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Notiziario Marketpress di Lunedì 24 Gennaio 2005
 
   
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  MADRE E ASSASSINA, UNA FORTE PIÈCE AL TEATRO LEONARDO  
   
   Milano, 24 gennaio 2005 - In Madre e Assassina si racconta di una donna più che normale, Maddalena Sacer, che un mattino uccide i suoi due bambini. Perché li uccide, cosa scatena in lei questo gesto estremo? Nello spettacolo questa spiegazione non viene data, non si assiste ad una ricostruzione logica dei fatti per giustificare tale gesto. Piuttosto viene posto l'accento sulla rottura che sta tra la normalità del prima e l'estremismo del dopo: è da quel passaggio oscuro che esce la forza del tragico. Madre e Assassina ci racconta di un dramma che si annida in mezzo a noi, che quando esplode ci ricorda, con impietoso realismo, di come il nostro potere sulla vita sia vano. E ci racconta anche di una ricerca più che formale di artisti, Il Teatrino Clandestino, che una sera uccidono gli attori e li sostituiscono in scena con i loro fantasmi. In questo lavoro il gruppo mette a punto il dispositivo scenico sperimentato nel corso delle varie tappe che hanno costituito il progetto Madri Assassine, un percorso partito dal mito di Medea per approdare alla cronaca contemporanea. Si tratta, in sostanza, di una sperimentazione ardita e raffinata sull'uso dell'immagine elettronica e delle proiezioni video, che ha condotto ad una messa in scena in forma di fantasmagoria, dove è centrale l'illusione prodotta attraverso l'uso di immagini proiettate. La compagnia riterrebbe opportuno vietare la visione dello spettacolo ai minori di 16 anni. Uno schermo lungo e sottile, orizzontale. Im-magini che scorrono in bianco e nero. Voglia di cinema in tea-tro. Nuove apparizioni dietro le prime immagini, altre immagini di cartone dentro: case, alberi, scuola, municipio. E poi i perso-naggi. Ecco, i personaggi sono attori in carne e ossa o sono fan-tasmi? Sono proiezioni di sé, di te, oppure sono piantati nella storia come interrogativi in cerca di risposta? Tocca a voi, che siete in sala davanti a Madre e assassina infilarvi in ciò che vedete, lasciarvi andare a ciò che sentite e, alla fine, rivolgere la domanda a voi stessi. (Š) Stupefacente spettacolo che guarisce da molto mediocre teatro. Gianluca Favetto, Diario. L'ultima parte dello spettacolo fa svaporare definitivamente ogni illusione realistica, accentuata, nella prima parte, da una drammaturgia ingannatrice, che voleva farci credere di trovarci davanti a una tranche de vie raccontata in parte con mezzi cinematografici. Siamo invece a teatro, in un teatro simile a quello barocco, dove bisogna diffidare di ogni immagine come illusoria... Qui i paesaggi, ma anche gli attori si rivelano proiezioni di immagini elettroniche che ci trascinano in un altro abisso, simile a quello della realtà interiore di anime dubbiose, smarrite, invase da apparenti certezze, da rassicurazioni a poco prezzo pronte a frantumarsi. Massimo Marino, tuttoteatro.Com. Proprio su questo clima sospeso tra l'orrore della cronaca nera e una quotidianità iper-realista Babina costruisce lo spettacolo del Teatrino Clandestino: con una nitidezza quasi fotografica ci mostra Maddalena affaccendata al tavolo da pranzo, intenta a innaffiare le piante, in auto con l'amica. Tutto troppo preciso, troppo fedele per essere vero. E infatti non è vero: Maddalena, il tavolo, i bambini non sono che fantasmi elettronici proiettati su schermi trasparenti per dar loro un risalto tridimensionale. Solo la petulante giornalista che l'intervista è reale. E sono reali le voci, i rumori evocati "in diretta" sulla scena vuota. Con folgorante invenzione, il giovane gruppo romagnolo traduce l'abisso di una personalità debole, vacua - o l'inconsistenza di un'esistenza schiacciata dalla necessità di aderire ad astratti cliché comportamentali - in un impressionante teatrino di marionette digitali che semina dubbi sulle ambigue parvenze del vero. La scelta è drammaturgicamente impeccabile, e produce un effetto mozzafiato: servirebbe solo qualche correttivo, qualche ulteriore interazione tra attori in carne e ossa e figure registrate per evitare il rischio che la suggestione tecnologica prevalga sull'immediatezza del segno teatrale. Renato Palazzi, delteatro.It. Ma al regista-autore Pietro Babina non interessa l'analisi del fatto in sé, quanto sottolineare il carattere di pura immagine fantasmatica e non creativa che il teatro riuscirebbe oggi a trasmetterci della realtà. E ce lo dimostra l'alta qualità visiva che la superba Fiorenza Menni conferisce alla madre assassina, confrontata con la falsità un po' meccanica del suo esprimersi vocale nei colloqui coi familiari. Poi l'esplodere della violenza è un grosso effetto misterico, spezzato in un seguito di momenti, supplito al suo verificarsi da simboliche proiezioni con un surround che si fa agghiacciante somma di urla e colpi nella registrazione postuma: l'avvenimento rimane giustamente inesplicabile e tutt'al più materiale per l'intervista tv di una presentatrice luccicante di strass alla madre col grembiule insanguinato, uscita dalla sua vita senza sapere come rientrarvi, che chiede solo di non fare poesia del suo atto. Un impeccabile suggello a una straordinaria serata di atroci miraggi. Franco Quadri, la Repubblica. Da martedì 25 gennaio a domenica 6 febbraio al Teatro Leonardo tel. 02.26681166  
     
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