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Notiziario Marketpress di Lunedì 11 Aprile 2005
 
   
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  FIDEURAM INVESTIMENTI: MARKET OUTLOOK MARZO 2005  
   
  Milano, 11 aprile 2005 - Nel complesso i dati diffusi nel corso dell’ultimo mese hanno confermato che la crescita a livello globale è stata molto sostenuta nel primo trimestre dell’anno (e in accelerazione rispetto al trimestre precedente), mentre un rallentamento appare probabile nel trimestre appena iniziato. Negli Usa le indicazioni positive per la crescita si associano però ad un aumento dei timori legati all’andamento dell’inflazione core e la Fed nel comunicato successivo alla riunione del 22 marzo ha adottato un atteggiamento più guardingo a tale riguardo. Il nostro scenario continua a prevedere che la Fed prosegua con rialzi di 25 pb per riunione per i prossimi mesi. Nell’area euro la crescita all’inizio dell’anno ha probabilmente registrato un’accelerazione, ma il notevole deterioramento della fiducia delle imprese in marzo induce a ritenere che un nuovo rallentamento si registrerà nel secondo trimestre. Aumenta di conseguenza il rischio che la Bce debba ritardare l’inizio del ciclo di rialzi dei tassi rispetto alle nostre previsioni (prossimo settembre). In Giappone, infine, la crescita nel primo trimestre dovrebbe risultare molto forte, per poi decelerare sensibilmente nel secondo trimestre. Le indicazioni del Tankan, peraltro nel complesso non particolarmente negative, hanno determinato una riduzione della stima di crescita per il prossimo anno. Gli indici azionari internazionali, ad eccezione dei mercati emergenti, si sono sostanzialmente mantenuti sui livelli di metà febbraio. La debolezza delle azioni americane è stata determinata in buona parte dai prezzi elevati del greggio ben al di sopra dei 50 dollari al barile e dal recente innalzamento della curva dei tassi americani. Healthcare: domanda stabile e pricing power in miglioramento. Tecnologici: performance negativa e prospettive legate alle condizioni congiunturali. Mercati Obbligazionari - Dalla fine di febbraio il mercato obbligazionario ha registrato un andamento disomogeneo tra le diverse aree geografiche con un rialzo dei rendimenti negli Stati Uniti, un movimento laterale in Europa ed un ribasso dei rendimenti in Giappone. Stati Uniti I dati diffusi nel corso dell’ultimo mese confermano che la crescita del Pil nel primo trimestre ‘05 dovrebbe essere rimasta alquanto robusta, con una modesta accelerazione rispetto al ritmo registrato nell’ultimo trimestre ’04 (3.8% annualizzato). La nostra previsione per il primo trimestre ‘05 è di una crescita del 4.5% ann., determinata da un rallentamento dei consumi privati e degli investimenti in macchinari e attrezzature, compensata da un aumento del contributo positivo delle scorte e da una sensibile riduzione dell’effetto negativo dell’andamento delle esportazioni nette. La decelerazione della crescita dei consumi (3.5% dal 4.2% del secondo trimestre) appare comunque molto modesta se si considera l’impatto del notevole rincaro dei prodotti energetici (il prezzo della benzina ha ora superato i massimi dal maggio '04), mentre l’andamento degli investimenti in macchinari risulta robusto in quanto la scadenza degli incentivi fiscali (a fine dicembre ‘04) non sembra aver influenzato le decisioni di spesa delle imprese. A marzo l’andamento dell’occupazione negli Usa (+110 mila unità contro un’attesa, nostra e di consenso, di poco superiore alle 200 mila) è stato sensibilmente più debole delle attese e una modesta revisione al ribasso è stata anche apportata all’andamento dei due mesi precedenti. Il dato risulta sorprendente (ed il più debole dal luglio ‘04), viste le indicazioni degli altri indicatori tipicamente correlati all’andamento dell’occupazione. E’ comunque importante non esagerare la rilevanza di un singolo dato dei payrols sulle condizioni più complessive dell’economia. Peraltro, altre indicazioni nel dato sul mercato del lavoro forniscono un quadro più positivo: è questo il caso dell’andamento dell’occupazione, stimato dalla survey condotta presso le famiglie, che mostra un impressionante aumento (357 mila unità, dopo tre mesi di estrema debolezza). Proprio il forte aumento degli occupati nella Household Survey ha determinato una nuova riduzione al 5.2% del tasso di disoccupazione, dopo l’inatteso aumento al 5.4% registrato in febbraio. E’ importante sottolineare che, nonostante l’incremento anemico degli occupati a marzo, la crescita del reddito da lavoro (variabile fondamentale per la previsione della crescita dei consumi) rimane abbastanza vivace, grazie alla riaccelerazione dei salari