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Notiziario Marketpress di Lunedì 30 Agosto 2004
 
   
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  APPELLO DEL PRESIDENTE ANIMA SAVINO RIZZIO ALLE IMPRESE, AL GOVERNO ED ALLE BANCHE COMPETITIVITA’: LA MECCANICA VARIA PUNTA SU DISTRETTI E RETI DI IMPRESA  
   
  Milano, 30 agosto 2004 - Nonostante la forte vocazione all’export, che fa dell’Italia il 4° esportatore di meccanica varia a livello mondiale, con una quota di commercio internazionale (8,4%) doppia rispetto alla media delle imprese manifatturiere italiane, le piccole dimensioni frenano la competitività delle imprese meccaniche italiane sui mercati internazionali. E’ quanto emerge dal rapporto Anima-prometeia presentato il 19 luglio nel corso dell’Assemblea dei Soci della Federazione delle Associazioni Nazionali della Meccanica varia ed Affine, tenutasi a Milano alla presenza del presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo, in occasione dei 90 anni dalla fondazione di Anima. Nel corso del 2003 il fatturato delle aziende meccaniche ha raggiunto i 34.030 milioni di euro (erano 33.053 milioni di euro nel 2002), con un incremento del 3% in valore pari al 2,5% in termini reali. Un andamento dunque positivo, considerate le incertezze che contraddistinguono il quadro internazionale, seppur privo di slancio. Le esportazioni sono passate da 16.447 a 16.972 milioni di euro, segnando una crescita in valore pari al 3,2% (inferiore tuttavia a quella registrata nel 2002, +5,2%). La sovravalutazione dell’euro nei confronti del dollaro ha penalizzato l’attività sui mercati extra-europei. La quota export si è attestata sul 50%. Superiore alle attese è risultato il contributo fornito dal mercato nazionale (+2,7% in valore). La competizione sui mercati esteri sta diventando sempre più selettiva, anche a causa dell’adozione della moneta unica e dall’aggressione sui mercati di nuovi concorrenti caratterizzati da un costo del lavoro molto inferiore a quello delle imprese nazionali. Se le imprese italiane stanno registrando complessivamente una buona capacità di tenuta, in base all’analisi di Anima-prometeia a livello disaggregato il settore presenta non pochi comparti vulnerabili ai cambiamenti in atto nell’arena internazionale. Il rapporto individua infatti aree strategiche d’affari caratterizzate da un’accentuata fragilità alle pressioni dei concorrenti emergenti, riconducibili in prevalenza a produzioni particolarmente standardizzate, in cui il fattore prezzo tende a guidare le decisioni di acquisto dei clienti. Emerge inoltre una debole capacità di penetrazione nelle aree di mercato più dinamiche (Asia e Europa centro-orientale). Il presidio di questi mercati esige la creazione di reti di distribuzione e richiede pertanto l’impiego di risorse spesso non alla portata delle piccole imprese. A sancire un ulteriore svantaggio competitivo su concorrenti come la Germania, che con una quota di commercio internazionale pari 16,6% è al primo posto tra i paesi esportatori di meccanica varia, concorre poi la mancanza di un’adeguata copertura finanziaria a sostegno dell’internazionalizzazione e di opportuni strumenti di copertura dei rischi. “In questo tipo di scenario” – sottolinea Savino Rizzio, presidente Anima – “le sole strategie vincenti per le imprese italiane sono lo sviluppo di tecnologia e cultura di impresa nei mercati e nelle produzioni dove sono vincenti la qualità e la complessità del prodotto, e l’organizzazione e il servizio laddove il prezzo tende ad essere dominante rispetto alla qualità. Ma le Pmi da sole non possono sostenere i costi imposti da un mercato in così grande evoluzione. E’ quindi necessario che, nell’attesa di riuscire a crescere di dimensioni, esse facciano squadra, adottando il modello dei distretti e dell’impresa a rete. “Inoltre” – prosegue Rizzio – “sollecitiamo una maggiore cooperazione tra banche e imprese per lo sviluppo anche dimensionale di queste ultime. Una cooperazione che si deve allargare anche e soprattutto alle operazioni all’estero, perché i paesi a più alto tasso di sviluppo, Cina, Europa Orientale e Nord Africa, sono anche quelli che presentano più rischi per le piccole e medie aziende. Al Governo chiediamo invece di individuare settori prioritari cui allocare i fondi per la ricerca, e di attuare misure di controllo efficienti ed efficaci sulle importazioni, imponendo agenti di pubblica sicurezza presso il destinatario all’apertura dei containers”. Un’analisi dell’interscambio commerciale del settore nel 2003, sulla base dei dati pubblicati dall’Istat, evidenzia che l’import dai paesi della Ue rappresenta sempre la quota più rilevante (73,2% del totale). Essa ha tuttavia subito un ridimensionamento nei confronti di quella di provenienza asiatica, che ha raggiunto quasi il 20% (era il 15,3% nel 2002). Per quanto riguarda l’export è da segnalare una tenuta delle esportazioni verso i mercati della Ue (+2,3%), alla quale è destinato il 67,4% delle nostre produzioni, una crescita delle vendite verso i paesi africani dell’ordine del 10,5% e una forte contrazione di quelle nelle Americhe del nord (-10,3%) e del centro sud (-6,3%). L’occupazione, stimata pari a 184.130 addetti, ha subito nel corso del 2003 una leggera contrazione (-0,8%), mentre più marcata è stata la battuta d’arresto degli investimenti (-6,5%). Le previsioni per il 2004, sulla base anche dei risultati dei primi mesi dell’anno, si contraddistinguono per una sostanziale prudenza e indicano una crescita della produzione media del comparto dell’ordine dell’1,6% (+0,4% in volume). I risultati sui mercati esteri dovrebbero segnare un +1,9% rispetto ad un +1,3% dell’Italia. E’ infine atteso un arresto della contrazione delle forze occupate.  
     
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