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Notiziario Marketpress di
Lunedì 04 Ottobre 2004
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BANCA FIDEURAM: MARKET AUTOLOOK |
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Milano, 4 ottobre 2004 - Stati Uniti La crescita dei consumi, che aveva subito un notevole rallentamento nel corso del secondo trimestre, è tornata ad accelerare nel mese di luglio (+0.8% m/m, in termini reali, dopo la contrazione del -0.5% di giugno), ma i segnali relativi al mese di agosto sono stati molto più dimessi, come evidenziato dall’andamento delle vendite di auto e dalle vendite al dettaglio (escluse le auto). La nostra previsione per la crescita dei consumi in Q3 è comunque di poco inferiore al 4% annualizzato (dopo l’1.6% di Q2), mentre un rallentamento è poi atteso per l’ultimo trimestre dell’anno. La crescita dei consumi dovrebbe poi portarsi leggermente sotto trend nel 2005. Grazie alla notevole accelerazione dei consumi e ai ritmi elevati degli investimenti in macchinari e attrezzature appare probabile che la crescita in Q3 risulti superiore a quella del trimestre precedente (la nostra attuale stima è del 3.6% contro il 2.8% di Q2). A moderare la crescita del terzo trimestre dovrebbero contribuire, d’altro lato, sia l’andamento delle scorte (in decisa accumulazione nel corso di Q2) che quello del canale estero (dato che la forte contrazione delle esportazioni nel mese di giugno, è stata recuperata solo in parte nel mese successivo). Un sensibile rallentamento è inoltre atteso per gli investimenti residenziali. Il nostro scenario prevede che i ritmi di crescita tornino ad accelerare sopra il potenziale nel trimestre finale dell’anno, per poi rallentare nuovamente all’inizio del 2005. Dopo l’andamento molto deludente che ha caratterizzato i mesi di giugno e luglio, la dinamica dell’occupazione è stata sostanzialmente in linea con le attese nel mese di agosto (con un incremento degli addetti di 144 mila unità e una significativa revisione ai dati dei due mesi precedenti). Il nostro scenario di crescita è compatibile con un andamento dell’occupazione nei prossimi mesi in linea con quello registrato in agosto (ma, nel breve periodo, i fattori climatici potrebbero distorcere significativamente la dinamica occupazionale). E’ importante sottolineare che, pur in presenza di un andamento non particolarmente brillante dell’occupazione, la dinamica del reddito da lavoro è stata negli ultimi mesi abbastanza vivace e questa considerazione suggerisce che i rischi al ribasso sulla crescita dei consumi appaiono contenuti, pur in un fase ciclica in cui è venuto meno il sostegno della politica monetaria e di quella fiscale. L’esito della riunione del Fomc del 21 settembre è stato esattamente in linea con le attese, con il rialzo dei Fed Funds a 1.75%, la riaffermazione del fatto che i rischi per crescita e inflazione rimangono “bilanciati” e che, nonostante l’aumento dei tassi, la politica monetaria si mantiene “accomodante”. La Fed ha quindi confermato, come era ampiamente atteso, che il ritmo dei rialzi dei tassi sarà probabilmente “misurato”. A tale riguardo si può notare che nel corso delle ultime settimane ha trovato crescente credito la visione secondo cui la Fed, dopo un altro rialzo dei tassi in novembre, potrebbe concedersi una “pausa” nel ciclo di rialzi dei tassi. Il nostro scenario di crescita di breve termine per gli Usa non appare compatibile con un simile comportamento da parte della banca centrale Usa: il recupero dei ritmi di crescita nella parte finale dell’anno dovrebbe indurre la Fed a rialzare i tassi nelle due rimanenti riunioni prima della fine dell’anno e una crescita in linea con il potenziale nel 2005 dovrebbe essere associata non con una “pausa” nel ciclo dei rialzi, ma solo con una sua moderazione. Area Euro e Regno Unito - La crescita del Pil nell’area euro ha rallentato al 2.0% t/t annualizzato dopo la “sorpresa” positiva (2.6%) nel primo trimestre. La decelerazione è conseguenza del rallentamento della domanda interna, in linea con le nostre attese: i consumi privati hanno dimezzato il ritmo di crescita di Q1, mentre gli investimenti fissi sono risultati praticamente invariati (oltre ad essere stati anche rivisti significativamente al ribasso in Q1). Il maggiore contributo alla crescita è giunto dal canale estero (1.5% t/t 4 annualizzato), che si è rivelato ancora una volta fondamentale, in presenza del prevedibile rallentamento della domanda interna. Nel complesso, il dato conferma come l’area euro fatichi a sostenere i ritmi di -1 crescita di Q1 (che nelle nostre previsioni dovrebbe rimanere il trimestre più forte di tutto il 2004), in un contesto caratterizzato da un mercato del lavoro ancora stagnante, che impedisce la trasmissione alla domanda interna dello stimolo, pur sensibilmente robusto, proveniente dalla domanda esterna. Abbiamo dunque mantenuto invariata la nostra previsione di crescita al 2.0% t/t annualizzato nella seconda metà del 2004 e solo di una lieve accelerazione della crescita media annua nel 2005 al 2.0% dall’1.9% previsto per quest’anno. I dati relativi all’evoluzione congiunturale nel terzo trimestre appaiono piuttosto contrastati. Il rallentamento della crescita esterna si è immediatamente riflesso in una discesa dei più attendibili indicatori congiunturali dell’area euro (ovvero del Pmi), mentre la fiducia delle imprese ha mostrato segnali di deterioramento, anche se i primi dati relativi al mese di settembre mostrano un inatteso recupero per quanto riguarda la Bnb e una tenuta confortante dell’indice complessivo dell’Ifo, che è sceso solo lievemente, grazie soprattutto ad un miglioramento del sentiment nel settore manifatturiero (mentre continua invece a restare sconfortante la valutazione sia del settore retail che delle costruzioni). La domanda esterna dovrebbe continuare a sostenere la crescita dell’area euro nella seconda metà del 2004, ma il contributo dovrebbe essere inferiore rispetto alla prima metà dell’anno. Per quanto riguarda invece le condizioni del mercato del lavoro, continuano a mancare chiare evidenze di miglioramento, a dispetto di un anno di robusta ripresa della domanda estera. Le imprese si mantengono estremamente caute anche nel settore manifatturiero, il maggiore beneficiario dello stimolo esterno. In ogni caso l’ingresso robusto della Germania nel terzo trimestre dovrebbe garantire che la crescita complessiva dell’area euro mantenga anche in Q3 il passo di Q2: la nostra attuale previsione è al 2.0% t/t annualizzato. Al rientro dalla pausa estiva la Bce è parsa voler “alzare” i toni in senso maggiormente restrittivo. Le nuove previsioni di crescita ed inflazione avvalorano lo scenario piuttosto ottimista già presentato lo scorso giugno, in presenza di uno scenario d’inflazione che continua ad essere giudicato moderatamente favorevole, ovvero con una previsione per il 2005 ancora sotto il target del 2.0%. Al contempo, la Bce ha voluto sottolineare più volte come i rischi sullo scenario d’inflazione siano visti univocamente al rialzo, mentre nell’analisi economica ha scelto di ridimensionare l’impatto del petrolio sulla crescita interna e di ignorare le indicazioni di un rallentamento della crescita esterna. L’impressione complessiva è dunque che la Bce abbia iniziato ad esplicitare un bias restrittivo e la probabilità che i tassi possano essere rialzati già a dicembre di quest’anno è sensibilmente aumentata. Nonostante questo, continuiamo a ritenere che il momento più probabile per l’avvio del ciclo restrittivo continui ad essere 05Q1, alla luce delle nostre attese di una dinamica ancora dimessa della domanda interna nell’area euro in 04H2 e delle probabili ripercussioni sulla crescita interna del rallentamento della domanda esterna. Nelle ultime settimane si è assistito ad un corposo flusso di dati negativi provenienti dal Regno Unito (ad