orari (+0.3% m/m in marzo, dopo il +0.1% di febbraio). L’aumento dei prezzi core nel mese di febbraio è risultato superiore alle attese (nostre e di consenso), con un incremento m/m dello 0.3% (contro attese, nostre e di mercato, dello 0.2%). Si tratta dell’aumento più sostenuto dal settembre '04 (nei mesi fra ottobre e gennaio l’incremento era sempre stato dello 0.2% m/m) e porta il tasso d’inflazione core al 2.4% (il massimo dall’agosto ‘02). Il nostro scenario ha incorporato per diverso tempo, a differenza del consenso, un rialzo dell’inflazione core sopra il 2.5% entro la fine di quest’anno, ma è evidente che la velocità di questo movimento risulta più rapida delle nostre previsioni. Si deve inoltre notare che l’aumento dell’inflazione core di febbraio non può essere ascritto a fattori particolari o temporanei (quali i prezzi delle sigarette o delle auto). Il nostro scenario continua a prevedere che l’inflazione core, dopo una stabilizzazione sui livelli attuali nei prossimi mesi, grazie ad un effetto base favorevole nei mesi primaverili, si porti al 2.7% nella parte finale dell’anno. L’andamento recente e prospettico dell’inflazione core, analizzato nel punto precedente, non può non preoccupare la Fed, come evidenziato dal mutamento significativo e aggressivo apportato alla valutazione dei rischi di inflazione nel comunicato diffuso dopo la Fomc del 22 marzo. L’impegno a rialzi “misurati” dei tassi nell’immediato futuro, diversamente dalle nostre attese, è stato mantenuto, ma il bias nella stance di politica monetaria risulta ora molto netto. Aumenti dell’inflazione core dello 0.3% m/m, come quello registrato in febbraio, non appaiono compatibili con l’obiettivo d’inflazione della Fed e quindi determinerebbero un’accelerazione nel ritmo dei rialzi dei tassi, se lo scenario di crescita si mantiene solido: il dato relativo a marzo, che sarà diffuso il 20 aprile, diventa a questo punto molto importante. In questo momento, peraltro, i futures sui Fed Funds di luglio (mese in cui non vi sono riunioni del Fomc) scontano una probabilità abbastanza ridotta (circa il 20%) che la Fed rialzi di 50 pb in una delle due prossime riunioni (inizio maggio e fine giugno). Il nostro scenario per l’inflazione core, che sostanzialmente prevede incrementi dello 0.2% m/m nel corso dei prossimi mesi, non appare comunque incompatibile con rialzi dei tassi “misurati” (ovvero 25 pb) da parte della Fed fino alla parte finale dell’anno, posto che il ritmo di crescita dell’economia rallenti almeno moderatamente dai livelli attuali (come previsto nel nostro scenario e come indicato anche dai dati sull’occupazione). E’ però evidente che il rischio di rialzi più aggressivi da parte della Fed, già nel breve periodo, è notevolmente aumentato. Area Euro - I dati ad oggi disponibili relativi al primo trimestre sono stati nel complesso più forti delle attese e hanno portato ad una revisione al rialzo della crescita del Pil per il primo trimestre all’1.9% t/t annualizzato dal precedente 1.6%. In particolare, la produzione industriale appare in deciso recupero, dopo la contrazione del trimestre precedente, sostenuta sia da un aumento delle scorte di magazzino che da una ripresa piuttosto vivace delle esportazioni. Indicazioni positive sono giunte anche dai dati sulle vendite al dettaglio, che hanno sorpreso al rialzo non solo in Francia ma, soprattutto, in Germania. Per quest’ultima, continuano inoltre a giungere segnali di un miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro: le domande di lavoro da parte delle imprese nei primi mesi dell’anno sono cresciute sui ritmi più elevati degli ultimi dieci anni. Il mercato del lavoro dovrebbe avere raggiunto un punto di svolta tra fine 2004 e inizio 2005 e questo conforta la nostra attesa di una crescita positiva, anche se modesta, dei consumi privati in Germania nel corso del 2005.A dispetto di queste dinamiche positive relative al primo trimestre, tra febbraio e marzo si è però assistito ad un preoccupante deterioramento della fiducia delle imprese dell’area euro, che segnalano sia una riduzione dei livelli di produzione che, soprattutto, del portafoglio ordini (sia dalla domanda estera che da quella interna). A marzo il Pmi manifatturiero è sceso di 1.5 punti a 50.4, ritornando sui livelli minimi dello scorso novembre e segnalando il rischio di un marcato rallentamento dell’attività manifatturiera nel secondo trimestre. Le imprese operanti nel settore distributivo e nella produzione dei beni di consumo hanno inoltre rivisto decisamente al ribasso le attese e lamentano un calo significativo degli ordini dalla domanda interna. Questo andamento si registra anche in Francia, economia nella quale la ripresa dei