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Notiziario Marketpress di Lunedì 10 Gennaio 2005
 
   
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  CARA PROFESSORESSA DI LJUDMILA RAZUMOVSKAJA IN SCENA AL TEATRO LEONARDO  
   
  Milano, 10 gennaio 2005 - Uno spettacolo dichiaratamente realistico, costruito dal regista come fosse un lungo piano sequenza, un flusso narrativo ininterrotto, intenso e semplice, che ha convinto e coinvolto pubblico e critica al suo debutto al Festival di Parma 2003 e nelle repliche seguenti. "La trama è importante, anzi "portante" come nei drammi borghesi del secolo scorso." - spiega Valerio Binasco - "Questa commedia è una cara, vecchia, bella storia drammatica che si svolge in un paese senza nome della Russia di ieri, cioè quella comunista, una sera fredda e triste di primavera, quando quattro ragazzi sui vent'anni (gentili e demodè come i ragazzi italiani degli anni cinquanta) vanno in visita alla loro Cara Professoressa d'università . Hanno saputo che è il suo compleanno, che è disperatamente sola, che la sua mamma è all'ospedale. E hanno anche saputo un'altra cosa, che è meglio non rivelare. La più  è ambientata negli ultimi anni dell'impero sovietico, quando, nel disastro generale, soffiavano nel vento gli echi dei "tempi nuovi", in onore dei quali i ragazzi speravano di vedere realizzati i loro sogni: i maschi volevano diventare gangsters, le femmine puttane d'alto bordo. Grazie alle televisioni euroamericane che finalmente arrivavano, questi erano i loro "sogni d'occidente". "Il testo di Cara Professoressa, che ha vinto il premio Ubu 2003 come novità straniera, è opera di Ljudmila Razumovskaja una delle più interessanti scrittrici della perestrojka gorbaciovana. Un testo russo molto chiaccherato nel periodo della perestrojka consente oggi di mettere a confronto due generazioni in due diversi momenti storici, grazie a un'intelligente lettura in prospettiva di Valerio Binasco, che distende oltre al contesto certi risvolti locali e temporali della più. (è ) L'importanza dello spettacolo, che schiera davanti alla straordinaria protagonista un quartetto giovane di prim'ordine, sta nella capacità di approfondire ogni parola, superando una situazione storica che diventa emblematica della nostra stessa attualità . Anche nei loquacissimi silenzi si parla sempre e profondamente di noi, dei nostri problemi e delle nostre doppiezze di fronte alle scelte della realtà , con forte partecipazione ma senza preconcetti, distribuendo emozioni. Franco Quadri, la Repubblica, Nella più impaginata dall'efficace regia di Valerio Binasco in un interno di accurato naturalismo che affianca i due ambienti della casa con cucina economica e i mobili dozzinai di un'esistenza senza pretese, c'è inscenato lo scontro fra due mondi, fra una generazione rimasta fedele ai valori ricevuti (noi eravamo diversi, dice) e una nuova e sbandata che valori sembra non averne, ed è però lucida su quel che sta succedendo, a cominciare dalla volontà di non andare a morire in Cecenia. E c'è lo sviluppo di un campione di caratteri: il ragazzone succubo di del più fote e quello tonto già assuefatto alla vodka che neppure gli piace e la ragazzina in minigonna meno cinica di quel che vorrebbe sembrare e il capetto violento per noia e ricchezza. La realtà è molto ambigua, sembrano dirci. Cè anche una banalità del bene, non meno pericolosa. Il quadro è mutato e non basta cambiargli il titolo. Gianni Manzella, Il Manifesto. Informazioni tel. 02.26681166 o 02.716791  
     
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