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Notiziario Marketpress di Venerdì 11 Giugno 2004
 
   
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  STRATEGIA E MERITOCRAZIA: COSÌ IL CNR INVESTE SUL SUO FUTURO. E SU QUELLO DELL’ITALIA  
   
  Roma, 11 giugno 2004 - Strategia, progetti, valutazione e meritocrazia. Sono i principi su cui si basa il nuovo Consiglio nazionale delle ricerche, quello disegnato, sulla base del decreto di riordino dell’ente, il 127/2003, da Adriano De Maio, commissario straordinario del Cnr, che, con i sub commissari Roberto de Mattei, Fabio Pistella e Giorgio Recchia, per un anno ha lavorato intensamente e in stretta sinergia con la comunità scientifica, interna ed esterna al Cnr. Tra gli obiettivi da raggiungere in questo anno anche l’accorpamento all’interno del primo ente di ricerca pubblico italiano dell’Infm, dell’Inoa e dell’Idaic. “Un anno che prima di tutto”, spiega De Maio, “mi ha confermato che la ricerca, e il Cnr in particolare, non è morta. La qualità media che ho trovato non solo è buona, in rapporto alla situazione internazionale, ma presenta anche punte di eccellenza. Quello che invece mancava”, prosegue il commissario, “era una dimensione strategica, una politica della ricerca a favore del Sistema Italia. Troppo forte era la dispersione di idee e risorse”. Primo atto del commissariamento è stato allora cominciare a riorganizzare la rete scientifica del Cnr: lavorando con i 107 istituti dell’ente, chiamati ad autovalutarsi, sono state razionalizzate le numerose linee di attività riconducendole a circa 500 macro-linee. “Tale riorganizzazione pur costituendo un notevole progresso”, commenta Adriano De Maio, “rappresenta soltanto una panoramica delle attività svolte. Il superamento di tale situazione richiede infatti che tali linee siano ricondotte a una nuova dimensione progettuale”. La novità più rilevante del nuovo assetto dell’ente, infatti, è proprio la sua dimensione strategico-progettuale, che ha portato all’individuazione di 11 dipartimenti: Alimentare; Energia e trasporti; Identità culturale; Progettazione molecolare delle funzionalità; Salute; Scienze della materia; Scienze e tecnologie della vita; Scienze e tecnologie per i sistemi di produzione; Tecnologie dell’informazione e della comunicazione; Terra e ambiente e Valorizzazione del patrimonio culturale. Undici macro aree su cui articolare la politica e la strategia del Cnr. “Il dipartimento”, prosegue il commissario, “è il punto nodale della riforma: se sarà fatto funzionare nel modo migliore si otterrà finalmente un sistema di ricerca non autoreferenziale, valutato e fortemente interdisciplinare”. Spetterà ai dipartimenti, ai loro direttori e comitati scientifici, proporre (direttamente e valutando proposte provenienti dagli istituti o anche da altri), coordinare, organizzare e gestire i progetti scientifici, il cui insieme rappresenta il piano di sviluppo complessivo dell’ente. Loro compito sarà anche quello di riorganizzare la rete scientifica, proponendo la modifica, l’accorpamento, la creazione o la chiusura di istituti che dovranno afferire a un dipartimento. Undici punti di riferimento (ai quali si aggiunge l’Istituto di matematica applicata), quindi, e non 107, strettamente correlati tra loro anche grazie all’istituzione del consiglio dei direttori di dipartimento, che dialogano direttamente con i vertici del nuovo Cnr e che si presentano come principali interlocutori rispetto al mondo esterno, sia esso scientifico, politico o industriale. “Ecco perché la scelta del direttore di dipartimento e dello staff scientifico, tecnico e amministrativo diventa critica”, commenta De Maio. “D’altro canto, però, un organismo di ricerca deve essere dominato dalla meritocrazia, direttamente correlata a un severo e articolato sistema di valutazione”. E proprio seguendo questa filosofia, nasce la figura