consumi privati è tra le più robuste dell’intera area euro e in cui le vendite al dettaglio sono cresciute nel primo trimestre ‘05 su ritmi molto forti per il secondo trimestre consecutivo. Appare pertanto tangibile il rischio di una sorpresa negativa per quanto riguarda l’andamento dei consumi privati nel secondo trimestre, che potrebbe essere accompagnato da un contemporaneo rallentamento della produzione industriale. Di conseguenza, la previsione di crescita del Pil per il secondo trimestre ‘05 è stata rivista al ribasso dal precedente 2.0% all’attuale 1.3%. La previsione di crescita media annua del Pil per il 2005 resta invariata all’1.5%. La riforma del Patto di Stabilità e Crescita decisa dal Consiglio Europeo ha sostanzialmente indebolito l’impianto correttivo precedente, aumentando il potere del Consiglio a scapito della Commissione Europea e rendendo più difficile, se non impossibile, per quest’ultima avviare una procedura di deficit eccessivo nei confronti di un paese. La Bce ha espresso “serie preoccupazioni riguardo alle modifiche proposte”, ma l’inasprimento dei toni non implica un intervento di rialzo dei tassi in tempi. E’ vero però che questa riforma rappresenta un motivo ulteriore di preoccupazione ed una ragione in più per avviare quanto prima un rialzo dei tassi, nel momento in cui ci saranno le necessarie condizioni di solidità della domanda interna. Continuiamo ad attendere un avvio del ciclo restrittivo da settembre 2005, anche se molto dipenderà dall’evoluzione della crescita nei prossimi trimestri. Un eventuale rallentamento della stessa nel secondo trimestre potrebbe rimandare al quarto trimestre l’avvio del ciclo restrittivo. La stima preliminare di Eurostat mostra un’inflazione stabile a marzo al 2.1%. Tale andamento è in linea con le attese ed è sostanzialmente determinato dall’aumento del prezzo dei beni energetici, che risentono del forte rincaro del petrolio (+12% in euro nel solo mese di marzo), ma anche dei beni alimentari, condizionati da un clima particolarmente rigido. Al netto di questi fattori, che potrebbero esercitare un impatto negativo anche nei prossimi mesi, l’inflazione core (depurata appunto dai beni energetici ed alimentari) si mantiene modesta: la discesa di quest’ultima all’1.5%, che attendevamo dal secondo trimestre 2005, è già avvenuta nel primo trimestre, grazie a rialzi contenuti nei prezzi amministrati e ad una discesa più pronunciata nei prezzi dei beni non energetici. Giappone e Cina - L’ultima revisione del Pil nel quarto trimestre ’04 ha riportato in territorio positivo la crescita economica del Giappone (da -0.5% a +0.5% ann.), segnalando che già nell’ultimo trimestre dell’anno l’economia era uscita dalla quarta recessione nel periodo successivo alla bolla speculativa. Nel complesso però la scomposizione del dato non indica una crescita solida: il grosso della revisione al rialzo è dipesa da un maggior accumulo di scorte e da minori importazioni. Il rischio più significativo, alla luce di questa revisione, sembrava risiedere in un’ulteriore contrazione dei consumi privati (in flessione di circa l’1% ann. Sia nel terzo che nel quarto trimestre) ad inizio 2005. I dati, che danno indicazioni sulla crescita di questa componente del Pil nel primo trimestre, hanno però mostrato una forza tale da indurre ad una revisione radicale al rialzo delle nostre aspettative di crescita per il primo trimestre (ora da noi previsto al 4.5% ann.) con un impatto sulla crescita di tutto il 2005 (da noi ora attesa all’1.7%). Tutti gli indicatori relativi sia alla domanda che all’offerta di beni di consumo sono cresciuti a gennaio a ritmi di molto elevati e, nonostante l’atteso ritracciamento nel mese di febbraio, la combinazione dei due mesi mostra una crescita ancora solida rispetto al precedente trimestre. I dati relativi al mese di gennaio sono stati complessivamente molto positivi non solo per quanto concerne i consumi. Come per i consumi, poi, anche per le altre componenti del Pil vale la considerazione relativa ai dati di febbraio ed alla crescita combinata dei mesi di gennaio e febbraio. In particolare, le previsioni di crescita della produzione industriale sono state riviste al rialzo dal Meti per il mese di marzo ( da -1% a +0.9% m/m) e le aspettative per il mese di aprile (inizio del secondo trimestre) sono di crescita ancora più forte (3.6% m/m). La crescita del Pil nei successivi trimestri del 2005 non dovrebbe mantenere i ritmi del primo trimestre in quanto in questo trimestre sia gli investimenti non residenziali che i consumi sono stati sostenuti in parte da fattori una tantum: gli investimenti necessari per il rientro della garanzia illimitata sui depositi e le condizioni