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Notiziario Marketpress di Mercoledì 20 Aprile 2005
 
   
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  LA CROAZIA AL BIVIO  
   
  Bruxelles, 20 aprile 2005 - Sui cieli della Croazia, ricca regione che si estende dall’altopiano della Podravina, in Slavonia, fino ad abbracciare la lunga costa balcanica affacciata sull’Adriatico, si addensano le cupe nubi del suo recente passato. Nonostante le ripetute richieste di Zagabria, infatti, il Consiglio Affari generali di marzo ha deciso di rinviare l’apertura dei negoziati per l’adesione fintantoché le autorità croate non avranno dimostrato di cooperare fattivamente con il Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia. Il successivo Consiglio europeo (22 e 23 marzo) ha inoltre deciso l’istituzione di una “task force” incaricata proprio di valutare i progressi nella collaborazione tra il governo di Zagabria e il tribunale dell’Aja. Olli Rehn, Commissario europeo per l’allargamento, ha tuttavia voluto precisare che tutto, ancora, è nelle mani delle autorità croate: “Voglio sottolineare – ha detto – che il futuro della Croazia è nella famiglia europea e che la Croazia è un paese candidato, poiché nulla è cambiato da quel punto di vista.” Nelle stesse ore, però, il Segretario di Stato britannico Jack Strow puntava l’indice proprio contro Zagabria, colpevole – secondo Londra – di non assecondare il lavoro svolto dal Tribunale dell’Aja per la cattura di importanti criminali di guerra. Lo stallo, in particolare, nasce sulle sorti del Generale Ante Gotovina. Eroe della resistenza contro la Serbia per alcuni, criminale di guerra responsabile della morte di centinaia di civili serbi per gli altri, il Generale Gotovina è latitante. Anzi, qualche giorno fa il settimanale di Spalato “Feral Tribune”, citando una fonte anonima dei servizi segreti croati, ha parlato di una vera e propria struttura parallela di polizia che, nel 2001, avrebbe consentito al militare croato di fuggire proprio nel momento in cui le autorità dell’Aja emettevano un atto di accusa per crimini di guerra nei suoi confronti. Il caso Gotovina pesa da diversi anni sulla reputazione internazionale e sulla credibilità democratica della Croazia. Con la morte del maresciallo Tito, autorevole artefice, nel dopoguerra, dell’unità nei Balcani nord-occidentali tra Serbia, Croazia, Slovenia e Montenegro, si chiude un ciclo di stabilità politica tra le diverse etnie della regione, per lasciare il passo, già verso la seconda metà degli anni ’80, alla progressiva dissoluzione dello Stato jugoslavo sfociata nel bagno di sangue delle guerre balcaniche (1991-1995). In questa drammatica escalation bellica, il cruento conflitto tra Croazia e Serbia assume i toni, assieme al dramma bosniaco, di una catastrofe umanitaria senza precedenti nella storia europea recente. Nel 1995, durante il processo di accelerazione del conflitto che ha condotto la Croazia alla piena indipendenza, le divisioni croate del Generale Ante Gotovina hanno raggiunto la regione della Krajina, fino a lambire Vukovar e l’area di Fruska Gora per procedere alla sistematica pulizia etnica del territorio dalla presenza delle forze serbe. Oggi, Gotovina è accusato di aver sterminato 150 serbi e di averne espulso più di 150.000 dalla Krajina. In questi giorni il portavoce del ministero degli interni, Zlako Mehun, ha parzialmente ammesso che le forze dell’ordine e i servizi segreti “stanno verificando alcune indicazioni provenienti da diverse fonti che proverebbero l’ipotesi che Gotovina sia fuggito dal paese con un passaporto falso”. Il Primo Ministro di Zagabria, Ivo Sanader, ha precisato che “secondo tutte le informazioni in nostro possesso, (il Generale Gotovina) non è in Croazia. Questa è l’unica e totale verità”. E il settimanale di Spalato ha apertamente ventilato l’ipotesi che a dare i documenti falsi a Gotovina sia stata proprio la polizia. Per il resto, il recente rapporto annuale della Federazione internazionale di Helsinki per i diritti umani (Ihp) ha premiato alcuni degli sforzi condotti dalle autorità croate per adeguare progressivamente le normative nazionali in materia di diritti umani agli standard internazionali. Il documento ha parlato di una “tendenza generale positiva”, anche se molto deve essere ancora fatto per risolvere il problema delle minoranze: “insoddisfacente è però – recita il rapporto – la situazione legata al rientro dei profughi (serbi, ndr) e preoccupano le molte violazioni dei diritti dei Rom”. Gli osservatori dell’Ihp rivolgono aspre critiche alla chiesa cattolica di Croazia, “i cui esponenti hanno esercitato un forte influsso sui partiti politici di orientamento nazionalista e conservatore condizionando alcune loro scelte politiche e sociali”. Per adesso, la diplomazia croata può contare sul sostegno certo di Austria, Ungheria, Slovenia e Slovacchia, che riconoscono come sufficienti gli sforzi fatti da Zagabria e, quindi, maturi i tempi per l’apertura dei negoziati. Ora la palla sta alla task force convocata a Bruxelles il prossimo 25 aprile, quando si dovrà valutare il presente stato di collaborazione della Croazia con il Tribunale dell’Aja. Solo all’indomani delle analisi della task force, l’Ue potrà riprendere in considerazione l’apertura dei negoziati.  
     
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