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Notiziario Marketpress di Giovedì 21 Aprile 2005
 
   
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  DA TRIESTE, I DOLCI DELLA MITTELEUROPA: PINZA, PUTIZZA, PRESNITZ E FAVE  
   
  “Trieste golosa” offre una tradizione dolciaria vasta e curiosa per il palato. Le influenze slovene, austro-ungariche o ungheresi si ritrovano passeggiando tra i caffè storici della città e perdendosi nelle vetrine delle più famose pasticcerie. In un tripudio di leccornie, il vero goloso non potrà resistere ad una fetta di torta sacher (testimonianza del legame con l’impero austro-ungarico), immergersi nella tradizione slovena tra assaggi di struccolo de pomi (strudel alle mele), struccolo cotto (strudel alle noci), putizza e presnitz ed assaporare le influenze ungheresi nella torta ribojanci o dobos. E poi ancora tra crostoli (chiacchiere veneziane), krapfen (bomboloni alla marmellata o alla crema), fritole (specie di piccola frittella) o pinza (corrisponde più o meno alla “brioche” francese). Sulle origini dei dolci triestini le ipotesi sono tante, spesso fantasiose, ma caratterizzate da un comune denominatore nella provenienza di molti elementi dalla cucina ebraica e dalle cucine dei paesi del Mediterraneo. Si ritrovano infatti ingredienti simili nella composizione dei vari ripieni, come l’utilizzo di frutta secca (uvetta, mandorle, noci) portata dalle “calandre” (navi da trasporto greche), oltre all’utilizzo della pasta “fillo” di origine turca. I dolci tipici di Trieste scelti come rappresentanti nell’itinerario della grande iniziativa promozionale “Trieste golosa”, sono la Pinza, la Putizza, il Presnitz e le Fave Triestine. Pinza. “La pinza se fa con fior de farina, zuchero, ovi e acquavite de casa”. Il più diffuso dei dolci pasquali nella tradizione di Gorizia e Trieste, si presenta come una pagnotta o focaccia semi dolce frutto di una lunga preparazione e lievitazione. Le nonne impastavano a mano, intorno a un tavolo, incominciando il primo lievito alle prime luci del mattino, lavorando la pasta a più riprese con uova, burro e zucchero, per poi farlo cuocere al forno di fiducia. Alcune, le più diffidenti, mettevano un bigliettino sul proprio panetto o ne facevano un segno sopra, in modo da non rischiare che si confondesse con altre Pinze! La mattina di Pasqua, dopo la messa, la famiglia si riuniva per una colazione rituale, composta, tra le altre cose, dal prosciutto cotto o arrostito per il quale la Pinza faceva da companatico insieme al fiore di finocchio o al rafano grattugiato. L’origine etimologica della Pinza (o Pinsa) è fonte di discussione: alcuni sostengono derivi dal latino “pinsare = schiacciare” altri, ed è la tesi più probabile, ne ritrovano origini longobarde dal “bizzo/pizzo” (al femminile “pizza”) ovvero “boccone” e dal verbo “bizan” cioè “mordere”. Putizza . Tipico dolce della tradizione pasquale Teresina, come il Presnitz o la Pinza, la Putizza si distingue però per un carattere e un sapore più familiari. La sua caratteristica e grande raffinatezza, risiedono nella ricchezza di ingredienti del suo ripieno e nella formazione del dolce che viene arrotolato unitamente alla pasta formando un insieme soffice e profumato. Una rollata ripiena di noci, uvetta e pinoli, pasta lievitata e un ripieno, simile a quello della «gubana» friulana anche nella forma, arricchito da rhum e vino di Cipro e da alcune spezie come cannella, noce moscata e chiodi di garofano. L’origine è certamente slava, derivante dal termine potica, o meglio dal verbo poviti, ovvero avvolgere, arrotolare ed è ancora una volta specchio della complessità etnica e storica del territorio. Presnitz. Il Presnitz, particolare dolce della tradizione teresina nasce a metà del Xix secolo, quando un evento importante mise in movimento tutta la città di Trieste. Per accogliere degnamente "Sissi" Imperatrice d'Austria e Ungheria, in visita al Castello di Miramare, la città si fece festosamente bella. S’indissero concorsi e gare per oggetti d'arte, artigianato, gastronomia e pasticceria con un premio particolare alla torta più originale dedicata all’imperatrice. In un’elegante pasticceria del centro apparve per la prima volta un dolce creato per l'occasione. Portava sovrapposta la scritta "Se giri il mondo ritorna qui". Premiato con il titolo di "Preis Prinzessin" (Premio Principessa), ben presto i triestini lo chiamarono sbrigativamente e amorevolmente Presnitz. Trieste si arricchiva così di un dolce fatto di frutta, noci, nocciole, mandorle, uvetta, pinoli, liquore, avvolti in uno strato sottile di pasta sfoglia che rimarrà a suggello di tradizioni e liete ricorrenze. In realtà la filologia insegna che presnitz ha una chiara origine slava nel termine presnec, diminutivo usato per i pani non lievitati. In effetti la pasta del Presnitz è tirata e non lievitata, il ché ci riporta ad una tradizione tipicamente ebraica. Favette o fave del morto. Secondo Plinio, le fave contenevano le anime dei defunti e venivano usate quindi nel culto dei morti come “incantesimi protettori”. Dagli archivi di una delle più antiche pasticcerie triestine, la Pasticceria Pirona fondata il 1 gennaio 1900, risulta che le fave entrarono a far parte delle golosità di Trieste all’epoca dell’inaugurazione del Castello di Miramare. Dolci, rotonde, a base di mandorle, dalla dimensione di una piccola ciliegia, del colore bianco naturale, rosa o marron, apparivano verso la metà di ottobre in tutte le vetrine di pasticceria. Anche oggi le fave sono il dolce tipico nella ricorrenza della festività dei morti, quando le vetrine delle pasticcerie si riempiono di sacchettini marrone, rosa o bianchi. Nelle ricette originarie, a cui i migliori pasticcerie si attengono ancora, le mandorle venivano macinate e lasciate asciugare per due giorni in un canto del focolare, per poi essere amalgamate a zucchero, uova e alcool. L’amalgama ottenuta veniva poi divisa in tre parti alle quali si aggiungevano cedro per le fave bianche, cacao per quelle marroni e olio di rose per quelle rosa, lasciandole infine tostare in forno appena tiepido.  
     
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