meteorologiche molto migliori rispetto al secondo semestre del 2004. Le nuove informazioni rinvenibili nel Tankan di aprile mostrano che le imprese nel complesso non intravedono un miglioramento delle condizioni di profitto nel secondo trimestre e che la sensibile ripresa della domanda interna nel primo trimestre, rinvenibile nei dati ad oggi disponibili (relativi a gennaio e febbraio), e della domanda estera non vengono percepite dalle imprese, soprattutto da quelle del manifatturiero. Sembra però che il calo della fiducia del settore manifatturiero sia più che altro legato ad una visione pessimistica della domanda estera e della tenuta della crescita della Cina, forse anche legata al periodo in cui sono state raccolte le interviste (24 febbraio - 31 marzo). Nel Tankan il segmento delle piccole imprese del non manifatturiero prevede una stagione di profitti anche migliore dell’anno fiscale 2004 nel corso del 2005, a segnalare la buona condizione prospettica (per il 2005) della domanda interna. Sempre nel Tankan viene confermata la contrazione degli investimenti nel secondo semestre fiscale del 2005, ora incorporata nelle nostre previsioni quale espressione della ciclicità degli investimenti. L’inclusione di questa nuova dinamica porta ad un abbassamento della previsione di crescita del Pil nel 2006 di 4 decimali, all’1.2%. La Boj continua a preparare la strada per una fuoriuscita dal Quantitative Easing. Sia nelle minute che in un documento programmatico per il periodo successivo all’anno fiscale 2004, si evince che la priorità attribuita alla stabilizzazione del sistema finanziario non sarà più centrale, una volta eliminata la garanzia illimitata sui depositi bancari (a partire dal 1° di aprile). La Boj sta poi “comunicando” al mercato che il ridimensionamento dell’attuale target di politica monetaria potrebbe avvenire all’interno del framework del Quantitative Easing, ovvero che i vincoli relativi all’inflazione core varrebbero esclusivamente per il commitment al mantenimento dei tassi a zero. L’analisi congiunta dei dati sull’economia cinese relativi a gennaio e febbraio ha mostrato una crescita ben superiore alle aspettative. In particolare si è assistito ad una riaccelerazione della crescita degli investimenti fissi (Fai), nonostante l’elevata base di confronto: si ricorda infatti che proprio la forte crescita dei Fai nel primo trimestre 04 aveva innescato le misure amministrative volte ad arginarne le dinamiche in alcuni settori considerati oggetto di eccessivi investimenti. In concomitanza con la pubblicazione del dato dei Fai (+24.5% a/a), la Pboc ha questa volta deciso di prendere di mira il settore immobiliare. Anche in questo caso l’obiettivo delle misure non è il settore immobiliare nel suo complesso, quanto piuttosto le aree in cui la crescita dei prezzi delle case viene giudicata “eccessiva” (Shanghai è sicuramente un esempio). Utili al riparo dal rialzo dei tassi e dal rincaro del greggio - Gli indici azionari internazionali, ad eccezione dei mercati emergenti, si sono sostanzialmente mantenuti sui livelli di metà febbraio: la performance negativa in valuta locale del mercato americano è stata altresì compensata dalla leggera ripresa del dollaro. La debolezza delle azioni americane è stata determinata in buona parte dai prezzi elevati del greggio ben al di sopra dei 50 dollari al barile e dal recente innalzamento della curva dei tassi americani. Dal fronte societario però sono arrivate notizie confortanti. La conclusione della reporting season europea relativa all’ultimo trimestre 2004 e le prime pubblicazioni relative al primo trimestre del 2005 delle società americane confermano un quadro sostanzialmente positivo. In Europa, gli ultimi dati hanno mostrato il buono stato di salute delle società europee: l’espansione dei profitti è continuata a dispetto di un quadro congiunturale negativo caratterizzato dalla combinazione di dollaro debole, alti prezzi del petrolio e crescita debole. In particolare le vendite sono cresciute ad un tasso annualizzato del 4.8% e il successo nel contenimento della domanda salariale ha permesso di tenere sotto controllo i costi di gestione. Negli Stati Uniti alcune società (circa il 4% della capitalizzazione dello S&p) hanno riportato i loro bilanci trimestrali: tra le più significative Oracle, Nike, Walgreen e le principali banche d’investimento. Nella maggior parte dei casi gli utili riportati sono stati superiori a quelli del trimestre precedente, nonostante la stagionalità sfavorevole, e superiori alle aspettative degli analisti. Particolarmente positivo il risultato delle banche di investimento come Goldman Sachs, Bearn Stearns e Lehman Brothers che hanno beneficiato del miglioramento