eccezione del dato molto superiore alle attese sulle vendite al dettaglio di agosto), che mostrano come il rallentamento della domanda interna dovrebbe essere iniziato nel terzo trimestre. Inoltre iniziano ad aumentare le indicazioni di un raffreddamento del mercato immobiliare, considerata la brusca discesa della domanda di mutui e il rallentamento dei prezzi delle case. Considerate le incertezze relative ai rischi di una brusca correzione del mercato immobiliare e all’evoluzione della crescita mondiale, si segnala la possibilità che la Boe decida di attendere l’avvio del 2005 prima di effettuare un’altra mossa di rialzo dei tassi, anche se attualmente nel nostro scenario quest’ultima resta ancora prevista per novembre di quest’anno. Giappone e Cina - L’economia giapponese nel secondo trimestre è cresciuta “solo” all’1.3% t/t annualizzato, dopo due trimestri di crescita al 7.6% ed al 6.4%. Per la seconda parte dell’anno è comunque ancora prevista una stabilizzazione dei tassi di crescita intorno a questo livello, non una contrazione del Pil. Le componenti del Pil di Q2, infatti, mostrano che l’economia sta facendo fronte ad una domanda più moderata senza accumulare scorte eccessive. D’altro canto, il contributo della domanda privata per consumi ed investimenti, sebbene non ai livelli mostrati a cavallo di fine anno, rimane vivace (in 04Q2 è stato del 2.3% t/t ann.). Anche il canale estero ha continuato a contribuire positivamente alla crescita del Pil in Q2 (+1.2% t/t ann.). La crescita è stata dunque moderata dalla forte contrazione delle scorte (il cui contributo è stato del -1.0% t/t ann.) e della spesa pubblica per consumi ed investimenti (contributo del -1.1% t/t ann.). È importante sottolineare che il picco ciclico è già stato superato e che il ciclo economico in Giappone è ancora principalmente determinato dall’andamento di esportazioni ed investimenti, in quanto i consumi non sono ancora in grado di mostrare una accelerazione endogena a causa del contenimento dei costi da lavoro da parte delle imprese. A fronte di un rallentamento della domanda estera (al momento si stima un suo graduale rallentamento, ma le incertezze legate anche all’andamento dei prezzi del petrolio ed alle problematiche geopolitiche rendono più incerto questo scenario), le imprese saranno meno propense ad investire e ad aumentare i costi da lavoro. Per quanto riguarda gli investimenti, è probabile che il minimo si evidenzierà ad inizio 2005, ma il Tankan di inizio ottobre darà maggiori informazioni in proposito. Il rallentamento della domanda estera indurrà anche un rallentamento nei livelli di produzione (già nel terzo o quarto trimestre) che porteranno ad una contrazione della crescita della produzione industriale nel 2005. Ciò nonostante si vuole sottolineare che la crescita del Pil nel 2005 resterà su ritmi ben lontani da quelli di recessione (la nostra previsione è di crescita all’1.9% con rischi al ribasso nell’intervallo 1.4%-1.9%). A differenza di quanto avvenuto nel 2001 (recessione legata alla bolla sull’ It) e nel 1998 (recessione seguita alla crisi Asiatica), le imprese hanno compiuto grandissimi sforzi di ristrutturazione, il livello delle scorte è nel complesso sotto controllo ed il rallentamento della domanda mondiale dovrebbe corrispondere ad un ritorno verso il trend di lungo periodo, da tassi molto elevati. I dati di agosto relativi all’economia cinese mostrano una ripresa (o, quanto meno, una tenuta) dell’attività produttiva nell’area continuando a segnalare che le misure amministrative, pur riuscendo a mantenere sotto controllo gli aggregati monetari, non stanno portando ad un forte rallentamento dell’attività economica. Sia il credito che la crescita della massa monetaria continuano a mantenersi al di sotto dei target prefissati ad inizio anno dalla Banca Centrale. Anche l’inflazione ad agosto è risultata invariata rispetto al mese precedente (Cpi al 5.3%). Dopo la pubblicazione di