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Notiziario Marketpress di Giovedì 15 Aprile 2004
 
   
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  RELAZIONE SUI RISCHI DI VIOLAZIONE, NELL'UE E PARTICOLARMENTE IN ITALIA, DELLA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE E DI INFORMAZIONE (ARTICOLO 11, PARAGRAFO 2 DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI): LA LIBERTÀ D'INFORMAZIONE IN ITALIA È A RISCHIO  
   
  Strasburgo, 15 aprile 2004 - «Sulla base di inchieste approfondite già effettuate da agenzie indipendenti, anche in seno all'Unione europea, da cui sono derivate numerose pronunce di organizzazioni internazionali, autorità nazionali e del Parlamento europeo stesso ignorate dal governo italiano», «potrebbero sussistere rischi di violazione grave e persistente del diritto alla libertà di espressione e di informazione in Italia». La commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni si è espressa in questo modo in un rapporto sui rischi di violazione della libertà di espressione e di informazione, che affronta in particolare il caso italiano. La relazione di Johanna L.a. Boogerd-quaak (Eldr, Nl), approvata con 28 voti favorevoli e 19 contrari, si basa in particolare su di una «perizia preliminare» effettuata dall'Istituto europeo per i mezzi di comunicazione, nel contesto di un più ampio studio sull'informazione ai cittadini nell'Unione europea, la quale prende in esame un gruppo di otto Paesi e anticipa la presentazione dello studio finale, prevista per giugno, in cui figureranno le conclusioni basate sulla situazione nei 25 Stati membri, assortite da raccomandazioni complete. Il tasso di concentrazione del mercato audiovisivo italiano è il più elevato in Europa ed è caratterizzato dal duopolio tra Rai e Mediaset, che raccolgono il 96,8% delle risorse pubblicitarie. L'organo parlamentare «prende atto del fatto che in Italia da decenni il sistema radiotelevisivo opera in una situazione di assenza di legalit໫di fronte alla quale il concorso del legislatore ordinario e delle istituzioni preposte è risultato incapace del ritorno ad un regime legale». Rai e Mediaset continuano a controllare ciascuna tre emittenti televisive analogiche terrestri, nonostante la sentenza della Corte costituzionale del 1994. I deputati rilevano che «il sistema italiano presenta un'anomalia dovuta a una combinazione unica di poteri economico, politico e mediatico nelle mani di un solo uomo, l'attuale Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Silvio Berlusconi, e al fatto che il governo italiano è, direttamente o indirettamente, in controllo di tutti i canali televisivi nazionali». Essi osservano che «Silvio Berlusconi, dalla sua nomina alla carica di Presidente del Consiglio nel 2001, non ha risolto il suo conflitto di interessi, come si era esplicitamente impegnato, bensì ha incrementato la sua quota di controllo societario della società Mediaset». Quest'ultima aveva ottenuto nel 2001 i 2/3 delle risorse pubblicitarie televisive, pari a un ammontare di 2 miliardi e mezzo di euro. I parlamentari denunciano «le ripetute e documentate ingerenze, pressioni e censure governative nell'organigramma e nella programmazione del servizio televisivo pubblico Rai», facendo esplicito riferimento all'allontanamento di Biagi, Santoro e Luttazzi, a seguito di una richiesta del Presidente del Consiglio nell'aprile 2002. Essi segnalano ulteriori pressioni su altri media non di sua proprietà, come quelle che hanno condotto alle dimissioni del direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli. L'organo parlamentare «si rammarica che il Parlamento italiano non abbia ancora approvato una normativa per risolvere il conflitto di interessi del Presidente del Consiglio, così come Silvio Berlusconi aveva promesso di fare entro i primi cento giorni del suo governo» ed «esprime preoccupazione per il fatto che la situazione vigente in Italia possa insorgere in altri Stati membri e nei paesi in via di adesione qualora un magnate dei media, come Rupert Murdoch, decidesse di entrare in politica». Ma lo stato della libertà di stampa desta preoccupazione anche negli altri Paesi oggetto dello studio preliminare, se è vero che la relazione rileva che in ognuno degli otto esaminati (Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Svezia e Regno Unito) «sussistono elementi che richiedono ulteriori studi». Ad esempio, i parlamentari segnalano che in Francia, nel corso del 2002, vi sono state numerose violazioni della libertà di stampa, inoltre i tribunali francesi si pronunciano sovente a sfavore dei giornalisti in casi di diffamazione. Per quanto concerne la Spagna, i dipendenti del canale televisivo pubblico Tve hanno pubblicato una relazione in cui denunciano «le cattive pratiche professionali» cui è stato fatto ricorso per provocare «un'informazione non equilibrata, distorta o manipolata sull'intervento militare in Iraq», ritenendo che Tve si concentri sulle posizioni di coloro che caldeggiano l'intervento militare e trascuri quelle di chi difende la continuazione delle ispezioni ed è contrario all'utilizzazione dell'esercito. Più in generale, il pagamento del canone al servizio pubblico è anch'esso oggetto di critiche, in quanto rischierebbe di trasformarsi in una mera distorsione del mercato «a causa del vantaggio competitivo acquisito dal servizio radiotelevisivo pubblico rispetto ai mezzi di comunicazione commerciali, a sostanziale somiglianza di contenuti e qualità dell'informazione». I deputati ritengono che «laddove gli Stati membri, per impossibilità o mancanza di volontà, non adottino misure adeguate, l'Ue ha l'obbligo politico, morale e giuridico di garantire, negli ambiti di sua competenza, il rispetto dei diritti dei suoi cittadini a mezzi di informazione liberi e pluralistici». Essi rivolgono una serie di raccomandazioni alla Commissione, invitandola a presentare una proposta di direttiva per la salvaguardia del pluralismo dei media in Europa, nonché una comunicazione sullo stato del pluralismo dei media nell'Ue. Essi ritengono inoltre che «la salvaguardia della diversità dei media debba diventare la priorità della legislazione dell'Unione in materia di concorrenza e che la posizione dominante di una società del settore dei media sul mercato di uno Stato membro debba essere considerata un ostacolo al pluralismo dei mezzi di comunicazione nell'Unione». I parlamentari affermano che, a livello europeo, sarebbe opportuno adottare una legislazione intesa a vietare a personalità politiche o candidati di detenere interessi economici di rilievo nel settore dei mezzi di comunicazione. Essi invitano la Commissione a presentare proposte volte ad assicurare che i membri del Governo non siano in grado di utilizzare la partecipazione che detengono nei media per fini politici. Infine, il Parlamento italiano è invitato ad accelerare i suoi lavori in materia di riforma del settore audiovisivo, a «trovare una soluzione reale e appropriata al problema del conflitto di interessi del Presidente del Consiglio dei Ministri italiano» e a adottare misure atte ad assicurare l'indipendenza del servizio radiotelevisivo pubblico.  
     
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