dell’attività di M&a e del mercato delle emissioni azionarie. Nel quadro attuale moderatamente favorevole rimangono, tuttavia, alcune incertezze derivanti dall’impatto del rialzo dei tassi americani e dell’andamento del prezzo del petrolio sugli utili societari. E’ difficile quantificare l’influenza che l’alto prezzo del greggio eserciterà nei prossimi mesi sui consumi privati e sui costi di produzione delle imprese, che fino ad oggi sembrano ancora non averne risentito. A tal riguardo valgono le seguenti osservazioni: - Da un prospettiva storica (si veda il grafico) emerge che, a differenza dei prezzi nominali, i prezzi reali del greggio, seppur alti rispetto agli ultimi 10 anni, siano ancora molto lontani dai livelli che si sono avuti durante gli shock petroliferi dei primi anni ottanta. E’ probabile quindi che i prezzi attuali siano ancora al di sotto del livello di tolleranza dell’economia e che le eventuali ripercussioni negative su crescita e inflazione possano essere, comunque, di dimensione contenuta. Il fattore determinante che ha sospinto in alto i prezzi del greggio negli ultimi mesi è stata probabilmente la forte domanda dei paesi in via di sviluppo ed in particolare della Cina e questa, è facile attendersi, continuerà nei prossimi trimestri. L’offerta dovrebbe però esser pronta a sostenere la domanda, come segnalano vari indicatori: il livello delle scorte mondiali dei paesi industrializzati (ed in particolare quelle americane) e la demand cover ratio rimangono su livelli superiori con la media degli ultimi 5 anni. Sull’effetto negativo dell’aumento dei tassi della curva si osservi che: i tassi reali rimangono ancora vicino ai minimi degli ultimi 20 anni sia in Europa che negli Stati Uniti. - L’aumento dei tassi a lunga potrebbe portare al restringimento dei multipli di valutazione, ma l’impatto sugli utili societari dovrebbe comunque rimanere modesto: la liquidità di cassa disponibile rimane a livelli molto elevati e anche un ulteriore rialzo non dovrebbe intaccare la capacità di investire delle imprese con l’auto-finanziamento e con attività di fusioni ed acquisizioni. In prospettiva storica l’andamento dei corsi azionari è stato condizionato dalla politica monetaria della Fed, ma non così profondamente come si potrebbe credere. Negli ultimi 25 anni solo durante la restrizione monetaria dell’ultimo triennio degli anni settanta, il mercato azionario americano ha avuto una performance negativa, ma in un periodo con l’inflazione su livelli ben superiori agli attuali. In conclusione, i fondamentali azionari non dovrebbero essere inficiati significativamente dal rincaro del greggio e dall’aumento dei tassi obbligazionari. In proposito sarà opportuno aspettare le prossime pubblicazioni dei bilanci del primo trimestre 2005 per avere maggiore visibilità sulla sostenibilità della crescita degli utili per l’anno in corso. Le precedenti considerazioni unitamente ai bassi livelli di rendimento forniti dalle obbligazioni governative e corporate ci inducono a confermare l’attuale preferenza per l’investimento azionario. Healthcare: domanda stabile e pricing power in miglioramento Usa Il settore Healthcare da inizio anno evidenzia una performance lievemente negativa, overperformando tuttavia il mercato in misura apprezzabile (performance relativa superiore al 3%). All’interno di un contesto di mercato come l’attuale, caratterizzato da attese per un consistente rallentamento della crescita degli utili futuri, sussistono a nostro parere le condizioni per un ritorno di interesse sul comparto dopo il ribasso dello scorso anno. Tendono, infatti, ad essere favoriti i settori caratterizzati da: domanda potenziale stabile o crescente, elevati flussi di cassa e pricing power in potenziale miglioramento. Tali caratteristiche sono proprie del settore Healthcare nel suo complesso che garantisce in ogni sottocomparto una struttura finanziaria caratterizzata da posizione finanziaria netta decisamente positiva, domanda potenziale sostenuta da trend sottostanti forti (trend demografico) e pricing power che, ad eccezione del sotto-settore Pharmaceutical, resta sostenuto. A livello valutativo si ritiene che il settore abbia scontato in misura pressochè completa tutti i principali temi che ne hanno determinato il pesante derating lo scorso anno: aspettative di bassa price inflation, elevata competizione dei farmaci generici, timori sulla sicurezza di alcune categorie farmaceutiche, contesto politico normativo difficile. Altri catalist possono giungere da un lato, dalla conferma dei livelli di eccellenza per margini e ritorno sul capitale investito (superiori alla media di mercato) e dall’altro, dall’analyst meeting di Pfizer che potrà