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Notiziario Marketpress di Lunedì 06 Settembre 2004
 
   
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  INDAGINE UNIONCAMERE-ISTITUTO TAGLIACARNE SUL VALORE AGGIUNTO E SUGLI INVESTIMENTI NELLE REGIONI NEGLI ANNI 1999-2003 ASPETTANDO LA RIPRESA: REGIONI “FORMICHE” O “CICALE”?  
   
  Roma, 6 settembre 2004 – La fase di ristagno economico iniziata nel 2001 sembra sul punto di esaurirsi e il tessuto produttivo italiano sta muovendosi per cogliere le opportunità della ripresa. Dopo un triennio di sostanziale stagnazione, l’economia è di nuovo a i blocchi di partenza, ma in che ordine si trovano i sistemi economici locali? Come hanno impiegato questi ultimi anni di “traversata del deserto” i sistemi produttivi delle venti regioni italiane? Chi si è rafforzato e chi ha perso terreno? E in quali settori? Per rispondere a queste domande l’Unioncamere e l’Istituto Guglielmo Tagliacarne hanno aggiornato la consueta indagine sul valore aggiunto delle regioni, estendo le osservazioni al periodo 1999-2003 ed includendo per la prima volta nell’analisi l’andamento degli investimenti. “La ricchezza generata dalle imprese – ha commentato il Presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli - deve essere indirizzata ad accrescere la capacità del sistema-Paese di produrre di più. La ripresa dello sviluppo passa necessariamente nella crescita del tasso di accumulazione dei sistemi produttivi locali e nella continua ricerca di una convergenza tra i livelli di reddito delle varie aree del Paese. L’andamento del valore aggiunto e degli investimenti negli ultimi anni – ha aggiunto il presidente Sangalli - conferma che c’è ancora bisogno di una forte attenzione della politica economica verso lo sviluppo del Sud, a partire dagli interventi che si vanno delineando nella legge finanziaria”. L’analisi del contributo dato dal sistema produttivo privato alla crescita della ricchezza nazionale nel periodo 1999-2003 mostra che la crescita media annua del valore aggiunto si è attestato all’1,3%, pari ad una crescita cumulata nel quinquennio del 6,3%. Alla creazione di questa ricchezza, tuttavia, hanno contribuito in maniera molto diversa i vari settori dell’economia. A generare la spinta più consistente è stato prevalentemente il settore delle costruzioni, il cui valore aggiunto è cresciuto in termini aggregati del 12,1% tra il 1999 e il 2003 (il 2,4% in media annua). Significativamente positivo è stato anche l’apporto dei servizi che, nei cinque anni considerati, hanno prodotto l’8,8% di valore aggiunto in più (1,8% il valore medio ripartito per ciascun anno). Di segno negativo, invece, è stato il contributo dell’industria complessivamente considerata. Tra il 1999 e il 2003, il settore manifatturiero ha infatti ridotto del 14,4% il proprio apporto alla ricchezza del paese, ad un ritmo medio del 2,9% all’anno. Osservando i risultati dei sistemi economici regionali, l’indagine rivela come in cinque anni ad avvantaggiarsi in termini di ricchezza prodotta siano state regioni piccole (Molise, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia occupano i primi tre posti nella graduatoria), seguite dalla gran parte delle regioni del Centro e del Mezzogiorno (a partire da Lazio e Sicilia per finire a Marche, Sardegna e Calabria, tutte oltre il valore medio nazionale dell’1,2% all’anno). Hanno invece corso meno le regioni a più alta concentrazione industriale come il Piemonte, il Veneto e la Lombardia, cui vanno aggiunte Basilicata (fanalino di coda nella creazione di valore aggiunto, praticamente invariato in cinque anni) e Puglia. Incrociando i dati territoriale con quelli settoriali si possono ulteriormente qualificare le performance di ogni singola regione. Il cattivo risultato della Basilicata, ad esempio, è legato a deludenti risultati su tutti i fronti: ultima nella classifica negativa dell’industria (-17,3% in cinque anni il valore aggiunto prodotto), penultima in quella (pur positiva a livello nazionale) delle costruzioni (-22,8% nel quinquennio) e in quella dei servizi (solo un +6,1%). Nel caso del Molise, invece, il primato della regione quanto a velocità di crescita del valore aggiunto (complessivamente +9,7% in cinque anni) è legato fortemente allo sviluppo dei servizi (+14,4%) e alla tenuta del settore delle costruzioni (+7,2%) che, insieme, hanno controbilanciato il cattivo risultato dell’industria (con il suo -16,4%, la regione occupa infatti il penultimo posto nella specifica graduatoria, subito prima della Basilicata). Un ulteriore aspetto messo in evidenza dall’indagine Unioncamere-tagliacarne riguarda il processo di riduzione della distanza