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Notiziario Marketpress di Mercoledì 14 Luglio 2004
 
   
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  CNEL-FTI: INNOVARE PER COMPETERE PRESENTATO IL IX RAPPORTO SULLA TECNOLOGIA DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE IN ITALIA  
   
  Roma, 14 luglio 2004 - Ritardo progressivo accumulato sul terreno dell’innovazione e della ricerca, perdita di competitività del sistema Paese e calo degli investimenti. Questo il quadro che emerge dal Ix Rapporto sulla tecnologia dell’informazione e della comunicazione in Italia, elaborato da Fti (Forum per la Tecnologia dell’Informazione) in collaborazione e con il patrocinio del Cnel, presentato oggi a Villa Lubin. Il volume (edito da Franco Angeli); dedicato quest’anno al tema della “Innovazione per la e-society”, analizza la relazione tra le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict) e l’innovazione, attraverso una serie di contributi di autorevoli esperti completati dai principali dati sull’andamento del settore. Nel 2003, la spesa delle imprese private per Ricerca e Sviluppo è stata pari allo 0,56% del Pil, contro l’1,3% della media europea, il 2,04% degli Stati Uniti e il 2,28% del Giappone. Tendenza confermata dagli investimenti pubblici per Ricerca e Sviluppo, pari allo 0,54% del Pil, rispetto allo 0,69% della media Ue, lo 0,76% degli Stati Uniti e lo 0,81% del Giappone. La spesa delle imprese in Ict, in particolare, si attesta sul 5,2% del Pil (7% nella Ue); con un ritardo strutturale delle Pmi (solo il 35% fa innovazione). Nel complesso, il mercato Ict vale 64,3 miliardi di euro (561 miliardi nella Ue); mentre il settore copre appena il 6,3% degli scambi con l’estero (11% nella Ue). Nell’ict lavora il 3,1% del totale degli occupati italiani e la maggior parte (74,7%) si concentra nei servizi (di questi, il 21,1% nelle telecomunicazioni); contro il 25,3% del manifatturiero. Ancora poco diffuso il telelavoro: 9,5% degli occupati contro il 13% nella Ue. Un altro indicatore del ritardo italiano nell’innovazione è la bassa percentuale di popolazione con istruzione post-secondaria (10,4% contro la media Ue del 21,5%); inoltre ogni mille abitanti di 20-29 anni solo 5,7 sono laureati in materie scientifiche e ingegneristiche (11,3 nella Ue). La formazione permanente coinvolge solo il 4,6% dei cittadini (contro l’8,4% della media europea); mentre l’e-learning raggiunge l’8% (9% nella Ue). Inoltre, possiedono un pc 19 italiani su 100 (31% la media europea). Circa la metà della popolazione attiva usa il computer per motivi di lavoro, ma solo il 18% ha ricevuto una formazione di base, contro il 28% della media europea. Si calcola che l’ignoranza informatica comporti una perdita complessiva di circa 115 milioni di giornate di lavoro all’anno, con un costo di 15,6 miliardi di euro. L’innovazione appare, dunque, un fattore prioritario per superare la crisi, che orienti lo sviluppo fissando gli obiettivi di politica industriale nel settore Ict. Particolare attenzione va rivolta all’integrazione delle capacità di iniziativa del sistema delle Pmi, allo sviluppo di infrastrutture moderne e di reti immateriali, alla formazione e soprattutto all’apprendimento permanente, alla certificazione di qualità. Per dare forza al processo di innovazione, come base dello sviluppo centrato sulla conoscenza, occorre un’assunzione di responsabilità comuni tra istituzioni, forze economiche e sociali e la definizione di obiettivi condivisi, tra i quali: realizzare progetti di alfabetizzazione informatica rivolti a tutta la popolazione e di formazione continua diretti al mondo dell’economia e del lavoro; integrare le azioni nel campo delle politiche della ricerca, industriali e commerciali e orientarle a compensare i deficit nella diffusione di una cultura dell’innovazione; rafforzare il partenariato economico e sociale e la programmazione negoziata come condizione per un orientamento condiviso e partecipato dei processi. “Senza questo contesto di politiche pubbliche e accordi di partnership - ha affermato Mario Sai, presidente della Commissione attività produttive e risorse ambientali del Cnel - sarà difficile per l’Italia spingere avanti i processi innovativi combinando insieme i tre fattori del cambiamento: qualità del lavoro, nuove tecnologie, competitività. Nella prospettiva della revisione di metà periodo della strategie di Lisbona, per fare entro il 2010 dell’Europa uno spazio economico fondato sull’innovazione e sul sapere, potrebbe essere questo - ha aggiunto - il terreno del nostro Paese per un confronto tra il sistema delle imprese e il sindacato, che riporti il tema dello sviluppo stabile e sostenibile, dell’innovazione e della buona e piena occupazione in cima all’agenda politica e sociale”. “Per innovare - ha sottolineato Giorgio Pacifici, presidente di Fti (Forum per la Tecnologia dell’Informazione) - occorrono ricerca, investimenti, formazione all’innovazione, ma soprattutto una nuova cultura nei diversi grandi operatori del sistema Italia, per rendere più fluida e produttiva la loro collaborazione, in particolare allo scopo di far superare all’impresa italiana le sue difficoltà dimensionali nel confronto internazionale”.  
     
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