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Notiziario Marketpress di Venerdì 08 Aprile 2005
 
   
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  SVIZZERA / “LAY VISION”, MOSTRA FOTOGRAFICA DI GIANCARLO PAGLIARA, IN CORSO PRESSO LA FABBRICA DI LOSONE A LOCARNO FINO AL 26 APRILE 2005  
   
  Lo spazio culturale di Losone, la fabbrica, apre di norma le sue esposizioni di arte il quarto venerdì del mese; quest'anno nel mese di marzo tale data corrispondeva al Venerdì Santo, data in cui si preferisce evitare d'organizzare eventi profani. E' nata così l'idea di non cambiar data, ma di aprire proprio la serata di Venerdì Santo un'esposizione dedicata alla spiritualità e all'iconografia cattolica. Non si tratta però di una mostra di arte sacra: è la visione di un laico che - nella nostra società secolarizzata - risulti onestamente curioso rispetto a un mondo di cui noi latini siamo eredi, ma che più non padroneggiamo. La mostra ‘Lay Vision’ (visione laica) propone per la prima volta le opere di Giancarlo Pagliara, fotografo campano operante a Milano, realizzate in chiese cattoliche italiane e straniere. Nelle occasioni in cui si entra in chiesa, tanto più se durante una funzione religiosa, ogni non credente rimane attonito: si percepisce una qualità ambientale e d'atteggiamenti diversa da ogni altra esperienza del vivere d'oggi. Ciò è tanto più vero nel periodo della Passione, quando è intensa la compartecipazione alla rara sofferenza umanissima - nel novero delle culture religiose - di una figura divina. Forse per questo anche i non credenti non possono non dirsi cristiani.Giancarlo Pagliara non bada al ritualismo, la sua non è una estetizzazione agnostica, ma una visione sensibile al sentire suo - come italiano, naturalmente erede della cultura cattolica - e di chi fa parte della Chiesa. Persone giovani e spesso anziane su cui è giusto evitare ironie facili nella nostra epoca; Pagliara non ne fa, ma è consapevole del suo esser altro, laico. La mostra proseguirà fino al 26 aprile. Orari di apertura: dal martedì al giovedì 10/14 e 17/21; venerdÏ 10/14 e 17/23; sabato 17/24. E' possibile anche la visita su appuntamento previa telefonata allo 0041.91.7805743. Qui a seguire il testo critico di Michele Robecchi, già editor di Flash Art International (l'immagine di un'opera esposta è visibile al link http://www.Lafabbrica.ch/inmostra.asp?id=317 ). “La Basilica di Santa Sofia a Istanbul è probabilmente una delle esperienze più stravolgenti che una persona di fede religiosa possa affrontare. Concepita come chiesa cattolica da Giustiniano nel 500 e convertita a moschea in seguito alle burrascose vicende politiche e religiose che hanno caratterizzato la regione, è visibile oggi come museo, ed esibisce parallelamente la sua storia fatta di iconografie cristiane e insegne islamiche. E’ facile restare perplessi davanti a questo apparente sacrilegio, che mischia impudentemente i simboli di due visioni che sono andate incontro a secoli di guerre per imporsi una sull’altra. Eppure la volontà dell’uomo di avvicinarsi al suo creatore, indipendentemente dal percorso scelto, finisce col prevalere su ogni cosa, trasformando di fatto le aspirazioni illuministe dell’edificio in un’esperienza spirituale unica e quanto mai attuale nella sua conflittualità. Una dinamica simile, a cavallo tra l’immateriale e il terreno, contraddistingue “Visione laica” di Giancarlo Pagliara, un viaggio fotografico nella dimensione religiosa di una società che ha intrecciato le sue vicende storiche, politiche e geografiche con la Chiesa Cattolica in modo indissolubile per quasi due millenni. Munito di macchina fotografica e di un occhio freddo, ma non del tutto disincantato, Pagliara ha girato per le chiese di tutta Italia alla ricerca dei momenti più piccoli e quotidiani della fede, nel tentativo di coglierne le motivazioni più autentiche. Un’operazione ambiziosa, che se da una parte riesce ad evidenziare il significato e l’essenza della fede, dall’altra ne certifica con lucidità le debolezze e i limiti. La maestosità e il senso di soggezione che i luoghi consacrati solitamente emanano risultano quasi completamente assenti, scalfiti da un cupo bianco e nero che ne sottolinea invece la quasi totale umanità. Statue, mosaici e dipinti appaiono spogliati della propria aura divina, spostando il baricentro sugli sforzi intrapresi negli anni da mani e teste animate dalla fede per colmare il vuoto che li separava dalla comprensione delle cose. Ma quello che si nota maggiormente, oltre alle fattezze tutt’altro che sovrannaturali delle icone rappresentate, come testimoniano ad esempio l’espressione vulnerabile di una Madonna o le anonime braccia di un Cristo in croce, è un forte senso di solitudine, condiviso sia dai cultori che dagli oggetti di culto, entrambi indifesi davanti al silenzio di un mistero più grande di loro. Pagliara riesce in questa serie nel delicato compito di misurarsi con l’iconografia religiosa, un argomento che riveste un’importanza primaria nella storia dell’arte, senza cadere nella trappola della propaganda o della provocazione, restituendola con rispetto e sorvegliato distacco all’attualità a cui oggi appartiene”. (Michele Robecchi)  
     
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