questi dati le autorità di politica monetaria avrebbero affermato di non volere alzare i tassi di interesse nei prossimi tre mesi. Alla luce dei flussi di investimento dall’estero sembra non diminuire anche la fiducia degli investitori esteri per il medio periodo. È probabile che parte degli investimenti (la crescita cumulata ad agosto si attesta al 30.3% a/a, in lieve moderazione rispetto al dato precedente, 31.5%) sia infatti finanziata da flussi di cassa, internamente generati dalle industrie, o da finanziamento estero. Mercati azionari - Listini in recupero ma mercati ancora cauti - Dopo che nella prima metà di agosto si era assistito a prese di profitto generalizzate, a partire dalla seconda metà del mese i mercati azionari internazionali hanno iniziato un movimento al rialzo piuttosto marcato, in un contesto tuttavia caratterizzato da volumi sostanzialmente modesti. Il movimento al rialzo è proseguito anche nelle prime settimane di settembre, con gli indici che sono tornati sui livelli di fine giugno. Le ricoperture sui mercati azionari sono avvenute in funzione soprattutto della correzione del prezzo del greggio. A favorire il recupero dei listini, in un clima di scetticismo diffuso da parte degli investitori, hanno contribuito il miglioramento della visibilità sulla congiuntura americana, in particolare in seguito al dato sui nuovi occupati di luglio, e il buon andamento del mercato obbligazionario, con i rendimenti che sono scesi sotto i livelli di inizio anno. Per quanto riguarda il versante societario le prime indicazioni sono state contrastanti. Le prime evidenze relative al terzo trimestre sembrano mostrare una decelerazione nel processo di revisione delle stime a causa di alcuni profit warning (Intel, Texas, Alcoa e Coca Cola i più significativi), ma il ritmo di crescita atteso su base annua rimane comunque solido (14.3%), soprattutto alla luce della crescita fatta registrare nello stesso periodo dell’anno precedente. I primi risultati relativi ai brokers non hanno contribuito a chiarire la situazione. Sono emerse per lo più dinamiche specifiche a livello societario; alcune società hanno mostrato un’inattesa tenuta della crescita e della redditività (Goldman Sachs e Lehman Brothers), altre invece hanno confermato i timori del mercato in merito alla sostenibilità della crescita, soprattutto per quanto riguarda la componente obbligazionaria (Morgan Stanley e Bear Stearns). In prospettiva, ci aspettiamo che il mantenimento di livelli elevati di redditività operativa consenta il raggiungimento delle stime, sia per il trimestre in corso sia per il prossimo, a fronte di aspettative sul mercato di tassi di crescita più modesti dovuti alla decelerazione della crescita economica e ad un marcato calo dei margini di profitto. In conclusione, le evidenze emerse nel corso del periodo non alterano in prospettiva una visione sostanzialmente positiva sui mercati azionari, grazie ad una serie di elementi positivi. In particolare: i livelli di valutazione: sia in termini assoluti (multipli) sia soprattutto in termini relativi, grazie al movimento al ribasso dei rendimenti obbligazionari, i mercati azionari risultano l’attività finanziaria più interessante; la conferma di una graduale e continua ripresa della spesa per investimenti, evidenziatasi inizialmente nel settore delle telecomunicazioni e, successivamente, nel settore industriale; il mantenimento della fiducia dei consumatori su livelli elevati, seppure in lieve decelerazione; le buone prospettive degli utili societari: sebbene il terzo trimestre esprima una chiara decelerazione nella crescita gli utili, quest’ultima dovrebbe comunque attestarsi su livelli elevati, grazie soprattutto alla forte attenzione dal lato dei costi e al conseguente mantenimento di un elevato livello di efficienza operativa da parte delle imprese. I principali elementi di rischio continuano ad essere rappresentati dall’emergere di segnali di un rallentamento