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Notiziario Marketpress di Giovedì 14 Luglio 2005
 
   
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  APPELLO DI ABRUZZO A CASINI: "BISOGNA IMPEDIRE LA CENTRALIZZAZIONE DELLE NOTIZIE GIUDIZIARIE. RISCHIAMO UN'INFORMAZIONE RETICENTE. CON IL TAGLIO DELLE FONTI, SARANNO LESI I DIRITTI DEI CITTADINI A CONOSCERE QUEL CHE ACCADE NEI PALAZZACCI"  
   
   Milano, 14 luglio 2005 - I giornalisti, come i magistrati, sono nella tempesta. Per quanto riguarda i giornalisti, la Camera, dopo il disco verde del Senato, è sul punto di approvare una "riforma", che mette a rischio il diritto dei cittadini all'informazione e il lavoro dei cronisti. Stiamo parlando della riforma della Giustizia, che il 18 approderà in aula a Montecitorio dopo aver incassato ieri il sì della Commissione Giustizia. La battaglia si svilupperà durissima in aula. Oggi i magistrati italiani incroceranno le braccia contro un provvedimento ritenuto incostituzionale in più punti. I giornalisti non possono rimanere indifferenti e non sono sufficienti le timide critiche della Fnsi. Sono in ballo, con questa "riforma", le loro libertà fondamentali di mediatori tra i fatti e la gente. Le fonti vengono ridotte drasticamente. La Corte costituzionale, con la sentenza 105/1972, ha scritto: "L'interesse generale alla informazione, anch'esso indirettamente protetto dall'articoo 21 della Costituzione, implica, in un regime di libera democrazia, pluralità di fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporali, alla circolazione delle notizie e delle idee". Questo principio viene tradito e vilipeso dalla "riforma". Suscita, infatti, pesanti perplessità anche di profilo costituzionale un passaggio del disegno di legge, che riguarda i rapporti Stampa-magistrati delle Procure della Repubblica. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi. Nell'attuazione della delega il Governo dovrà ".Prevedere che il procuratore della Repubblica tenga personalmente, o tramite magistrato appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione e che tutte le informazioni sulle attività dell'ufficio vengano attribuite impersonalmente allo stesso; (dovrà, ioltre,) prevedere che il procuratore della Repubblica segnali obbligatoriamente al consiglio giudiziario, ai fini di quanto previsto al comma 3, lettera r), numero 3), i comportamenti dei magistrati del proprio ufficio che siano in contrasto con la disposizione di cui sopra". Franco Abruzzo, presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia, ha rivolto un appello al presidente della Camera, Pierferdinando Casini, perché faccia sentire la sua voce autorevole: "Questa riforma della Giustizia, per quanto riguarda i giornalisti, è in netto e radicale contrasto con l'articolo 21 (Ii comma) della Costituzione. La Costituzione disegna una professione giornalistica libera, non soggetta ad autorizzazioni e censure. Il ruolo "monopolista" assegnato dalla nuova legge ai Procuratori della Repubblica contrasta con questi principi. La visione del legislatore è quella del generale Cadorna, quando l'Italia era impegnata nella prima mondiale: i giornali erano obbligati a pubblicare soltanto i bollettini del Comando supremo; potevano, però, scrivere articoli di colore sulla guerra. I giornali saranno costretti a pubblicare soltanto quel che dice il Procuratore capo della Repubblica novello Cadorna? Che accadrà se i giornali pubblicheranno notizie giudiziarie fuori dal canale ufficiale? Si apriranno inchieste a caccia del magistrato troppo loquace? Bisogna impedire la centralizzazione delle notizie giudiziarie. Rischiamo un'informazione reticente. Saranno lesi i diritti dei cittadini a conoscere quel che accade nei Palazzacci. Tutte le informazioni sulle attività dell'ufficio del Pm - continua Abruzzo - dovranno essere attribuite impersonalmente allo stesso Ufficio. Che significa? I giornali dovranno censurare i nomi dei magistrati, che si occupano delle singole inchieste? E se ciò non dovesse accadere?". I magistrati verranno messi sotto tutela e imbavagliati. In particolare, come ha scritto Pierluigi Franz, saranno vietati: 1) "i comportamenti che determinano la divulgazione di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione"; 2) "la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione o sugli affari definiti quando è idonea a ledere diritti altrui"; 3) "pubbliche dichiarazioni o interviste che sotto qualsiasi profilo riguardino i soggetti a qualsivoglia titolo coinvolti negli affari in corso di trattazione e che non siano stati definiti con sentenza passata in giudicato"; 4) "il tenere rapporti in relazione all'attività del proprio ufficio con gli organi di informazione"; 5) "il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio"; 6) "il costituire e l'utilizzare canali informativi riservati o privilegiati"; 7) "il rilasciare dichiarazioni e interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura". Abruzzo conclude così: "I giornalisti hanno il dovere di non lasciare isolati i magistrati. La battaglia è comune. L'indipendenza dei giudici cammina di pari passo con la libertà dei giornalisti. Nel 1923/24, Mussolini, con un regio decreto, trasferì ai prefetti un potere (amministrativo) immenso, quello di controllare la stampa e in particolare i direttori (alla seconda condanna potevano essere sollevati dall'incarico). La storia si ripete. In Senato è fermo (per quanto tempo ancora?) un disegno di legge in base al quale il giornalista recidivo verrà automaticamente sospeso dalla professione da uno a sei mesi (dal tribunale a composizione monocratica o dal giudice di pace?). Il giornalista così rischierà anche il posto di lavoro. Confido nell'azione di Casini e spero che, a legge approvata, il presidente Ciampi usi di nuovo il suo potere di rinvio. L'ultima speranza è, comunque, la Corte costituzionale. Daremo battaglia fino in fondo. Non ci arrenderemo  
     
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