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Notiziario Marketpress di Giovedì 02 Settembre 2004
 
   
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  GLI SCIENZIATI DEI PAESI TERZI SI ESPRIMONO SUL FUTURO DELLA POLITICA SCIENTIFICA EUROPEA  
   
  Bruxelles, 2 settembre 2004 - L'ue dovrebbe individuare gli ostacoli alla collaborazione globale ed eliminarli: è questo l'avvertimento lanciato dagli scienziati non europei che hanno partecipato all'Esof 2004. Sollecitati ad esprimersi su come dovrebbe presentarsi la futura politica scientifica europea, gli scienziati - provenienti da Giappone, Repubblica sudafricana e Stati Uniti - si sono detti preoccupati che l'Agenzia europea per le Scienze possa essere eurocentrica, col rischio, in tal caso, di tendere più difficile la collaborazione internazionale. Kiyoshi Kurokawa, del Consiglio giapponese per le scienze, ha spiegato che in un mondo sempre più globalizzato, in cui si assiste a straordinari progressi scientifici e tecnologici, bisogna risolvere tre problemi di portata mondiale: la crescita demografica, lo stress ambientale che ne consegue, la dicotomia nord-sud. 'Ecco le situazioni di base che condizionano la politica mondiale', ha aggiunto Kurokawa, spiegando che tali problemi portano inevitabilmente alla necessità di una maggiore cooperazione scientifica globale, di politiche scientifiche interdipendenti e quindi di un diverso ruolo delle accademie scientifiche. 'Qualunque sia la struttura organizzativa di cui l'Ue vorrà dotarsi, bisogna essere sicuri che tutte le voci della scienza possano farsi sentire', ha aggiunto Kurokawa. Il successivo oratore, Judy Franz dell'American Physical Society, ha spiegato che gli Stati Uniti si augurano che i tentativi dell'Ue di dotarsi di istituzioni scientifiche a livello europeo incoraggino anche la cooperazione internazionale al di là dei confini comunitari. 'Ogni regione del mondo considera la scienza importante per l'innovazione, e l'innovazione importante per la stabilità economica. È quindi estremamente importante trovare un equilibrio tra cooperazione scientifica e competitività', ha sottolineato la Franz. 'L'europa eccelle nella ricerca scientifica, ma deve lavorare in cooperazione con gli altri, e noi americani ci auguriamo che l'Ue non sviluppi le nuove strutture in modo tale da rendere la collaborazione più difficile'. Nel presentare il punto di vista dei paesi in via di sviluppo, il sudafricano Khotso Mokhele ha spiegato che in questi paesi la realtà è l'indifferenza politica o, nel migliore dei casi, una posizione ambigua, verso la scienza. 'Contiamo molto sull'Ue per cambiare questa situazione', ha detto Mokhele. Ha però fatto notare che mentre l'Ue considera Giappone e Stati Uniti al suo stesso livello, e ha recentemente cominciato a vedere la Cina nello stesso modo, ci vorrà molto tempo prima che cominci ad avere lo stesso atteggiamento verso i paesi in via di sviluppo. Ha quindi chiesto ai governi dei paesi in via di sviluppo di modificare radicalmente il loro atteggiamento d'indifferenza politica verso la scienza, se veramente vogliono mettere fine a una emarginazione auto imposta. Il Sesto programma quadro (6Pq) e i futuri programmi quadro potrebbero essere gli strumenti adatti ad avviare gl'investimenti endogeni dei paesi in via di sviluppo nei settori scientifico e tecnologico, ha aggiunto. In risposta all'intervento di Mokhele, un rappresentante dell'Ue ha ricordato che nel bilancio del 6Pq ai paesi in via di sviluppo erano stati riservati 32 milioni di euro, ma che solo 17 sono stati fino ad oggi impegnati, soprattutto perché i progetti presentati spesso non raggiungono gli standard minimi richiesti. 'Ci siano resi conto che in questi paesi il problema principale è quello delle infrastrutture, e ne terremo conto nel 7Pq', ha promesso. Si è poi detto contrariato perché gli scienziati europei spesso non sono al corrente di questi fondi e della possibilità di far partecipare ai consorzi anche i paesi in via di sviluppo. Ha quindi sollecitato gli scienziati europei a fare sempre più ricorso agli scienziati dei Pvs. Nel presentare la prospettiva europea, Ian Corbett dell'Eso (European Southern Observatory), ha detto la politica europea è in massima parte eurocentrica e non tiene conto di quel che succede al di fuori dell'Europa. 'È il paradigma dell'Europa prima di tutto', ha affermato. 'L'europa si concentra attualmente sulla collaborazione piuttosto che sulla concorrenza, una scelta migliore per l'economia. Spero che il Consiglio europeo per la Ricerca si occupi della concorrenza finanziando gruppi individuali di ricerca. La concorrenza innalza la qualità', ha sottolineato. Corbett ha poi aggiunto: 'I grandi progetti sono sempre più intercontinentali. La politica dell'Ue ne deve tenere conto e fare in modo che le posizioni degli scienziati e delle agenzie europee influenzino i progetti e che le decisioni non siano prese esternamente alla sfera d'influenza dell'Ue'. 'Le politiche dell'Ue passano sotto silenzio la partecipazione europea nei progetti internazionali, e questa situazione deve cambiare', ha ribadito Corbett.  
     
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