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Notiziario Marketpress di Venerdì 06 Maggio 2005
 
   
  Web moda & tendenze  
  MILANO DI MODA 2-3 MAGGIO 2005: INTERVENTO DI MARIUCCIA MANDELLI  
   
  Sono lieta e quasi incredula: dopo trent'anni che chiedevo un maggior interesse per il settore moda da parte delle Istituzioni, finalmente c'è un giovane Assessore come Giovanni Bozzetti che riconosce che la moda è "il principale motore" per Milano e che è grazie alla moda che la nostra città ha superato lo choc del tramonto della grande industria. E si promuove una "settimana di moda" per dare ascolto ai problemi del settore e possibilmente prospettare qualche soluzione, per individuare le condizioni necessarie perché Milano rimanga una capitale internazionale della moda. Bene, soprattutto se non ci si limiterà alle buone intenzioni. Una delle condizioni necessarie, forse la prima, è quella di evitare di favorire in tutti i modi la Francia e ora anche gli Stati Uniti nello stabilire il calendario e i programmi delle sfilate e delle manifestazioni milanesi, come si è fatto in questi ultimi anni, rendendo caotica la settimana della moda, con sfilate anche importanti che si sovrappongono, in giornate in cui siamo sempre più stretti. Altrimenti fra non molto, anche data la prepotenza tipica dei Francesi e degli Americani , ci ritroveremo tutti con un'unica capitale della moda, in Europa: Parigi e con una alternativa New York. In realtà se il Pap francese si è aggiornato, è diventato più razionale, più prodotto di "design", è stato solo a ruota della rivoluzione che in questo tipo di moda ha portato l'avvento del Pap italiano e in particolare quello specificatamente milanese. Siamo stati i primi a concepirlo, e i primi a organizzare una Fiera adeguata per un momento creativo ed espositivo così importante. Dobbiamo ritrovare lo spirito che animava quel primo periodo di entusiasmo creativo, ma anche di ordine, di razionalità, di iniziativa, di serenità di giudizio. Bisognerebbe però cercare di capire come è cominciata questa fase problematica: ci sono indubbi segnali di crisi; è tutto il sistema moda che andrebbe cambiato, rifondato. Non è soltanto una questione di mercati internazionali, di concorrenza dei paesi emergenti, c'è qualcosa di più generale, di più profondo: E' tutta una impostazione sbagliata, che non tiene conto della realtà terribile che ci circonda, soprattutto dalli 1 settembre in poi. Si è parlato sin troppo del mondo della moda, la gente è arrivata a un punto di saturazione. Anche perché lo vede come un mondo fatuo, gonfiato; una presunta realtà parallela che procede lungo binari lontanissimi dalla vita e dai suoi problemi, con cui le persone si scontrano quotidianamente. Un mondo in preda a isterie negative, create artificialmente da poche persone che approfittano del loro piccolo potere per dettar legge e condurre tutti lungo strade sbagliate. Ora lo si paga tutti insieme, sia quelli che hanno seguito tali indicazioni cervellotiche, sia gli altri. Non ultimo elemento di difficoltà, la posizione arroccata dei sindacati, che a volte non sembrano consapevoli dei rischi che corrono le aziende. Una relazione (Banca Intesa) che abbiamo ascoltato nella prima giornata raccomanda di delocalizzare la produzione per conservare a Milano solo i centri creativi e di comunicazione. E' qualcosa che per conto mio avevo già capito e deciso di fare da tempo, delocalizzando ma sempre in Italia. Vorrei che accettassero questo inevitabile e non procrastinabile punto di vista anche, appunto, i sindacati. E' giusto fare spazio ai giovani, ma creando strutture e tempi per loro. Si potrebbe organizzare qualcosa di simile a quanto si fa per il design d'arredamento con il Salone Satellite:uno spazio che accoglie solo le proposte dei giovani talenti, selezionati stagione per stagione da un'apposita giuria di giornalisti specializzati e di addetti ai lavori, una rosa di nomi che cambia ogni volta. Non so se si fa già così per il Nude. Per quanto riguarda l'animazione culturale volevo proporre di interpellare le maggiori gallerie d'arte per coordinare eventi espositivi interessanti da segnalare al pubblico della moda, (oltre che naturalmente organizzare eventi speciali negli spazi espositivi pubblici), ma ho sentito che l'Assessorato ha già spedito una lettera alle più importanti Gallerie proprio in questo senso. E fare più bella la città con illuminazioni d'artista come fa Torino e come in parte si è fatto nella recente settimana del design nel quartiere Brera-garibaldi. Anche i nostri teatri potrebbero contribuire, se sollecitati, se sostenuti, con spettacoli ed eventi musicali ad hoc, ma bisogna tenere presente che tutta la stampa già oppressa dal numero di sfilate cui deve assistere, la sera si ritira a scrivere e a riposare. Pr.es.; quanto successo ha avuto la visita, appositamente organizzata la scorsa stagione, alla Scala ristrutturata ? E' interessante saperlo. Forse i negozi e le boutiques monomarca potrebbero offrire al pubblico generico che si desidera coinvolgere una sorta di "assaggio" delle prossime novità nelle loro vetrine, per esempio con uno o due capi delle pre-collezioni. Ho sentito che si propone di fare più bella Milano curando di più gli spazi fioriti e sono d'accordo, ma chiederei prima di tutto di avere una città più pulita. Si può pensare di allungare il periodo delle sfilate per renderlo meno affollato;ma sarebbe inutile, se le presunte regine del giornalismo patinato (come Anna Wintour) dichiarano di venire a Milano solo per vedere 5 firme e di non avere altro tempo perché preferiscono presenziare alla Cerimonia degli Oscar. Quindi, si deve arrivare ad una selezione più severa, aggiudicando a chi ha pur diritto di farsi conoscere, altri modi, altri spazi, forse altri tempi. Va organizzata meglio e più seriamente una Università della moda che punti anche e soprattutto sulla ricerca nel settore creativo e dia maggior importanza alla preparazione dei managers e ad altre figure professionali di supporto, come l'uomo (o la donna) prodotto e gli addetti alla comunicazione e al marketing specifico. Sono d'accordo sulla richiesta di avere una Scuola dei Mestieri. Una ricerca della Confindustria ha denunciato proprio in questi giorni il fatto che in Europa noi Italiani siamo agli ultimi posti in fatto di preparazione, innovazione e ricerca. Che cosa stiamo aspettando?  
     
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