del capo progetto, il ricercatore-manager a cui spetta il compito di impostare e coordinare i progetti scientifici decisi dai dipartimenti. “Un percorso di carriera nuovo”, continua il commissario del Cnr, “un modo di valutare e incentivare i giovani, che non devono essere obbligati a seguire un sentiero di carriera piuttosto burocratico, come è adesso e in cui il principale, per non dire l’unico, riconoscimento di responsabilità è legato a essere direttore di istituto, carica che difficilmente si raggiunge in età giovanile”. A testimonianza poi della dimensione strategico-progettuale del nuovo Cnr, il modello organizzativo proposto prevede l’istituzione di unità di supporto tecnico-scientifico e delle funzioni istituzionali. Cinque gli uffici individuati: Relazioni scientifico-istituzionali internazionali; Grandi infrastrutture per la ricerca; Normazione e certificazione; Osservatorio sugli scenari futuri della ricerca; Trasferimento dei risultati della ricerca. Si tratta di uffici di supporto strategico che afferiscono direttamente al presidente dell’ente. Fin qui le novità del modello organizzativo del futuro Cnr. Ma Adriano De Maio, a chiusura del suo incarico, individua anche i pericoli e gli ostacoli, interni ed esterni, che la nuova dirigenza dell’ente dovrà affrontare. “Ogni cambiamento organizzativo si trova a combattere con forze di opposizione e, ancora più importanti, di inerzia al cambiamento stesso. La politicizzazione poi”, prosegue, “è un pericolo indubbio, perché è la prassi. La ricerca non è di parte: se non si accetta questo principio non si rispettano le regole di base. Qualsiasi posizione”, dice De Maio, “deve rispondere soltanto ai criteri di qualità, scientifici e/o professionali che la posizione stessa esprime”. Avere un piano di investimenti pluriennale e scorrevole, infine, è una necessità per impostare progetti di respiro, fare una politica intelligente per il personale e per le infrastrutture, dialogare con gli organismi internazionali, confrontarsi con il mondo industriale e finanziario. “Questo però”, ci tiene a sottolineare De Maio, “richiede che vi sia una logica bipartisan perché la formazione e la ricerca non sono né di destra né di sinistra, sono del paese e quindi il piano deve essere deciso unitariamente poiché l’alternanza di governo è nella logica delle cose e quindi, al cambio del governo, è impensabile che vi sia un cambiamento del piano di sviluppo della ricerca”. Ma il commissario del Cnr va oltre e sottolinea la scarsa sensibilità all’importanza della ricerca come motore principale dello sviluppo di una comunità. “Siamo profondamente inseriti in un contesto in cui la competitività non solo è sempre più estesa e diventa sempre più articolata e complessa, ma riguarda in misura marcata anche i territori e le comunità a essi collegate”. Non è poi solamente il mondo occidentale (Usa in prima posizione, ma anche Canada) a costituire la principale minaccia da un lato e il punto di riferimento dall’altro: anche l’estremo oriente, dal Giappone alla Cina, passando per l’India, è un concorrente agguerrito proprio sull’innovazione. “Se l’Europa si sente, giustamente, attaccata, noi come dobbiamo sentirci?”, si interroga De Maio. “Corriamo il rischio, di qui alla fine del secolo, di diventare la questione meridionale della nuova Europa unita! Per questo si sente la necessità di un piano di emergenza per la ricerca e l’innovazione”. Da parte sua il Cnr deve lavorare in modo tale da permettere o, meglio, facilitare lo sviluppo di una attività di ricerca internazionalmente competitiva. “Così da poter attrarre”, conclude De Maio, “le risorse più qualificate, a partire da quella più pregiata ovvero i ricercatori, e da rappresentare una fonte importante di creazione di ricchezza per la nostra comunità, nel medio e lungo periodo”.  
     
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