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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 20 Aprile 2005
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Web e Beauty Flash |
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AUTOTRAPIANTI: ‘PERSONAL’ FIBROBLASTI, RIFIORIR DA SOTTOPELLE |
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Secondo il dr. Evert Lamme, Senior Scientist, Dept. Dermatology Medical Centre, Univ. Nijmegen/nimega (Nl), la caratteristica fondamentale dei fibroblasti autologhi, la differenza rispetto a tutti gli altri fillers/‘riempitivi’, è espressa proprio da quell’”autologhi”: ottenuti cioè facendo riprodurre in coltura le cellule medesime delle persone stesse donatrici & destinatarie. Le colture autologhe di fibroblasti [le cellule che elaborano le fibre collagene della sostanza connettiva fondamentale nell’organismo] costituiscono un vivo sistema iniettabile ch’è stato già efficacemente utilizzato fin dal 2000 (1.450 pazienti per complessive 4.800 iniezioni) per trattare cicatrici incavate, atrofie sottocutanee, esiti di grave acne, ferite da laser. Oggi parliamo del loro - quindi più che sperimentato – utilizzo per restituire alla sua naturale elastica tensione e integrità la pelle raggiunta dai solchi del tempo, le rughe. E poiché parliamo di rimettere al proprio posto vive e vitali cellule generate dalla persona stessa, non dobbiamo parlare (come con altri metodi) di ‘restauro’-riparazione, bensì di restitutio ad integrum / reintegrazione biologica naturale. Per approntare queste culture di fibroblasti autologhi si parte da un minuscolo (3 mm) campione bioptico di cute, prelevato normalmente dietro un orecchio: una zona abitualmente protetta contro le usure ultraviolette solari. Contenuto in opportuno contenitore refrigerato, il prelievo cutaneo deve raggiungere nelle ventiquattrore il Laboratorio ultraspecializzato (Isolagen biotechnologies Londra/houston/sydney) dove viene immesso in esclusive colture in vitro di espansione cellulare. Sebbene analisi spettrofotometriche e di elettroforesi mostrino comunque che il materiale iniettabile prodotto nei laboratori non contiene inquinanti proteici, sei settimane dopo il prelievo al paziente viene praticato a livello polso una primo inoculo test, per il controllo di eventuali reazioni. Dopo altre due settimane (8 quindi dal minintervento bioptico) al chirurgo estetico che sta seguendo il caso viene fatta pervenire, parimenti in contenitori sterili refrigerati, una prima fiala contente circa 20.000.000 di fibroblasti sviluppatisi dalle poche centinaia del campione bioptico di partenza. La reimmissione del suo rinnovato (e rinnovante) patrimonio cellulare nelle aree cutenee del viso da ringiovanire, deve avvenire al meglio nelle 24 ore, quando sono pienamente vitali il 95 per cento dei fibroblasti ‘espansi’, che si riducono già all’85 dopo le 48 ore, e nei tre giorni precipitano al 65 per cento. E’ tuttavia possibile conservarsi, ma in contenitori di azoto liquido a -160 centigradi, i propri ‘espansivi’ fibroblasti per anni, durante i quali così ‘ibernati’ non invecchiano: prelevati da una persona 35enne, la loro ‘età’ si congela altrettanto lì. La tecnica iniettiva richiede una molteplicità di passaggi, con la smussatura dell’ago puntata verso il basso, traverso tutta l’area d’intervento, raggiungendo tutte le stratificazioni della pelle: superficiali, intermedie, profonde. Il protocollo terapeutico prevede tre impianti, distanziati in media 15 giorni (o due settimane che dir si voglia) l’uno dall’altro, per complessivi nuovi 40.000.000 di fibroblasti. Dal momento delle iniezioni occorrono poi altre 4-8 settimane (a seconda della variabilità personale) affinché i nuovi fibroblasti arrivino ad aver prodotto una quantità collagene sufficiente perché cominci ad evidenziarsene l’effetto. Che procede con naturalezza nel tempo, fino ad una biologica spontanea stabilizzazione ottimale. Per ora la durata constatata è di almeno 10 anni: più e meglio sarebbe scorretto affermare, perché a tanto risalgono le prime esperienze condotte inizialmente negli Usa, e tuttora valide. Ed è già molto meglio e di più di qualsiasi altra tecnica nota finora.
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