fornire ulteriori spunti in merito alla crescita non solo della società ma del settore nel suo complesso. Permangano tuttavia alcuni elementi di rischio collegati, in particolare, agli esiti di alcune cause legali di rilevante importanza per il settore (Zyprexa per Lilly e Phen Phen per Wyeth), all’evoluzione dei processi su alcuni brevetti (tra cui il Lipitor di Pfizer) e all’intensificarsi della generic competition. Restano inoltre ancora da valutare nel complesso gli effetti sul pricing della riforma Medicare. Europa Nel primo trimestre dell’anno il settore Healthcare europeo ha mostrato un andamento piuttosto volatile, senza conseguire però performance significative: l’indice di settore si trova attorno agli stessi livelli di inizio anno. Nonostante la pubblicazione delle trimestrali societarie abbia confermato la consueta solidità dei risultati aziendali per le società farmaceutiche, ancora in grado di sorprendere in positivo rispetto alle stime degli analisti, i movimenti del settore sono stati in larga misura determinati dalle notizie specifiche riguardanti alcuni importanti prodotti dell’industria. Tuttavia, se la performance recente è in parte spiegata da effetti una tantum, che alimentano anche le componenti più speculative del mercato, gli elementi di fondo del settore continuano a fornire un quadro complessivo abbastanza soddisfacente, basato almeno su tre punti principali: Una domanda finale stabile. Tale peculiarità è dovuta alle caratteristiche del settore che vanta una volatilità di domanda molto bassa grazie ai trend demografici e l’elevata quota dei consumi destinata a prodotti farmaceutici. La particolare attenzione ai programmi di ricerca e sviluppo e la ricca gamma dei prodotti in fase due e tre. Le ultime restrizioni degli organi di approvazione dei prodotti farmaceutici unitamente ai nuovi scenari dell’industria che hanno portato ad una forte competizione nel settore, sta determinando una revisione del business model per quanto concerne la pipeline product. Nello specifico è aumentato in maniera significativa lo sviluppo delle nuove molecole e dei nuovi farmaci. Ad esempio, società come Glaxosmithkline e Novartis hanno un vasto numero di prodotti in fase avanzato. Tale politica aziendale contribuisce ad aumentare la profittabilità aziendale grazie ad una gamma di prodotti sempre migliori e competitivi. Miglioramento dell’efficienza operativa. Negli ultimi anni la spesa in marketing dell’industria farmaceutica è stata una voce importante di costo nei bilanci aziendali, andando a gravare direttamente sugli utili societari. Le evidenze emerse finora, invece, inducono a ritenere che a partire da quest’anno, il settore nel suo complesso sarà coinvolto in un significativo processo di tagli dei costi Tecnologia: performance negativa e prospettive legate alle condizioni congiunturali - Usa Il settore tecnologico americano ha registrato una calo da inizio anno tra i più significativi registrati sul mercato. Le motivazioni alla base di tale andamento possono essere ricondotte ad una serie di fattori: Atteso un calo nel tasso di crescita della domanda per i principali sub settori della tecnologia a seguito dell’azione combinata di una serie di fattori macroeconomici e specifici. Per il comparto software, la maturazione del settore (e la conseguente prospettiva di rallentamento della domanda) è stata sancita dalle numerose ed importanti operazioni di fusione (Oracle/peoplesoft; Symantec/veritas). Nel comparto hardware per buona parte dei produttori (semiconduttori; flash memory, Pc) la preoccupazione maggiore resta gestire la produzione, la dinamica di prezzo e gli investimenti in modo da evitare fenomeni di sovrapproduzione, soprattutto per i prodotti nell’area dell’elettronica di consumo. Timori circa la qualità dei risultati nel primo trimestre ‘05: la stagionalità sfavorevole tipica del primo trimestre di ogni anno, rappresenta un fattore di incertezza rilevante nella fase immediatamente preliminare all’emissione dei risultati trimestrali. A ciò si somma il dubbio che le principali società tecnologiche (semiconduttori e produttori di Pc in particolare) possano fornire le prime evidenze di un significativo rallentamento nella crescita della domanda. Flusso di capex spending destinato al settore quasi completamente realizzato; al momento, la prospettiva è per una riduzione (o al più un mantenimento) della domanda riconducibile a tali investimenti. Il telecom equipment ed il settore hardware (servers in particolare) hanno raccolto flussi ingenti nel ’04 e di conseguenza presentano stime più a rischio per il ’05. Nel medio periodo le prospettive per il settore potrebbero essere migliorate dal persistere di condizioni