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Notiziario Marketpress di Mercoledì 03 Marzo 2004
 
   
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  OTTO PER MILLE. DUE ITALIANI SU TRE HANNO FIDUCIA NELLA CHIESA CATTOLICA  
   
  Roma 3 Marzo 2004 - Altroché togliere l’8 per mille di finanziamento. Il 68,3% degli italiani, vale a dire due su tre, ha fiducia nella Chiesa Cattolica. Sono le donne a nutrire un maggiore sentimento di fiducia e di devozione nei confronti della Chiesa di Roma con il 70,9%. Gli uomini invece si attestano “solo” sul 65,5%. Lo rileva l’Eurispes in uno studio dedicato alla fiducia dei cittadini nelle istituzioni religiose. La fiducia nella Chiesa cattolica è correlata anche all’età dei soggetti: risulta gradualmente più diffusa all’innalzarsi dell’età, in particolare hanno massima fiducia nelle istituzioni religiose il 20,5% dei 18-24enni, il 28,2% dei 25-44enni, il 39,4% degli intervistati di età compresa fra i 45 e i 64 anni ed il 51,8% di quelli dai 65 anni in su. Il dato può essere spiegato con il fatto che le persone più avanti negli anni sono generalmente più vicine alle fede e alle pratiche della Chiesa rispetto a quelle più giovani. Una tendenza inversa si riscontra per il titolo di studio: ad un titolo più elevato corrisponde una percentuale più bassa di intervistati fiduciosi nella Chiesa e nelle altre istituzioni religiose. L’area geografica di appartenenza degli stessi costituisce una variabile significativa. Nel Sud del Paese e nelle Isole sono numerosi i soggetti che si dicono fiduciosi nelle istituzioni religiose mentre sono numerosi nel Nord-est, e soprattutto nel Nord-ovest. «Queste differenze -spiega il Presidente dell’Eurispes prof. Gian Maria Fara – sia per quanto riguarda il titolo di studio sia per l’area geografica di appartenenza possono essere ricondotte a processi di secolarizzazione che hanno affermato una doppia articolazione della morale, nel senso che, ci si dichiara cattolici anche se poi nella vita quotidiana i comportamenti appaiono distanti dalle prescrizioni della gerarchia della Chiesa e della stessa dottrina cristiana. Torna così di attualità lo stesso messaggio papale che individua l’Italia come terra di nuova evangelizzazione». Non a caso in Italia, negli ultimi venti anni, si registra una contrazione nel numero dei sacerdoti (diocesani-religiosi). Complessivamente si è, infatti, passati da 63.755 unità del 1978 a 54.920 del 2000 (ultimi dati disponibili) con una variazione negativa del 13,8%. Il calo numerico è ascrivibile soprattutto ai sacerdoti diocesani che da 40.966 (nel 1978) sono passati a 36.117 (2000) con uno scarto di -4.849 unità nel 2000 rispetto al 1978. Molto spesso questi saldi negativi vengono, erroneamente, presi a dimostrazione dell’ipotesi del sempre più progressivo calo delle vocazioni. Erroneamente poiché si deve tener conto di altri fattori, quali le ordinazioni, i decessi, le defezioni, e contemporaneamente correlare questi con il numero dei seminaristi (membri dei seminari maggiori). Disaggregando il dato, è possibile osservare come le ordinazioni dei sacerdoti diocesani dal 1975 al 2000 non siano riuscite a coprire la perdita di sacerdoti causata da decessi e defezioni. Questa situazione, quasi trentennale, non presenta però un andamento lineare. Due sono stati, infatti, i momenti di grande crisi. Il primo si segnala negli anni Settanta dove un valore negativo, particolarmente significativo, si registra nel 1975. In quella data, rifacendoci al dato numerico, si è registrata una perdita di 421 sacerdoti sul totale del clero diocesano italiano. Il secondo si ha agli inizi degli anni Ottanta, ed esattamente nel 1983, con