previste dal livello superiore. Regno Unito: proposte del Governo sulle procedure di riconoscimento legale del sindacato e sulla regolazione del diritto di informazione e consultazione; in un sistema di relazioni industriali fortemente ancorato al livello di azienda o posto di lavoro. L’orario di lavoro è stato, specie a partire dal 2004, un tema rilevante nella contrattazione. La settimana lavorativa si assesta intorno alle 38 ore; con 36-37 in Francia, con la sconfitta del sindacato tedesco per l’estensione delle 35 ore alle regioni dell’Est, con 4,8 milioni di lavoratori inglesi a 48 ore. Ha assunto un rilievo centrale la difesa del posto di lavoro, per processi di delocalizzazione, outsourcing, downsizing; che, nel 2004, hanno dato luogo a negoziati di scambio fra maggiorazione dell’orario e garanzie del posto. La tendenza generale alla decentralizzazione, in alcuni Paesi (Belgio, Finlandia, Grecia, Irlanda e Spagna) è stata attenuata da negoziati e accordi conclusi a livello nazionale su temi come politica dei redditi, coordinamento delle domande rivendicative, minimi salariali. Nei Paesi maggiori (Germania, Francia e Regno Unito) non si hanno accordi di natura concertativa e sono divenuti più difficili o più complessi i rapporti fra Governi e organizzazioni sindacali (specie quelli inerenti al sistema di Welfare). Italia La debolezza dell’economia italiana è di lunga durata. La produttività ha ridotto la sua crescita dalla seconda metà degli anni ’90, muovendo da cause strutturali e da una scarsa capacità innovativa. E’ del resto, una situazione non dissimile da quella di altri Paesi europei, ma più sensibile per il nostro Paese. Le retribuzioni reali, dopo la contrazione della prima parte degli anni ’90, mostrano un graduale recupero. Nel 2003 non hanno ancora raggiunto il livello dell’inizio del precedente decennio. Il mercato del lavoro ha visto una buona performance occupazionale dal 1995 (225.000 nel 2003 secondo i dati Cnel), con condizioni vicine al “pieno impiego” in alcune aree del Paese, favorite dalla moderazione salariale. Con le attuali condizioni, una ripresa della crescita non può avvenire senza ridurre il dualismo Nord-sud. L’andamento dell’occupazione ha consentito un incremento complessivo della massa salariale reale dal 1995 e oltre il livello del 1990. Non mancano peraltro, in tema di occupazione, preoccupazioni per l’immediato futuro alimentate anche da possibili effetti negativi che potrebbero derivare dalla ulteriore flessibilizzazione del mercato del lavoro. Relazioni sindacali e relazioni industriali confermano il ruolo di rilievo del nostro Paese, nel panorama europeo, circa il livello di regolamentazione contrattuale. Il tradizionale assetto dei due livelli della contrattazione collettiva - nazionale e decentrato - è continuato e, nel contempo, è iniziato un ampio dibattito per apportare alcuni aggiornamenti a tale assetto. I contratti nazionali di categoria hanno un grado di estensione assai vasto e, tuttavia, siamo in presenza di un 15/20% del Pil che proviene dal lavoro sommerso. Nel biennio, molte decine di rinnovi contrattuali si sono realizzati senza conflitto. La contrattazione a livello delle imprese private copre il 40% degli addetti (in imprese con più di 10 addetti), in parte per affrontare situazioni di ristrutturazione, in parte per la sua funzione di integrazione salariale. La contrattazione territoriale riguarda edilizia e agricoltura ma il suo potenziamento e la sua diversificazione sono al centro del dibattito. Si rileva tuttavia, nel periodo considerato, un fenomeno di contrazione della massa salariale complessiva, con riflessi sul potere d’acquisto. Altri temi affrontati - anche con posizioni divergenti fra gli attori interessati - sono i seguenti: § ripresa della dinamica salariale senza implicazioni inflattive; equilibrio fra le funzioni primarie del contratto nazionale e la articolazione del secondo livello, in primis per la distribuzione dei vantaggi dovuti alla produttività; § salvaguardia del potere d’acquisto dei salari negli ambienti urbani con un costo della vita decisamente elevato; § maggiore incidenza della diffusa contrattazione integrativa nella Pubblica Amministrazione (efficienza, flessibilità, soddisfazione del lavoro, merito, ecc.); requisiti di politica economica, fiscale e contrattuale per la crescita economica e sociale del Sud. La dimensione della concertazione ha incontrato difficoltà nelle relazioni fra Governo e Parti sociali. Momenti di scontro fra le Parti sociali si intrecciano con iniziative positivamente realizzate. Pesano, al riguardo, gli orientamenti dei singoli attori ma, non meno, problemi strutturali. Negli anni presi in considerazione, il tessuto connettivo delle relazioni industriali nel nostro Paese ha complessivamente tenuto senza dar luogo a preoccupanti sfilacciamenti. Il numero dei contratti collettivi stipulati, la dimensione numerica delle aziende e dei lavoratori coinvolti, l’attualità di molte soluzioni concordate testimoniano della perdurante validità dell’impalcatura fondamentale originata dal Protocollo di luglio del 1993. Nel panorama aperto, emergono alcuni “focus” strategici: le questioni della formazione in generale e della formazione continua; il ruolo degli Enti bilaterali; il tema della previdenza integrativa; l’aggiornamento, già in atto, delle relazioni sindacali nelle cosiddette “public utilities”. Certo, emergono anche spunti di criticità che non devono essere sottovalutati: il ritardo - in qualche caso rilevante - con il quale si perviene ad alcuni rinnovi; l’incompleta attitudine dei negoziatori a ricercare, ai diversi livelli di contrattazione, adeguate forme di collegamento fra gli andamenti della produzione e l’applicazione di idonei meccanismi di misurazione del contributo che il fattore lavoro offre al risanamento e allo sviluppo complessivo delle nostre aziende (produttività/competitività); l’insoddisfacente livello di attenzione del nostro sistema negoziale alle grandi questioni delle problematiche “di genere”. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di punti critici che vedono un significativo addensamento nel vastissimo scacchiere del Pubblico impiego. Uno scenario particolarmente seguito dal Cnel, nel convincimento che il successo dell’opera di ammodernamento delle relazioni sociali nel nostro Paese transita necessariamente anche attraverso una progressiva, irreversibile armonizzazione fra le regole del gioco tradizionalmente proprie del “pubblico” e del “privato”.  
     
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