della crescita congiunturale statunitense e dal possibile ulteriore apprezzamento del prezzo del greggio, sul quale continuano a pesare fattori sia di natura fondamentale, in particolare la dinamica delle scorte, sia di natura esogena. Telecom : buone valutazioni ma fondamentali ancora incerti Usa Il settore telecom statunitense ha recentemente invertito la tendenza al ribasso mostrata da inizio anno. A partire dal mese di luglio l’overperformance del comparto rispetto al mercato è stata determinata dalla pubblicazione di bilanci trimestrali relativamente migliori alle attese. Esemplare a questo proposito la trimestrale di Verizon - primo operatore di telefonia fissa statunitense e secondo operatore di telefonia mobile – nella quale, per la prima volta, si è registrata un’interruzione nel calo dei margini ed un rallentamento nella perdita di clientela sulla telefonia fissa grazie ad una minor competizione da parte degli operatori long distance (Mci e At&t). Il temporaneo miglioramento dello scenario competitivo ha gradualmente incrementato l’attrattività del settore, supportato sia da valutazioni attraenti (P/e, Free Cash Flow yield, Dividend Yield) sia da una serie di motivazioni specifiche connesse all’imminente fusione tra At&t Wireless e Cingular (per cui saranno distribuiti oltre 40 mld di dollari agli azionisti di At&t Wireless). La recente fase al rialzo impone tuttavia cautela, vista la situazione strutturalmente difficoltosa per il settore. La competizione rimane molto elevata anche a causa dell’affacciarsi sul settore di nuovi operatori (in primis le società di Tv via cavo). Oltre a ciò, la dinamica di compressione dei margini appare inevitabile vista la necessità di investire in nuove tecnologie per giungere a fornire servizi di telefonia e trasmissione dati/immagini attraverso connessioni rapide a banda larga. La forte dipendenza da eventuali cambiamenti nel contesto legislativo e la grande incidenza dei costi del personale (remunerazioni e coperture pensionistiche ed assicurative) rappresentano altri due fattori di rischio che potrebbero contribuire a modificare l’attuale percezione positiva sul settore. Europa In Europa, nella prima parte dell’anno il settore telefonico ha sottoperformato l’indice generale, nonostante valutazioni attraenti. La ragione di tale andamento va ricercata principalmente nel fatto che, piuttosto che sui valori fondamentali, il focus degli investitori si è concentrato in particolare su due elementi di rischio: l’attesa di piazzamenti azionari nelle società di cui i governi nazionali sono ancora azionisti rilevanti (France Telecom, Deutsche Telekom, Kpn, Teledanmark – solo per citarne alcune) e il rischio di ingenti operazioni di fusione e/o acquisizione (soprattutto dopo la partecipazione di Vodafone all’offerta su At&t). Tale atteggiamento si è però di recente modificato grazie alla combinazione di tre elementi, visto che al discorso valutativo si sono aggiunti un momentum positivo sugli utili societari e la forte generazione di cassa delle principali società del settore che ha stimolato un rialzo delle attese sul ritorno di cassa agli azionisti, sia per l’anno in corso sia per il 2005. Le trimestrali societarie hanno evidenziato una precisa divergenza tra i mercati, confermando l’estrema competitività dell’industria nelle regioni scandinave ed in Inghilterra (con tassi di crescita molto bassi) e la congiuntura favorevole che ancora permane in Francia, Germania e nel Mediterraneo. In media, comunque, i tassi di crescita annuale rimangono interessanti: attorno al 4% per gli operatori integrati, mentre salgono all’8% circa per i gestori di telefonia European telecom fixed/mobile vs. Market Ytd mobile. Ma l’aspetto più positivo del settore è senza dubbio quello relativo al cash return del settore che nel 2005 dovrebbe superare il 5% (considerando congiuntamente la distribuzione di dividendi e i piani di buy back). Il miglioramento dei