un calo di 396 unità. Tra le due date menzionate e dopo il 1983, il saldo è andato stabilizzandosi non superando -300 fino al 2000, anno a cui risale la nostra ultima rilevazione e in cui si evidenzia che le 527 ordinazioni non sono sufficienti a rimpiazzare i 755 decessi e le 42 defezioni. Per ciò che riguarda la distribuzione per classi d’età dei religiosi italiani, si osserva che nel 2000 il 56% era ultrasessantenne. In questa classe si evidenzia che il 13% ha più di 80 anni, il 22% un’età compresa tra i 70 e i 79 e il 21% si colloca tra i 60 e i 69 anni. Solo il 17% è al di sotto dei 50 anni. Possiamo quindi ipotizzare che questa situazione si protrarrà nel tempo portando ad un aumento della fascia anziana. Nella Chiesa, così come nella società, si registra un aumento della vita media. Dalla lettura dei dati, focalizzando, inoltre, l’attenzione sulla sola realtà diocesana, è possibile rilevare, nella proiezione al 2006, un incremento del 5,1% rispetto al 1994 degli ultra settantacinquenni. Da questo si ricava, come l’età possa giocare un ruolo importante in ordine al ricambio generazionale all’interno della Chiesa. Considerando il totale dei cattolici sul numero complessivo della popolazione emerge che in media, il 97,2% degli italiani, è cattolico. Focalizzando l’attenzione sulle macro aree geografiche, si nota subito che è proprio il Sud ad avere la maggiore concentrazione di cattolici (98%). Scorporando ulteriormente il dato per ripartizioni territoriali, è possibile osservare innanzitutto che in Lombardia risiede il 15% dei cattolici italiani. Non solo. Nel Triveneto (Veneto, Trentino, Friuli) il 10%; in Campania il 10,4% e nel Lazio il 9,6%. Perché sia garantito il ricambio dei sacerdoti è stato calcolato – tenuto conto di una serie di parametri quali il tempo necessario per lo studio in seminario, l’età in cui si entra in seminario, l’età media dei sacerdoti e l’anno di “pensionamento” di questi (stabilito a 75 anni) – che il valore al di sopra del quale il rapporto tra sacerdoti e seminaristi garantisce un ricambio, è 12,5. E’ quindi già chiaramente visibile che l’Italia non è, in generale, un paese in cui sia assicurato il ricambio. Disaggregando il dato, possiamo notare che al Nord, dove si è registrato un numero di sacerdoti diocesani superiore rispetto al Centro e al Sud, il rapporto sacerdoti-seminaristi è pari a 14,3. Ciò significa quindi che, in questa ripartizione dell’Italia, è garantito il ricambio. Spicca, tra le regioni settentrionali, il Piemonte con un valore pari a 17,8. Nel Lazio troviamo un valore (9) leggermente al di sotto di quello preso in considerazione (12,5) che però non deve essere letto in modo negativo. Spostandoci al Sud vediamo come sia piuttosto diffusa tra le regioni, in cui i valori oscillano tra 11,2 e 5,7, una generale insufficienza al ricambio. Molto probabilmente una delle cause potrebbe essere ricercata nella mobilità degli studenti seminaristi verso Roma o comunque verso il Nord. Qui il futuro del clero sembra essere assicurato da una certa tendenza, da parte dei sacerdoti, a rimanere nella propria diocesi o parrocchia o regione. E così, il destino che si prospetta per le parrocchie del resto d’Italia è quello di vedere “impiegati” sacerdoti stranieri. La stessa osservazione sembra indicata anche per descrivere la realtà delle religiose. Per esse, infatti, si registra una variazione negativa nel tempo e, laddove si considerino le novizie-postulanti italiane, si evidenzia una difficoltà di ricambio. Ciò che si prospetta per la Chiesa italiana è, dunque, un futuro legato soprattutto alle forze esterne al Paese.  
     
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