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Notiziario Marketpress di Mercoledì 21 Aprile 2004
 
   
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  SHAKESPEARE E L’OPERA POETICA A CURA DI RICCARDO MAGHERINI MUSICHE DAL VIVO DI NICOLA LANNI E SAMUEL CEREGHINI  
   
  Milano, 21 aprile 2004 - Tra l’agosto del 1592 e il marzo del 1594 a Londra impera la peste. Si decide di tenere chiusi i teatri. Non c’è scampo, Shakespeare è destinato a rimanere disoccupato e con lui la maggior parte degli attori,drammaturghi ed impresari. Poco male. Potrebbe sopravvivere, senza troppi crucci, all’avversa fortuna…Ma qualcosa di più sottile ed impalpabile lo tormenta.. Non rimarrà inattivo. In questo concentrato e relativamente breve lasso di tempo produrrà la gran parte di quella che noi conosciamo come la sua opera poetica: due poemetti (“Venus and Adonis” e “The rape of Lucrece”), una buona parte dei sonetti ( prevalentemente quelli così detti “matrimoniali”) ed il breve poemetto sentimentale “The lover’s complaint”. Improvviso furore poetico?un forte bisogno di esprimere un Io nascosto? Si è innamorato? No, niente di tutto ciò. Affari. A Shakespeare occorre, necessariamente, una patente di Poeta,occorre dar mostra di talento, rispondere ai vari Ben Jonson…non basta essere ricchi, scrivere drammi di successo, per sentirsi al sicuro in una società dagli umori così mutevoli. E dunque? Ecco nascere “Venus and Adonis” e “Lucrece”: due poemetti di stile “alto”, scritti “alla moda dei tempi” , il cui soggetto è la natura del desiderio sessuale, raccolti in un bel “vestito” per arrivare negli ambienti giusti e dare soddisfazione a quelle angosciose aspirazioni “colte”. Tutto questo è sufficiente a rendere i sopraccitati poemetti così avvincenti da volerli, forzatamente, portare là dove il Bardo non intendeva proprio che finissero, sul palcoscenico? Si, se teniamo conto che una tale mostra di virtuosismo porta con sé tutta la potenza evocativa, la maturità, la capacità dialettica e ( William non me ne voglia) tutta la teatralità del grande drammaturgo. Perciò, in seno alla più nobile tradizione dei cantastorie di questa nostra terra, usando solo noi stessi, la nostra voce, la nostra musica, ci accingiamo a ricalcare un sentiero da Shakespeare precedentemente tracciato, come , del resto, egli già fece a sua volta, appropriandosi di ciò che Publio Ovidio Nasone ebbe, illo tempore, a narrare. Mercoledì 28 aprile 2004 - ore 14,00 “Teatro di Giorno” - Arsenale ore 14. “Teatro In Matematica” a cura di Maria Eugenia D’aquino, Parallelismi: geometrie euclidee e non, testi di Riccardo Mini, con Maria Eugenia D’aquino, Annig Raimondi e il Prof. Renato Betti, consulenza matematica del Prof. Renato Betti, docente di Geometria al Politecnico di Milano, regia di Valentina Colorni. Proseguono con successo gli appuntamenti del ‘Teatro in Matematica’, E’ ora la volta di un nuovo ciclo di appuntamenti tra marzo e aprile dedicati ad un nuovo argomento: le geometrie. In scena, accanto alla curatrice Maria Eugenia D’aquino, anche Annig Raimondi e il Prof. Renato Betti, diretti dalla giovane regista Valentina Colorni. Il drammaturgo Riccardo Mini, questa volta affiancato all’esperto Prof. Renato Betti, che ha partecipato attivamente alla stesura drammaturgica dell’incontro, ha creato una struttura scenica divisa in tre momenti teatrali che seguono il filo dei parallelismi. Alla base c’è l’idea di indagare in varie forme le analogie, tra il concetto di geometria non euclidea (= partire da una serie di postulati o regole per costruire un modello che le soddisfi) e il teatro come spazio vuoto che assume forme diverse a seconda delle regole che di volta in volta gli attori stabiliscono. La geometria non euclidea nasce dalla scoperta della non universalità del postulato sulle parallele, quindi può essere interessante proporre una serie di parallelismi tra i due linguaggi. L’incontro prevede tre momenti propriamente “drammatici”, come tre microatti unici, alternati a due momenti più esplicativi affidati al Prof. Betti, in cui vengono forniti i concetti geometrici fondamentali . I tre momenti drammatici La prima scena introduce in modo leggero alcuni elementi base di geometria euclidea, con l’intenzione di catturare il pubblico su qualcosa di concreto e fisicamente evidente, come il discorso sulle geodetiche. Qual’ è la strada più breve per volare da Los Angeles a Francoforte? E’ questa la domanda che si pongono due curiosi personaggi che devono compiere una missione speciale. La seconda scena ci trasporta indietro nel tempo. E’ molto bella la storia del quinto postulato. La storia di quell’ unico neo in un modello perfetto che sembrava universale, e da cui si è usciti cambiando modo di pensare: non esiste un modello universale, ma tanti modelli che possono essere perfetti se soddisfano date condizioni. Ma è anche una storia drammatica, costellata di sconfitte e amarezze durata parecchi secoli. La scena dunque si svolge diversi secoli fa: un giovane matematico chiede udienza ad un vecchio matematico consacrato e celeberrimo (l’ombra di Gauss), per dirgli che ha fatto una scoperta sensazionale: dopo molti studi, ha potuto dimostrare che il quinto postulato di Euclide non è valido sempre, ma in determinati modelli può anche non esserlo (l’ombra di Lobacevskij e Boylian) . Alla fine della dimostrazione il vecchio matematico gli dice che anche lui molti anni prima è giunto alle stesse conclusioni, ma non ne ha parlato con nessuno, perché le conseguenze di una tale scoperta sarebbero disastrose per il mondo, lui stesso non ha voluto credere fino in fondo che fossero vere. Mentre ha luogo questo dialogo tra i due matematici, la città è attraversata da una rivolta popolare contro il sovrano, accusato di affamare il popolo e perseguitarlo con leggi ingiuste. I rivoltosi sono riusciti a catturare prigioniero il re, che in questo momento sta subendo un processo. Quindi il dialogo matematico è turbato da questo sottotesto, che lo interrompe continuamente con notizie sull’esito del processo e alla fine…..Chi l’avrà vinta il giovane o il vecchio, il popolo e o il re? Questa è una scena tradizionale, rispetto all’altra, con un impianto narrativo forte. Non viene messo in scena un concetto strettamente geometrico, ma un po’ di storia delle geometrie non euclidee. Anche qui emergono diversi parallelismi che mescolano elementi matematici con riflessioni sul potere e con elementi storico-sociali. La terza scena esplora un ulteriore parallelismo: prendiamo un classico del teatro, e lo “trasliamo” in uno spazio non euclideo. Inseriamoci ad esempio la quarta dimensione, e vediamo cosa succede. L’incursione della quarta dimensione nel mondo di Amleto potrebbe essere il fantasma del padre. Forse il padre vuole solo dire ad Amleto di placarsi l’animo per la sua perdita, perché adesso che è morto, ha capito che il prima e il dopo non esistono, vita e morte sono la stessa cosa, dal momento che morire non è altro che “passare” in una dimensione dove lo scorrere del tempo è percepito come unità . Giovedì 29 aprile 2004 - ore 14,00 Infolink: www.Teatroarsenale.org  
     
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