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Notiziario Marketpress di Martedì 14 Giugno 2005
 
   
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  MACEF 2006 - INTERVISTA A GIULIO CAPPELLINI, CONSULENTE E ART DIRECTOR DEI PADIGLIONI DETTAGLI  
   
  Milano, 14 giugno 2005 - La parola d'ordine è "novità": il nuovo Macef parla della Qualità al mondo della distribuzione Giulio Cappellini, architetto, designer e imprenditore oltre che critico del design e celebrato opinion leader internazionale, è il direttore artistico dei due padiglioni denominati Dettagli del nuovo Macef e eminente collaboratore di Fiera Milano International nel progetto di "rifondazione" del Salone internazionale della casa. In questo contesto la rottura dei cinque tradizionali "percorsi di visita" è un elemento forte del progetto. Il Macef smette di essere organizzato solo verticalmente per segmenti di mercato e per canali di distribuzione. Inevitabile, quindi, la prima domanda: avremo un Macef di "serie A" (bello, nuovo, importante...) e uno "di serie B"? Nemmeno per sogno. E per due motivi: perché i due padiglioni chiamati Dettagli ospitano le aziende che si pongono l'obiettivo di amalgamare le reti distributive; esse inoltre, proprio perché concentrate in uno spazio importante e visibile, dovranno fungere da traino per l'intera mostra. Quindi io ribalterei la premessa: con il progetto del nuovo Macef la mostra mantiene una propria unicità e diventa più attraente, con benefici in fatta di quantità e qualità dei contatti per tutti gli espositori. “Mantenere unicità vuoi dire ribadire i concetti forti dell'italianità e del made in Italy?” Detta così è vera solo in parte. Macef è l'espressione di un modo di produrre italiano che non è solo — anzi lo è sempre di meno — una denominazione di origine. Lo stesso concetto del made in Italy oggi è piuttosto traballante. A Milano, che resta la capitale mondiale del design, fanno riferimento aziende italiane che lavorano con designer di tutto il mondo e che non sempre o non del tutto producono in Italia. Su Milano convergono idee, progetti e prodotti di tutto il mondo. Preferisco quindi pensare a una italianità dell'imprenditoria, sinonimo di stile e di qualità, capace di far emergere, più che altro, l'innovazione. E' sulla originalità dell'imprenditorialità italiana che non tutto è stato ancora detto anche in termini di potenzialità nell'attuale scenario competitivo internazionale. “Novità, allora; d'accordo. Ma su quali basi il nuovo Macef chiama a raccolta il mondo della distribuzione e del progetto? Cosa ha da mostrare di innovativo che prima non c'era?” Il visitatore di Macef non deve venire a Milano per trovare stili di vita o "ambientazioni"; per questo ci sono già altre mostre. Né deve venire per trovare prodotti fine a se stessi, ben pensati e ben costruiti. Anche per questo ci sono delle mostre. Il visitatore di Macef è un distributore che cerca la qualità del prodotto, che cerca indicazioni concrete sulla distribuzione; che si chiede, per esempio, come il messaggio di questa qualità possa essere trasportato all'interno del proprio punto vendita e comunicato al consumatore. Sotto questo aspetto la tradizionale componente commerciale di Macef, che è sempre stato il suo vanto e la sua forza, ne esce molto accresciuta. “Una mostra anche contro la crisi, dunque. Ma i consumi non sono al lumicino, oggi?” La crisi economica c'è, è sotto gli occhi di tutti. Ma un complemento d'arredo per sua natura è meno impegnativo di una cucina o di un armadio. Cambiando alcuni oggetti/complementi all'interno di uno spazio abitato si riesce con poca spesa a seguire la propria vocazione in fatto di trend. E questa non è l'unica considerazione: io penso che sia possibile dare agli oggetti di arredo una grande dignità simbolica, non solo nei momenti "dedicati" come la cosiddetta "lista nozze". Alcuni stereotipi cambiano in fretta: la lista nozze nei negozi specializzati di oggettistica per la casa sopravvive bene al sud in Italia