tra la ricchezza degli italiani. Fatto uguale a 100 il valore aggiunto prodotto in media da ogni italiano, alla fine del periodo considerato, il valore aggiunto per abitante nella regione più ricca d’Italia (il Trentino Alto Adige) risulta ancora più del doppio di quello della regione più povera (la Calabria): 132,1 contro 62,5 punti. Nel confronto con il 2002, la riduzione del divario tra i due estremi si limita 0,9 punti risultanti dalla contrazione del dato del Trentino Alto Adige (nel 2002 era attestato a 132,2 punti) e della crescita di 0,7 punti nel dato della Calabria (che partiva da 61,8 punti). Alla crescita della ricchezza nazionale prodotta dal settore privato ha fatto riscontro, nello stesso periodo, una crescita media annua degli investimenti fissi lordi[1] pari all’1,6% che, tradotta in termini cumulati, segnala una crescita complessiva della capacità delle imprese di creare ulteriore ricchezza del 7,9% in cinque anni. Anche in questo caso il contributo è stato marcatamente differenziato per settore di destinazione dei beni di investimento. La riduzione del valore aggiunto prodotto dall’industria si è infatti riflessa in una minore capacità complessiva di investimento del settore che, anche includendo il più dinamico comparto delle costruzioni, in cinque anni si è limitata ad una crescita cumulata del 4,7%. All’opposto, una dinamica decisamente più positiva si riscontra osservando il settore dei servizi (inclusa la Pubblica amministrazione), i cui investimenti sono cresciuti del 9,8% tra il 1999 e il 2003. La mappa regionale degli investimenti Nel tradurre la ricchezza generata negli ultimi cinque anni in ulteriore capacità di produrne, il primato spetta al Friuli Venezia Giulia: tra il 1999 e il 2003, infatti, la regione ha visto crescere i propri investimenti fissi del 24,6% ovvero del 4,9% in media ogni anno. Al di sopra della soglia del 4% all’anno si collocano anche la Valle d’Aosta e la Sicilia, entrambe con il 4,2% di investimenti fissi in più. Hanno invece visto ridursi o rimanere stazionaria la quota di investimenti fissi un quartetto di regioni composto da Trentino Alto Adige e Sardegna (sostanzialmente stazionarie intorno allo zero), Piemonte (-0,5% in media ogni anno) e Basilicata (-1%). A spiegare la leadership friulana sono in particolare gli investimenti realizzati dal settore dei servizi (+36,7% nei cinque anni), Mentre la Sicilia (unica regione insieme alla Toscana ad avere colto questa combinazione virtuosa), deve il suo secondo posto nella classifica generale ai risultati positivi realizzati in entrambe i macro-settori: +20,4% nei servizi e +11,4% nell’industria. “Formiche” e “cicale” Il raffronto tra investimenti fissi lordi e ricchezza prodotta (il valore aggiunto) fornisce i tassi di accumulazione realizzati dai sistemi economici regionali, ovvero la chiave di lettura per cogliere il percorso compiuto dalle regioni, in questi ultimi cinque anni, in risposta all’evoluzione della congiuntura e nella ricerca di un assetto produttivo più robusto. La palma della migliore attitudine ad accumulare risorse va al Trentino Alto Adige che ha tradotto mediamente ogni anno il 28,6% della ricchezza prodotta in investimenti. A poco più di due lunghezze di distanza, con un tasso di accumulazione medio annuo del 26,4%, segue il Molise, mentre sul terzo gradino del podio si colloca la Valle d’Aosta (25,7%). All’estremo opposto, tra il 1999 e il 2003 hanno fatto più fatica mettere “grano in cascina” la Liguria (ultima con il 16,6% del valore aggiunto reinvestito), il Lazio (18,4%) e la Toscana (19,1%).
Tasso Di Accumulazione (*) Valore Aggiunto Per Abitante (Italia=100)
Regioni media 1999-2003 Regioni Anno 2003
Trentino-alto Adige 28,6 Trentino Alto Adige 132,1
Molise 26,4 Lombardia 128,9
Valle d'Aosta 25,7 Emilia Romagna 123,8
Sardegna 24,7 Valle d'Aosta 121,4
Calabria 24,2 Lazio 116,4
Basilicata 23,8 Piemonte 114,6
Abruzzo 22,7 Friuli Venezia Giulia 113,2
Veneto 22,7 Veneto 112,6
Marche 22,4 Toscana 110,8
Friuli Venezia Giulia 22,4 Liguria 109,8
Sicilia 22,1 Marche 98,8
Piemonte 21,6 Umbria 97,5
Emilia Romagna 21,5 Abruzzo 83,0
Puglia 21,3 Molise 79,4
Campania 20,7 Sardegna 76,0
Umbria 20,6 Basilicata 70,2
Lombardia 19,5 Sicilia 66,5
Toscana 19,1 Puglia 65,8
Lazio 18,4 Campania 65,6
Liguria 16,6 Calabria 62,5
Nord-ovest 19,8 Nord Ovest 126,5
Nord-est 22,8 Nord Est 114,7
Centro 19,3 Centro 106,7
Centro-nord 20,5 Centro-nord 118,0
Mezzogiorno 22,2 Mezzogiorno 67,8
Italia 20,9 Italia 100,0
(*) (Investimenti fissi lordi/valore aggiunto ai prezzi base)*100
Fonte: Elaborazioni Unioncamere-ist. Guglielmo Tagliacarne
 
     
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