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Notiziario Marketpress di Lunedì 09 Febbraio 2004
 
   
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  AGROINDUSTRIA ITALIANA, CRISI ANNUNCIATA LA FOTOGRAFIA GIÀ DIVULGATA QUASI UN ANNO FA ALLE BANCHE DATI DEI MAGGIORI ISTITUTI DI CREDITO ITALIANI.  
   
  Forlì, 9 febbraio 2004 - La crisi dell’agroindustria italiana che negli ultimi mesi ha fatto da humus a crack eccellenti era largamente prevista e comunicata sia a livello accademico che all’interno delle banche dati degli enti economici e dei maggiori istituti di credito italiani ed europei. Lo sostiene un pool di ricercatori che fanno capo a Infomanager e a Artemis, spin off accademico del Dipartimento di Economica e Commercio dell’Università di Bologna e fornitore unico degli indici finanziari dai settori economici italiani alle principali banche europee il primo, membro di Iama- International Food and Agribusiness Management Association e di Centuria Parco Scientifico Tecnologico, specializzato nel settore agroalimentare, il secondo. Già nello scorso maggio, in uno studio elaborato da due ricercatori del gruppo, Gianluca Bagnara e Davide Stefanelli, e pubblicato in concomitanza con l’inizio attività dell’ Osservatorio economico-finanziario dell’agroindustria europea, si leggeva infatti che le imprese agroalimentari italiane erano molto più esposte al credito bancario, con debiti finanziari a breve termine pari a quasi il 70% del patrimonio netto rispetto ad una media europea del 40% e con punte drammatiche nei settori dell’olio, del pesce e della mangimistica, esposte a un indebitamento pari al 100% del loro patrimonio netto. Secondo lo studio le differenze rispetto alla media europea non sarebbero dovute tanto alle maggiori infrastrutture delle imprese italiane (il margine di struttura, cioè il capitale proprio rispetto alle immobilizzazioni, è pari allo 0.7 in Italia rispetto allo 0.8 europeo) quanto al rapporto con il mercato: i tempi di incasso infatti superano mediamente i 77 giorni in Italia rispetto ad una media europea di appena 42 giorni. Lo studio, che ha utilizzato come campione i bilanci di 5.824 aziende per 3 anni a livello europeo e 3 anni di bilanci di 3.185 a livello italiano, individua le criticità maggiori nella valutazione del rischio di impresa, al momento in cui si confronta la capacità di coprire il costo dell’indebitamento (oneri finanziari) con la redditività prodotta dalla gestione caratteristica dell’impresa (misurata dal reddito operativo). In Italia infatti gli oneri finanziari assorbirebbero quasi il doppio del reddito operativo rispetto alla media europea (76% contro il 43%). In altre parole il puro rischio finanziario non è molto più alto in Italia rispetto all’Europa, ma esplode nel momento in cui si combina con il rischio operativo (il maggior ritardo negli incassi di 35 giorni rispetto alla media europea comporta una corrosione della redditività operativa di oltre 300 milioni di Euro all’anno). In questo senso i settori più critici sono l’ortofrutta, il lattiero-caseario e la mangimistica, per i quali il reddito caratteristico è inferiore agli interessi passivi corrisposti alle banche. Di conseguenza l’adozione da parte degli istituti bancari di procedure matematiche di valutazione del rischio, non tenendo conto del diverso peso fra il rischio finanziario e quello operativo, si traduce in un maggior peso degli oneri finanziari a seguito dei più alti tassi di interesse richiesti.  
     
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