bilanci societari (dopo le strategie di riduzione sistematica del debito) e la riduzione dei potenziali target di Jan-04 Feb-04 Mar-04 Apr-04 May-04 May-04 Jun-04 Jul-04 Aug-04 Sep-04 Dow Jones Tmi mobile telecom -Dow Jones Tmi fixed line telecom -Msci Europe acquisizione ha infatti indotto le principali società ad incrementare la distribuzione agli azionisti dei flussi di cassa in eccesso, ponendo le condizioni per un rialzo dei corsi azionari. Consumer Staples : il calo della domanda incide sui margini America - Da inizio anno il comparto consumer staples americano ha registrato un andamento positivo, overperformando il mercato nel suo complesso, beneficiando a livello esogeno dell’andamento favorevole dei comparti difensivi e dell’incertezza prevalente sul mercato espressa da un aumento dell’avversione al rischio. I fattori endogeni che ne hanno favorito l’overperformance possono invece essere ricondotti: al miglioramento delle condizioni macroeconomiche globali che hanno consentito, soprattutto nella prima parte dell’anno, la tenuta della domanda per consumi e di conseguenza l’aumento delle attese sugli utili del comparto; al pricing power che ad inizio anno aveva caratterizzato alcuni sottosettori (in particolare il beverage) che ha favorito una crescita significativa di fatturato seppur in un contesto di stabilità della crescita dei volumi di vendita. Alla correlazione inversa con l’andamento dei tassi d’interesse: i titoli del comparto tendono storicamente ad overperformare anticipando di sei mesi l’inizio di una fase di politica economica restrittiva. Va comunque sottolineato come l’entità dell’overperformance rispetto al mercato è andata riducendosi progressivamente dopo i massimi relativi di giugno a causa di molteplici fattori: Il mercato è stato disatteso dai risultati del secondo trimestre in quanto, seppur in linea con il consenso, non hanno mostrato un ulteriore rialzo delle stime degli utili per la restante parte dell’anno, Il forte rialzo dei prezzi delle materie prime che ha inciso in misura sostanziale sulla redditività delle imprese del comparto, il peggioramento della fiducia dei consumatori, sia sul mercato domestico sia su quelli esteri, in concomitanza all’accresciuto rischio geopolitico Le prospettive del settore a livello globale non sono particolarmente brillanti: la visibilità sugli utili futuri, già scarsa, è destinata a peggiorare nel breve periodo a causa di una accresciuta competizione tra le maggiori società del settore che sono costrette ad aumentare le spese di promozione dei propri marchi per cercare di aumentare il fatturato, deprimendo in questo modo i margini operativi e la crescita degli utili stessi. Inoltre la struttura distributiva che assume un peso crescente sulle aziende produttrici di beni di largo consumo (con il ruolo degli hard discounters che diviene sempre più rilevante), potrà avere ripercussioni negative su alcuni sottosettori ritenuti in precedenza a margini elevati come Beverage e Household&personal Care che sino ad ora sono stati impattati in misura minore da questo effetto rispetto al comparto Food nelle cui prospettive appare già incorporato. Le valutazioni fondamentali iniziano a scontare che tale quadro complessivo sia un fenomeno strutturale che deprima la crescita degli utili futuri . Per questa ragione gli investitori assumono che le valutazioni dei titoli del settore debbano essere trattate a sconto rispetto a quelle del mercato. Europa - L’andamento del settore consumer staples europeo ha mostrato un andamento a due facce: dopo aver raggiunto i massimi dell’anno alla fine di giugno, segnando una buona sovraperformance rispetto al mercato, il settore ha subito pesanti flessioni a seguito di risultati semestrali non brillanti. I motivi di questo andamento sono legati: alla progressione degli utili societari: all’inizio dell’anno gli investitori scommettevano su una espansione degli utili societari e quindi erano disposti