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Notiziario Marketpress di
Martedì 28 Settembre 2004
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LO SGUARDO DI HUBBLE NELL'UNIVERSO PRIMORDIALE CREA PIÙ PROBLEMI DI QUANTI NE RISOLVE |
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Bruxelles, 28 settembre 2004 - Il telescopio spaziale Hubble ha fornito agli astronomi la più profonda e dettagliata visione dei confini dell'universo mai ottenuta fino ad oggi, permettendo loro di gettare uno sguardo ad alcune delle più antiche galassie fucine di stelle. L'hudf (Hubble's Ultra Deep Field) può rimontare del 95% indietro nel tempo verso il Big Bang, raccogliendo la debole luce di galassie che brillavano quando l'universo aveva appena qualche centinaio di milioni di anni e che ha impiegato i successivi 13 miliardi di anni per raggiungere la Terra. Un team guidato da Andrew Bunker, dell'università di Exeter (Regno Unito), ha condotto un'analisi dei dati messi a disposizione dalla Nasa. I risultati verranno pubblicati dalla 'Monthly notices of the Royal Astronomical Society'. A partire dai dati dell'Hudf, Bunker e i suoi colleghi hanno individuato 50 probabili galassie. Un membro del team, Elizabeth Stanway dell'università di Cambridge, ha spiegato: 'Le nubi di gas frapposte hanno assorbito la luce visibile delle galassie molto prima che raggiungesse la Terra, ma è ancora possibile rilevare i raggi infrarossi, e proprio questi raggi ci hanno portato a concludere che le galassie si trovino a una così grande distanza'. Per controllare i dati dell'Hudf, gli astronomi hanno usato due dei più grandi telescopi ottici terrestri, il Keck da dieci metri delle Hawaii e il Gemini da otto metri del Cile. 'Usare il Keck, il più grande telescopio ottico, è stato molto importante perché ci ha fatto capire che la popolazione di oggetti scoperti dal telescopio spaziale Hubble si trova realmente a distanze incredibili', ha detto Bunker. Ma più che fornire risposte ai misteri ancora insoluti, questa visione senza precedenti dell'universo primordiale ha creato nuovi problemi. Nella sua analisi, il team britannico ha trovato un numero di stelle sensibilmente inferiore a quello che ci si sarebbe aspettato in questa fase di sviluppo dell'universo. La cosa fa nascere vari dubbi sull'attuale ricostruzione delle prime fasi di sviluppo dell'universo. Gli scienziati ritengono che quando il collasso gravitazionale delle nubi inerti di atomi di idrogeno ed elio dette origine alle primissime stelle, la radiazione ultravioletta prodotta aiutò a 'bruciare' i restanti gas neutri e a dare così vita al plasma intergalattico che vediamo oggigiorno. Come Bunker ha però detto alla Bbc, i dati dell'Hubble suggeriscono che il tasso di formazione delle stelle in queste galassie primordiali fosse insufficiente a originare i livelli di radiazione necessari per produrre il plasma: 'Non c'è attività sufficiente a spiegare la reionizzazione dell'universo. Forse nelle fasi ancora più antiche della storia dell'universo c'era più attività in termini di formazione di stelle; è una possibilità'. 'Un'altra stimolante possibilità è che nell'universo primordiale le leggi fisiche fossero completamente differenti; la nostra conoscenza del comportamento cui obbediscono le stelle in formazione è piuttosto approssimata', ha sostenuto Bunker. Non tutti gli scienziati del settore sono concordano però con la sua valutazione, e la sola maniera per risolvere il problema sembra essere una missione di servizio della Nasa per ammodernare il telescopio Hubble. Poiché una tale missione è ben lungi dall'essere sicura, gli scienziati dovranno forse attendere che nel prossimo decennio venga messo in orbita il successore dello Hubble, il telescopio James Webb. Infolink: http://hubblesite.Org/
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