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Notiziario Marketpress di Giovedì 14 Aprile 2005
 
   
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  LE MELE CON LE MACCHIE SPARIRANNO DAL MERCATO RISOLTO UN ANTIESTETISMO CHE COMPROMETTE UNA PRODUZIONE STRATEGICA PER LA FRUTTICOLTURA. LO STUDIO A BIONOVA, SALONE DELLE BIOTECNOLOGIE, A PADOVA DAL 20 AL 22 APRILE 2005  
   
  Padova, 14 aprile 2005 - “Mele resistenti, che non ammuffiscono, che risultano indenni da quelle antiestetiche macchioline nere che si formano in superficie e le rendono non commerciabili. Oggi è possibile grazie alle scienza che ha permesso – come spiega il professor Silviero Sansavini, professore ordinario nel Dipartimento di Colture Arboree dell'Università di Bologna – di produrre una generazione di mele super resistenti a quella che gli esperti del settore chiamano “ticchiolatura”. Professore cosa sono quelle antiestetiche macchioline nere che rendono le mele invendibili? “Possiamo usare la parola "scabbia" che non si usa in italiano, ma rende bene l'aspetto sintomatologico: si tratta di una serie di macchie nerastre che intaccano la superficie del frutto (deturpandolo) e delle foglie che perdono l'efficienza fotosintetica e poi seccano e/o cadono anzitempo”. Questo crea danni anche economici? “I danni sono enormi e si cura con un certo numero di trattamenti fungicidi, o più semplicemente anticrittogamici. I frutti colpiti non sono certo appetibili al mercato, che le rifiuta. Per evitare accumulo di residui oltre i limiti consentiti dalla legge, i coltivatori usano due o più principi attivi,fra loro complementari Anche la melicoltura biologica richiede un gran numero di trattamenti a base di ossicloruro di rame, zolfo o polisolfuro di calcio per proteggere foglie e frutti”. Anche le mele biologiche? “Anche quelle devono essere adeguatamente protette con un elevato numero di trattamenti, specialmente se la coltivazione si trova in zona a forte rischio malattia (per es. Nel Trentino si fanno anche 15 e più trattamenti annui). I residui dei suddetti prodotti però non sono considerati pericolosi, ma rovinano la lucentezza del frutto”. Nessuna mela è esente dalla ticchiolatura? “Esistono alcune decine di varietà di mele Tr totalmente resitenti alla ticchiolatura (nel mondo sono oltre un centinaio), create da incroci programmati con genitori portatori dei geni di resistenza alla malattia, in particolare di Vf, che è il gene che viene utilizzato nel 90 per cento dei casi”. Sono mele che hanno un mercato? “Le Florina, Golden Orange e Topaz non sono altrettanto belle e buone come le mele coltivate in Italia e gradite dal mercato, che sono invece altamente suscettibili a ticchiolatura. L'agricoltura biologica fa purtroppo solo un uso sporadico (in percentuale interiore al 3-5%) delle mele Tr (ticchiolatura resistenti) disponibili in commercio”. Un problema irrisolvibile? “Sì, se non inserendo il gene Vf nelle mele che note e apprezzate dai consumatori, lasciando intatti tutti gli altri caratteri dell'albero e del frutto delle varietà che in tal modo risulterebbero geneticamente "trasformate" (Om)”. In che modo l'ingegneria genetica potrebbe aiutare i coltivatori di mele? “Ci sono diversi gruppi di ricerca nel mondo che si stanno cimentando su questa strada: alcuni (es.Francia e Usa) utilizzano geni eterologhi (cioè derivati da batteri o da altre piante) codificanti per proteine che abbassano )a suscettibilità a questa e ad altre malattie (come si trattasse di antibiotici). Ma non danno la resistenza totale, che è invece conseguente al transgene V f (in quanto resistenza di tipo monogenico).Il gruppo italo - svizzero (coordinato rispettivamente da me e da Cesare Gessler, Politecnico di Zurigo), ha invece utilizzato un gene omologo di melo (isolato da una specie selvatica, Malus f1oribunda 821), cioè una sequenza del gene Vf che è poi stata trasferita al melo coltivato Gala con la tecnologia del Dna ricombinante”. Sono mele che si trovano in commercio? “Assolutamente no. L'esperimento è completamente riuscito, ma le piante di Gala trasformate non potranno essere provate in campo fintanto che non avremo ottenuto un apposito permesso ministeriale. Ancor più difficile sarà l'eventuale autorizzazione alla coltivazione, fra qualche anno, anche se le numerose prove e controlli programmati dovessero andare bene (per fare i quali accorreranno ancora diversi anni)”. Si tratta comunque di una interessante applicazione “L'autorevole rivista americana Pnas ha pubblicato l'articolo, frutto di 7 anni di lavoro interdisciplinare (genetisti, patologi, biologi, molecolaristi e pomologi) perché è la prima volta che si persegue una strada di "terapia genica", usando un gene familiare allo stesso melo e facendo cosi cadere una parte delle critiche - i rischi della lontananza genetica - di coloro che avversano gli Ogm. Purtroppo, attraverso il metodo tradizionale dell'incrocio e successiva selezione, non si può avere lo stesso risultato conseguibile con tecnica Ogm, perché ogni volta vengono rimescolati, nelle progenie, tutti gli altri geni portati dai due gameti (ci sono circa 50.000 geni, nella pianta), cosicché la selezione avviene poi a livello degli individui resistenti, che saranno molto diversi gli uni dagli altri, ma differiranno anche per tutti gli altri caratteri che si vorrebbero invece mantenere. È questo il caso di tutte le varietà Tr propagate finora dai vivaisti e sopra citate”. Il professor Silviero Sansavini ne parlerà nell’ambito del convegno Produzioni Agricole, mercoledì 20 Aprile 2005 in sala 7/B, padiglione 7, dalle ore 14 alle ora 17.  
     
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