mentre al nord la troviamo sempre più spesso nelle agenzie di viaggi. Che cosa possiamo imparare da questa evoluzione del costume e delle tradizioni? Che è importante poter dare indicazioni ai negozi plurimarca, con prodotti di differente provenienza e ispirazione però armoniosi fra loro e tutti ugualmente accattivanti. Il vero problema del consumatore è il calo del desiderio ancor più che del potere di acquisto. “Queste considerazioni si riverberano sul linguaggio che Macef utilizzerà per parlare ai propri visitatori?” Sì. Un linguaggio che diventa sempre più comune e condiviso. Non dobbiamo più "stupire" ma affiancare e suggerire. C'è un preciso link anche fra le aziende espositrici e l'organizzazione, che fa leva sulla voglia del visitatore di rinnovare il negozio su parametri di qualità. Questo è il maggior respiro che tutti gli attori della filiera si attendono dal Macef. “Un maggior respiro anche in fatto di immagine...” Naturalmente. Se accanto al fine commerciale, che resta centrale, intendiamo dare al Macef un supplemento anche di quella che si chiama immagine, allora è necessario coinvolgere testimonial di prestigio, la cui presenza interessi e incuriosisca un pubblico vasto e qualificato. “Considera più positivo o più negativo l'effetto dei nuovi padiglioni di Fiera Milano sul progetto Macef?” Senz'altro positivo. Sia perché la nuova fiera è oggettivamente molto bella e funzionale sia perché —sul versante degli espositori come su quello dei visitatori — è lecito contare su un certo "effetto curiosità". Tuttavia l'occasione è delicata: l'innovazione promessa deve esserci realmente. Anche riguardo alla pura e semplice vivibilità del quartiere penso alla possibilità che la Fiera rimanga aperta fino a sera, che gli espositori possano cenare insieme con i loro clienti. Penso a un luogo dove la gente si fermi volentieri perché gradevolmente colpita dall'atmosfera. “Un Macef molto animato, dunque...” Animato, sì. Sto pensando a una grande piazza con la presenza di aziende di prestigio; al limite non importa neppure se siano produttori dell'oggettistica o del complemento o di lampade o di altro; è importante la capacità di questo spazio di aggregare in un clima disteso e piacevole, dove il confine fra la zona espositiva e quella conviviale non sia neppure così evidente; dove si possa trovare un grazioso e gradevole bar nell'intervallo fra due stand. Tutto deve essere pensato per essere disteso e accattivante, piccole sorprese qua e là per eliminare il rischio noia. L'obiettivo del nuovo layout è quello di fidelizzare il visitatore che accetti l'invito. Né si tratta di una sfida facile pure se il contesto è favorevole. Con le sue vaste dimensioni la nuova fiera non aiuta questo tipo di aggregazioni; e la novità della situazione (a Macef Gennaio nessuno dei presenti, neppure voi organizzatori, si muoverà su un terreno noto) espone a qualche insidia. La segnaletica dovrà essere particolarmente chiara, per dirne una, così come dovrà essere chiara e particolarmente attenta la campagna di comunicazione. “C'è anche un aspetto di marketing; il visitatore deve essere "presentato" a nuovi potenziali fornitori, così da massimizzare le possibilità d'incontro...” Questo è fondamentale, certo. Esiste una evidente tematica di comunicazione: prima, durante e dopo la mostra. Da una mostra da 160mila metri quadrati netti nessuno dovrebbe poter uscire dicendo "non ho trovato quello che cercavo". Se così fosse si creerebbe un problema anche in relazione alle attese dei visitatori. E quando dico comunicazione dico in senso lato; la comunicazione è un valore aggiunto del layout se fa in modo che il visitatore non vada a trovare solo le aziende che già conosce. Perché ciò accada l'operatore in visita deve chiedersi: che cosa c'è di nuovo? E deve essere stimolato a farlo in base a indicazioni concrete, evidenti, alle quali non possa sfuggire. Anche in questo caso, insomma, la parola l'ordine è novità.  
     
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