a comprare titoli con valutazioni del settore a premio rispetto al mercato. In questo momento, pur essendo le valutazioni sugli utili prospettici a sconto del 5% rispetto a quelle di inizio gennaio, gli investitori scommettono su ulteriori revisioni al ribasso delle stime degli analisti finanziari che rendono le valutazioni fondamentali meno attrattive; alle prospettive reddituali delle società del settore: i risultati del secondo trimestre hanno disatteso le attese del mercato che ipotizzava una forte espansione dei margini operativi; i motivi che hanno causato una redditività meno elevata di quanto prevista sono legati essenzialmente al marcato rialzo dei prezzi delle materie prime e ad un aumento della competizione in mercati tradizionalmente ad alto valore aggiunto (Europa ed Asia) oltre che alla debolezza della spesa dei consumatori in paesi chiave dell’Unione Europea (Francia, Germania, Italia). Mercati obbligazionari - Ancora ribassi dei rendimenti sui mercati obbligazionari: Dalla fine del mese di luglio è proseguito il trend di ribasso dei rendimenti che aveva caratterizzato i mercati obbligazionari nel mese precedente. Il calo dei rendimenti ha interessato tutte le scadenze, ma il movimento è stato decisamente più marcato sui titoli più lunghi con un conseguente appiattimento delle curve dei tassi. Nel contempo la Fed effettuato due rialzi dei Fed Fund di 25 b.P., portando il tasso di politica monetaria all’1.75%. Nel periodo considerato, i treasury americani hanno registrato riduzioni dei rendimenti nell’ordine di 50 punti base sulla scadenza a dieci anni e di 24 p.B. Sui due anni. Il mercato europeo ha registrato riduzioni più contenute dei rendimenti: 30 p.B. Sui titoli decennali, mentre la parte a breve termine è stata penalizzata da alcune dichiarazioni da parte di esponenti della Bce che hanno indotto gli operatori a pensare che anche in Europa l’avvio del ciclo di rialzo dei tassi d’interesse sia ormai prossimo. Tali dichiarazioni hanno determinato sul segmento a breve termine ribassi dei rendimenti contenuti, nell’ordine dei 10 punti base. Nello stesso periodo i titoli inflation linked hanno sottoperformato marcatamente i titoli a cedola fissa d’analoga scadenza; il movimento non è stato omogeneo ma ha interessato particolarmente il mercato americano. Le break even inflation, ovvero il differenziale tra il rendimento dei titoli inflation linked e gli analoghi titoli a cedola fissa, sono diminuite di 15 p.B. In media su tutta la curva americana, ancora più marcato è stato il movimento registrato sul mercato canadese, con restringimenti di circa 22 p.B. I titoli inflation linked europei ed inglesi hanno registrato delle performance migliori con restringimenti delle Bei nell’ordine dei 4 p.B. In media. Tale trend sulle break even inflation è stato innescato da due fattori: da un lato il venir meno dei timori d’inflazione a livello globale, dall’altro, e in particolar modo in America, l’inizio del periodo caratterizzato da “stagionalità negativa” per l’indicatore d’inflazione su cui sono indicizzati i titoli, il che riduce i ritorni da inflazione attesi per i prossimi mesi. E’ proprio a seguito del rallentamento subito dall’inflazione che tra alcuni osservatori si sta facendo largo l’ipotesi che la Fed possa effettuare un ulteriore rialzo di 25 b.P. A Novembre - attualmente già scontato dai mercati con una probabilità di circa il 75-80% - e successivamente, di fronte ad ulteriori segnali di debolezza del quadro macroeconomico, sospendere il rialzo dei tassi d’interesse. Ciò equivarrebbe a riconoscere che l’attuale rallentamento può sfociare in una fase d’incertezza globale sulla dinamica della crescita. Leggermente differente la situazione del mercato europeo. Sebbene i dati macroeconomici continuino a segnalare una congiuntura debole, specialmente per quanto concerne la domanda interna, la Bce ha lasciato trasparire sia nella conferenza stampa di inizio settembre