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Notiziario Marketpress di Mercoledì 09 Marzo 2005
 
   
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  SCIENZIATI EUROPEI SCOPRONO PERCHÉ IL POLO NORD È GHIACCIATO  
   
  Bruxelles, 9 marzo 2005 - Un gruppo di scienziati internazionali dell'Università Autonoma di Barcellona, Spagna, e dell'Istituto per la ricerca sull'impatto del clima di Potsdam, Germania, ha scoperto il meccanismo alla base dell'accumulo dei ghiacci. Servendosi principalmente di dati esistenti ricavati dai resti di organismi marini creatisi nel corso degli anni, nonché di modelli climatici, i ricercatori hanno indagato a fondo sul mistero in precedenza irrisolto dei motivi per cui da 2,7 milioni di anni nell'Artide si formano i ghiacci. Il gruppo sostiene che un improvviso calo delle temperature mondiali 2,7 milioni di anni fa ha dato inizio al processo di congelamento dell'Oceano Artico e ha fatto sì che l'America settentrionale e l'Europa venissero ricoperte di ghiaccio. La riduzione delle temperature medie non è tuttavia sufficiente a spiegare il motivo per cui si sia formata e sia rimasta fino ad oggi una tale quantità di ghiaccio. Anche se sono state avanzate molte teorie diverse, l'accumulo di ghiaccio è rimasto finora senza spiegazione. I due gruppi guidati da Antoni Rosell di Barcellona e Gerald H. Haug di Potsdam adesso hanno trovato la risposta. Secondo la loro ricerca "il cambiamento più importante verificatosi durante il periodo in questione è stato un aumento di sette gradi Celsius nella differenza tra le temperature estive e quelle invernali nell'arco di pochi secoli. Le estati diventarono più calde e gli inverni più freddi, favorendo una maggiore evaporazione di acqua dal mare nell'atmosfera durante l'estate. L'aria diventò più umida e vi fu un incremento delle precipitazioni nevose. Quando sopraggiungeva l'inverno, la brusca diminuzione delle temperature consentiva al ghiaccio di formarsi", spiegano gli scienziati. La differenza delle temperature sembra essere stata causata dalla stratificazione delle acque oceaniche, dovuta a un maggiore afflusso di acqua dolce. Secondo i ricercatori, questo ha fatto sì che le acque si mescolassero fra loro meno che in precedenza, formando strati di densità differenti a livelli e profondità diversi. "All'arrivo della primavera, gli strati più superficiali iniziavano a riscaldarsi. Dato che l'acqua non si mescolava, la temperatura di tali strati continuava a salire, aumentando l'evaporazione dell'acqua. Durante i mesi estivi, questo effetto si intensificava, in quanto temperature più elevate aumentano la stratificazione, mentre in inverno le acque ricominciavano a mescolarsi e le temperature diminuivano più che negli anni precedenti", affermano gli scienziati. I due professori e i loro gruppi hanno ricreato le variazioni stagionali delle temperature nel Pacifico settentrionale, reinterpretando i dati ottenuti dall'analisi dei resti degli organismi marini e verificando le temperature mediante un modello climatico. Questa ricostruzione ha posto in evidenza come l'oceano, per effetto della sua temperatura superficiale e delle sue dimensioni durante le varie stagioni, nonché dell'evaporazione dell'acqua dal mare, può provocare radicali cambiamenti del clima. La ricostruzione ha anche rivelato cicli glaciali più intensi e un generale raffreddamento delle temperature del pianeta. "Attraverso questa ricerca possiamo comprendere in modo più approfondito perché si verificano i cambiamenti climatici, e più specificamente, il ruolo dell'oceano nel determinare tali cambiamenti", ha detto il Professor Rosell, del gruppo spagnolo. "Queste informazioni consentiranno di migliorare i modelli climatici utilizzati per prevedere come il clima attuale cambierà in futuro", ha concluso. Per ulteriori informazioni rivolgersi a: Antoni Rosell Institute of Environmental Science and Technology (Icta) Universitat Autònoma de Barcelona Tel: +36 93 581 3583 E-mail: antoni.Rosell@uab.es  
     
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