congiunturali favorevoli e dal mantenimento di una dinamica di graduale indebolimento del dollaro statunitense nei confronti delle principali valute internazionali. Europa Nel corso del primo trimestre dell’anno, il settore tecnologico europeo ha realizzato una performance negativa, underperformando il mercato soprattutto nel primo mese dell’anno, per effetto del prevalere di aspettative negative sugli utili societari. In realtà le trimestrali, pur confermando alcuni elementi di debolezza del settore, hanno fornito un quadro meno deludente del previsto, per cui nella restante parte del trimestre il comparto tecnologico si è mosso in linea con l’indice di mercato. Il contesto di riferimento per le aziende del settore rimane comunque abbastanza difficile, caratterizzato da una decelerazione nei trend di domanda e dal progressivo deterioramento nei prezzi di vendita. Infatti, dopo un periodo di particolare forza della domanda finale in tutti i principali settori (semiconduttori, cellulari, reti per telefonia, software), la crescita dell’industria si sta normalizzando verso trend sostenibili di lungo periodo. Il flusso di spesa registrato nel recente passato è stato dettato principalmente dalla necessità di colmare il gap di sottoinvestimento formatosi nella fase successiva alla bolla tecnologica. Per ammissione delle società stesse (Ericsson e Asml ad esempio) questo effetto una tantum dovrebbe essersi comunque esaurito nello scorso anno (specie per l’industria delle infrastrutture e dei semiconduttori) per cui il 2005 dovrebbe sperimentare un rallentamento nel ciclo della domanda. In aggiunta a tale elemento, l’anno in corso potrebbe inoltre confermare il trend decrescente nei prezzi di vendita, a causa dell’accumulo di scorte (semiconduttori) e della crescente competizione operata soprattutto dai nuovi player asiatici (concorrenti cinesi nel campo semis e telecom equipment, società indiane nel settore software). Per contro, bisogna considerare che le valutazioni del settore incorporano già alcuni fattori di rischio e le recenti ristrutturazioni aziendali hanno complessivamente portato il comparto ad una situazione di bilanci solidi e margini operativi più stabili. Le prospettive del settore rimangono legate all’andamento macroeconomico, soprattutto alla spesa per consumi ed investimenti, per cui le stime attuali si mantengono piuttosto caute. L’outlook per il settore potrebbe invece migliorare nella seconda parte dell’anno, anche grazie ad una stagionalità positiva dell’industria tecnologica. Pertanto sarà importante valutare gli elementi che emergeranno a breve nelle nuove pubblicazioni trimestrali. Mercati Obbligazionari . Andamento disomogeneo tra le diverse aree geografiche Dalla fine di febbraio il mercato obbligazionario ha registrato un andamento disomogeneo tra le diverse aree geografiche con un rialzo dei rendimenti negli Stati Uniti, un movimento laterale in Europa ed un ribasso dei rendimenti in Giappone. Sul mercato americano, i titoli guida sulla scadenza a dieci anni sono aumentati di quasi 20 pb, raggiungendo il 4.55% un livello visto per l’ultima volta a Luglio del 2004. Tale avanzamento, peraltro, ha interrotto un movimento laterale che, sebbene in un contesto volatile, durava da ottobre dell’anno scorso. L’aggiustamento dei tassi intervenuto sulla parte a breve termine della curva dei rendimenti americana è stato ancora più marcato evidenziando un aumento di circa 25 pb. Ne è risultato un ulteriore movimento di appiattimento della curva che ha portato il differenziale tra il titolo guida della scadenza a dieci anni e quello della scadenza a due anni a circa 70 pb. In Europa il rialzo dei rendimenti è stato molto più contenuto e principalmente concentrato nella parte a breve termine della curva dei rendimenti, mentre la parte a lungo termine si è rivelata particolarmente stabile e poco esposta alla pressione al rialzo dei tassi proveniente dagli Stati Uniti. Anche in Europa è prevalso, dunque, un movimento di appiattimento della curva dei rendimenti mentre il differenziale di rendimento tra i titoli americani e gli omologhi europei ha terminato il periodo con un allargamento di circa 30 pb. Il mercato giapponese si è addirittura mosso in controtendenza. Dopo un marginale rialzo dei rendimenti ad inizio mese ha evidenziato un’inversione di tendenza marcata con una riduzione dei rendimenti di circa 2 pb sulle scadenze più lunghe. Negli Stati Uniti l’andamento delineato è stato ancora una volta il risultato delle decisioni assunte dalla banca centrale americana. Nel corso dell’ultimo meeting, tenutosi il 22 marzo, sono stati, infatti, apportati alcuni cambiamenti significativi allo Statement che normalmente accompagna