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Notiziario Marketpress di Sabato 20 Marzo 2004
 
   
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  TRENTINO / LA MONTAGNA COME NEMICO: UNA MOSTRA A ROVERETO FA RIVIVERE LO STRAORDINARIO E CRUDELE PERIODO DELLA GRANDE GUERRA ATTRAVERSO LETTERE E CIMELI DEI SOLDATI IMPEGNATI SULLE VETTE  
   
  La comprensione della montagna passa anche per la sua storia e nella sua storia c’è la Grande Guerra. Il conflitto sul fronte italo-austriaco nel ’15-’18 ha segnato il paesaggio, le coscienze, la memoria delle genti ed è quindi naturale che il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto proponga una mostra su questo tema, dal titolo “La Patria Estrema”, aperta fino al 16 gennaio dell’anno prossimo. Attraverso oggetti, lettere e diari dei combattenti della Grande Guerra, si scopre che la montagna può essere un nemico che miete più vittime dei colpi di artiglieria. Protagonisti di questa mostra sono dunque gli uomini e le montagne. Fotografie, cimeli, testi e documenti esposti illustrano diversi aspetti di quella vicenda: dai progetti di fortificazione del territorio, alla contesa culturale, ideologica e politica di cui la montagna negli anni pre-1914 fu la posta in gioco, all'esperienza annichilente dei soldati dei due eserciti, convocati da tanti luoghi lontani a combattere e morire in uno dei paesaggi più straordinari del continente europeo.Quanto sia stata straordinaria l’esperienza della “guerra bianca” lo si può capire pensando che fino al 1914 gli eserciti europei non avevano mai programmato operazioni militari di grande respiro in alta montagna. Durante la Prima Guerra Mondiale, invece, l’area di confine fra Italia e Austria si trasformò in un fronte ininterrotto che si inerpicò fin sulle cime più aspre; la loro occupazione divenne, sinonimo di difesa –o di conquista– del lembo estremo della Patria. I limiti che erano parsi insuperabili furono rapidamente forzati e la resistenza fisica e psichica dei soldati fu sottoposta a pressioni mai provate. L’esposizione al congelamento, l’isolamento nel “deserto bianco”, le insidie del terreno, la precarietà dei ricoveri, la falcidia delle valanghe, costituirono lo sfondo di una guerra fatta di lavoro prima che di combattimenti. Dopo la guerra, negli anni Venti e Trenta, la montagna divenne luogo dell'abnegazione, dell'allegoria della vittoria, simbolo di una stagione eroica. Divenne anche, lentamente, lo scenario in cui, dopo essersi combattuti all'ultimo sangue dentro uniformi nemiche, gli stessi uomini potevano scoprire di appartenere a uno stesso mondo. Infolink: www.museodellaguerra.it  
     
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