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Notiziario Marketpress di Giovedì 08 Luglio 2004
 
   
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  COMPONENTI IN AUTO “A VITA” SENSORI APPLICATI NELLA TECNICA DEI MICROSISTEMI (MST: MICRO SYSTEM TECHNOLOGY)  
   
  Milano, 8 luglio 2004 - I sensori presenti a bordo delle automobili rivestono spesso un’importanza significativa ai fini della sicurezza. Per questa ragione, la loro affidabilità deve essere garantita per l’intera vita dell’auto. Con l’ausilio di metodologie sperimentali e di simulazioni computerizzate, i ricercatori Bosch fanno sì che i componenti micromeccanici possano durare “ a vita “. Si tratta di un lavoro tutt’altro che facile, perché i ricercatori, nella fase di progettazione, devono tener conto del futuro ed escludere tutte le possibili fonti di errore ed i disturbi che possono compromettere il funzionamento dei sensori. Questi ultimi, in effetti, devono funzionare correttamente a temperature sia polari sia subtropicali. Tutto questo, fin dal primo giorno e per una durata di 15 anni, che corrisponde alla vita media di un autoveicolo. Per questa ragione, alla Bosch i sensori applicati nella tecnica dei microsistemi (Mst: Micro System Technology) sono testati, in funzione dell’ affidabilità mostrata durante tutte le fasi dello sviluppo di prodotto: iniziando dalla fase preliminare di progettazione, con la tecnica strutturale e di collegamento, fino agli aspetti riguardanti la produzione in grande serie. Questa metodologia di lavoro, costante e globale, offre un duplice vantaggio: i difetti che possono eventualmente verificarsi e le conseguenti, costose attività di ripristino, possono essere eliminati tempestivamente. Lo stesso vale anche a fornitura avvenuta: il pericolo di guasti sugli autoveicoli in circolazione è molto ridotto. In materia di frequenza di guasti nei componenti, gli esperti di produzione parlano di “ppm” (parts per million). Con due ppm, ad esempio, si intende che, su una base di un milione di sensori, due di essi si guasterebbero prima del raggiungimento dei 15 anni di vita, il ché sembrerebbe una percentuale quasi trascurabile. In considerazione degli elevati quantitativi di sensori Mst forniti, tuttavia, l’obiettivo di Bosch é quello di ridurre ulteriormente la percentuale di guasti. Il problema sostanziale nasce dal fatto che i sensori difettosi sono talmente pochi, da non poter essere considerati, al fine di un’indagine statistica attendibile. L’approccio metodico adottato da Bosch è il seguente: l’affidabilità dei sensori viene costantemente migliorata attraverso ulteriori esperimenti e simulazioni computerizzate. Per ottenere una stima attendibile della vita media così ottenuta, i sensori vengono sottoposti a prove di resistenza particolarmente severe nonché ad un invecchiamento artificiale. Prendiamo come esempio il sensore di imbardata: il cuore del Programma Elettronico di Stabilità (Esp) è composto da una molteplicità di elementi minuscoli e fragili che devono anche resistere, senza spezzarsi, a sollecitazioni estreme e impreviste. La procedura standard di prova, ad esempio, comprende una caduta libera del sensore da un’altezza di circa 1,20 metri. Nell’urto, si verificano accelerazioni negative fino a 30.000 volte l’accelerazione di gravità. Un “caso” tutt’altro che facile da risolvere per gli esperti che si occupano di affidabilità. Quali tensioni si verificano? Dove assumono una dimensione critica? I ricercatori esaminano, con l’ausilio di apposite strutture di prova, il comportamento del materiale al termine di queste condizioni estreme. Le strutture di prova micromeccaniche sono sottoposte allo stesso processo produttivo di un elemento del sensore per l’Esp: il silicio policristallino viene fatto precipitare su un substrato. L’elemento strutturale viene successivamente estratto per incisione. Particolare attenzione viene dedicata ai punti critici, che sono più esposti a rotture: strozzature, pieghe e angoli, nonché passaggi da sezioni di materiale larghe ad altre sottili. Negli esperimenti, le strutture di prova sono sottoposte a una tensione meccanica sempre in aumento, finché queste si spezzano. Così facendo, i ricercatori ottengono preziosi parametri relativi ai materiali, con i quali si realizzeranno i sensori. Oltre a ciò, sempre i ricercatori dispongono di simulazioni computerizzate, che forniscono indicazioni progettuali mirate a innalzare ulteriormente la resistenza alla rottura. L’intreccio metodico di esperimenti e di simulazioni fornisce dei dati di partenza, che consentono di migliorare sempre più i sensori. L’osservazione dell’intero sistema va messa sullo stesso piano, per l’ottimizzazione dell’elemento-sensore: ad esempio, confezionato su un circuito all’interno di una scatola. È in questa forma, infatti, che il sensore viene solitamente montato a bordo dell’auto o all’interno di un componente per autoveicoli, dove deve resistere alle difficili condizioni ambientali: da –40 fino a +85 gradi centigradi all’interno dell’abitacolo, addirittura fino a 140 gradi centigradi nei pressi del blocco motore. Con l’aggiunta di vibrazioni e di scosse di ogni genere. Un’elevata umidità dell’aria può, a sua volta, accelerare il processo d’invecchiamento. Per questa ragione, la procedura standard di collaudo prevede anche test all’interno di cabine per prove climatiche: uno shock termico di 180 gradi, ripetuto mille volte, ad esempio, potrebbe corrispondere a un processo di invecchiamento accelerato di parecchi anni. I sensori devono, poi, superare la prova del “tavolo vibrante”: qui è possibile percorrere tutta la gamma di frequenze rilevanti per un’automobile - fino a qualche dozzina di kilohertz. Con l’ausilio di un cosiddetto vibrometro laser, è possibile misurare il livello di risonanza tra la scatola del sensore e il circuito sottostante. Se queste vibrazioni si verificano sull’autoveicolo e si combinano con l’oscillazione propria del sensore di imbardata, i segnali di quest’ultimo risultano alterati. Con il metodo laser, i ricercatori possono anche garantire che nessuna risonanza della scatola possa spostarsi, in seguito ai processi di invecchiamento, in direzione dell’oscillazione propria del sensore. Se le frequenze della scatola risultano vicine al limite superiore della frequenza del sensore, i risultati dei ricercatori hanno dimostrato che queste possono migrare sulla frequenza del sensore, in seguito al rammollimento della lega di saldatura, causato dall’invecchiamento. Negli esperimenti, questa condizione viene esaminata per mezzo di una manipolazione artificiale della lega di saldatura. Il sistema oscillante, costituito da circuito, collegamento saldato, piedini della scatola e scatola del sensore, viene modellato al computer e confrontato, attraverso una simulazione a elementi finiti, con i dati sperimentali. Con l’ausilio di questi modelli “verificati”, è successivamente possibile “incorporare” l’affidabilità dei futuri elementi dei sensori già nella fase progettuale del loro sviluppo. Il fatto che alla Bosch la tecnica dei microsistemi, con i suoi sensori, sia considerata una tecnologia chiave, si riflette positivamente sull’elevata affidabilità degli elementi che costituiscono il sensore. Le conoscenze di dettaglio sui parametri dei materiali sono presenti, così come le esperienze, con la produzione di serie in milioni di esemplari. I tool di progettazione vengono ben gestiti quanto il processo produttivo Mst. Poiché l’intera catena di processi è gestita da un soggetto unico, i dipendenti Bosch hanno a portata di mano, in tutte le fasi evolutive del prodotto, i pulsanti giusti, che possono azionare, per aumentare sempre più l’affidabilità.  
     
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