l’azione sui tassi guida della politica monetaria (aumentati di 25 pb come ampiamente atteso dagli analisti). Da una parte si riafferma che l’economia sta crescendo in modo vivace e sostenibile, dall’altra si esprime tuttavia preoccupazione per il possibile insorgere di pressioni inflazionistiche in assenza di adeguati provvedimenti operati da parte della banca centrale. La lettura effettuata dal mercato obbligazionario delle righe dello Statement è stata particolarmente negativa, essendosi di fatto aperta la prospettiva che in qualche momento dell’anno la Federal Reserve possa inasprire il processo di rialzo dei tassi di riferimento. Tale eventualità, tuttavia, non appare ancora completamente valutata dagli operatori. Infatti, dai tassi impliciti sui contratti dell’eurodollaro si rileva che il mercato sta prezzando un Federal Fund Rate vicino al 4% per fine anno, ovvero un rialzo di 25 pb per tutti i meeting che si terranno da qui a fine anno tranne uno. Un aspetto rilevante di questa fase di mercato è che nei principali paesi fuori dagli Stati Uniti il rialzo dei rendimenti è stato marginale, e in alcuni casi (ad esempio il Giappone) è stato addirittura di direzione opposta. Nello specifico, solo l’Australia e il Canada hanno seguito il movimento avvenuto negli Stati Uniti, mentre i titoli del Regno Unito e l’area dell’euro hanno trovato un supporto suffientemente forte da mantenere i rendimenti stabili. In effetti, in Europa continuano ad operare fattori tecnici quali i continui acquisti di titoli a lunga scadenza da parte d’investitori istituzionali, fondi pensione e assicurazioni, che hanno la finalità di assicurarsi rendimenti garantiti a fronte di passività a medio-lunga scadenza. Il quadro macroeconomico, inoltre, si mantiene depresso in particolare per quanto riguarda i dati anticipatori del ciclo economico che sembrano segnalare un rallentamento della crescita nella seconda metà di quest’anno. La Banca Centrale Europea, peraltro, da una parte mette in guardia sull’insorgere di possibili focolai di inflazione, in particolare alimentati dall’elevato prezzo del petrolio, dall’altra ribadisce che il tasso di crescita dei prezzi rimane ragionevolmente sotto controllo. Non sembrano, dunque, esservi ancora le condizioni per una correzione strutturale sul mercato obbligazionario europeo. Nel mese di marzo i titoli inflation linked statunitensi hanno evidenziato una buona performance sostenuti dall’ulteriore allargamento delle break even inflation (differenziale di rendimento tra i titoli a cedola fissa e i titoli inflation linked) e dagli incrementi di inflazione registrati in questi primi mesi dell’anno. In Europa i titoli legati all’inflazione hanno evidenziato delle performance in linea con i titoli a cedola fissa e con le break even inflation pressoché invariate nel periodo. Il mercato dei titoli obbligazionari giapponesi nel mese di marzo è stato caratterizzato dai flussi d’investimento riconducibili alle operazioni di aggiustamento dei bilanci prima della chiusura dell’anno fiscale, il 31 marzo. Anche quest’anno i Jgb (Japanese Government Bond) hanno registrato un ribasso dei rendimenti di circa 15 punti base (la media dei ribassi negli ultimi dieci anni è stata di 14 punti base nel mese di marzo). Il mese di aprile, con l’apertura del nuovo anno fiscale, potrebbe perciò prestarsi a moderati rialzi dei rendimenti dei titoli governativi anche se i dubbi ancora presenti sull’andamento dell’economia giapponese e la riallocazione di fondi conseguente alla riduzione della garanzia statale a soli 10 milioni di Yen sui depositi bancari rendono le prospettive di questo mercato piuttosto incerte. In prospettiva: Continuiamo a ritenere che la parte a breve europea offra un discreto livello di protezione, appare, infatti, improbabile un rialzo dei tassi da parte della Bce per i prossimi mesi. Un deciso indebolimento dell’euro sul dollaro modificherebbe tale scenario, ma fattori strutturali manterranno una pressione al ribasso sulla valuta americana. Nonostante la presenza di numerosi fattori tecnici a supporto delle parti a lunga delle curve Usa ed europea, è consigliabile il mantenimento di una posizione prudente in quanto i rendimenti reali continuano ad essere eccessivamente compressi. I maggiori rischi sono presenti sul mercato Usa e ciò a causa delle maggiori incertezze sul rischio inflazione e sulle prossime mosse della Fed. Permane un fattore d’incertezza legato al rafforzamento delle quotazioni del petrolio. Quest’elemento da una parte incide sulle aspettative d’inflazione, ma d’altro canto costituisce un rischio reale per la sostenibilità della crescita.  
     
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