che nei commenti di alcuni suoi esponenti, l’intenzione di procedere ad un rialzo dei tassi d’interesse nell’ipotesi in cui la dinamica inflativa nel prossimo anno dovesse strutturalmente superare il target di inflazione. Il mercato, tuttavia, assegna scarse possibilità a manovre sui tassi entro l’anno. Analizzando il mercato è possibile effettuare alcune considerazioni: Le aspettative sulla prossime mosse della Fed sono state decisamente ridotte; i future sui contratti eurodollaro a tre mesi scontano infatti rialzi per complessivi 100 punti base nel corso del 2005 equivalenti ad un tasso sui Fed Fund pari a circa il 3% per dicembre 2005. Ciò equivale a ipotizzare un percorso di stretta monetaria molto moderato, se confrontato ai cicli precedenti. Le pendenze delle curve dei rendimenti sono diminuite in maniera considerevole (150 b.P. Il livello di spread tra i tassi a 10 e 2 anni in America, e 130 b.P. Lo spread in Europa), tale dinamica da un lato riflette un peggioramento delle aspettative di crescita economica incorporate nel mercato, dall’altra riduce la protezione offerta dai titoli lunghi nell’eventualità di una correzione del mercato . I livelli delle break even inflation (2.25% a dieci anni in Usa e 2.15% in Europa) appaiono oggi più ragionevoli rispetto alla dinamica sottostante dell’inflazione, ma riteniamo che potrebbero comunque subire un ulteriore restringimento. I rendimenti dei titoli decennali in questi giorni si sono portati in corrispondenza del supporto psicologico e tecnico del 4% sia in Usa che in America. In corrispondenza di questi livelli vi è il rischio che sul mercato americano si osservi un’ulteriore domanda di duration da parte degli operatori attivi sul mercato dei mutui e collegata all’attività di bilanciamento della duration dei loro portafogli Fatte queste premesse esiste a breve il rischio di un’ulteriore estensione del rally di mercato, ma nel contempo, in un ottica di più ampio respiro i rendimenti non appaiono attraenti – a meno che non si adotti come scenario di riferimento una fase di rallentamento marcato dell’economia internazionale, ipotesi che non condividiamo – e riteniamo pertanto opportuno mantenere una sottoesposizione al rischio tasso. Spread stabili - Nei mesi di agosto e settembre gli spread di credito hanno vissuto una stagione molto positiva con restringimenti generalizzati. Decisamente brillante è stata la dinamica dei corporate in euro (ai minimi dagli ultimi 6 anni) e degli high yield negli stati uniti. La dinamica ha avuto una portata globale ed ha interessato anche i mercati emergenti e gli swap spread in un trend generalizzato di compressione e di continua diminuzione dell’avversione al rischio. Per il credito il quadro non ha subito mutamenti sostanziali. I fondamentali rimangono solidi e percepiti come robusti anche nel futuro; dal punto di vista tecnico perdura la relativa scarsità di offerta (sebbene sul mercato corporate statunitense si sia assistito ad una recente forte accelerazione), coniugata con l’elevata disponibilità di cash da investire da parte degli operatori. Sul versante valutativo invece i livelli di remunerazione del rischio risultano progressivamente sempre più sottili. È però l’aspetto comparativo con le altre asset class che spiega il recente successo degli spread: a fronte di rendimenti in continua diminuzione e un mercato azionario che fatica ad apprezzarsi, molti investitori continuano a veder valore nei livelli, pur minimi, di extra-rendimento scommettendo su un quadro futuro di scarsa volatilità. Sebbene sia difficile escludere ulteriori restringimenti, appare piuttosto ottimistico il quadro implicito nei recenti livelli degli spread, in particolar modo nel corporate euro. Non emerge però al momento un fattore imminente che possa scatenare un’inversione. Rimane comunque un deciso elemento di asimmetria di rischio a sfavore di queste asset class.
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